Le indagini potrebbero chiudersi entro l’anniversario del naufragio. Nuove testimonianze stanno fornendo agli inquirenti importanti elementi per comprendere come mai non sia stata lanciata immediatamente un’operazione di soccorso. Intanto un documento smentisce la tesi che sia tutta responsabilità di Frontex
«Da quando avevo preso servizio, da mezzanotte, nessuno ci aveva avvertito che stava per arrivare una barca di migranti. Appena arrivati sulla spiaggia ci siamo resi conto della gravità della situazione ed abbiamo chiesto rinforzi». La testimonianza del vicebrigadiere dei carabinieri Gianrocco Chievoli, pronunciata nell’ultima udienza del procedimento contro i presunti scafisti del naufragio di Cutro, chiama direttamente in causa le autorità italiane accusate del ritardo nei soccorsi la notte del 26 febbraio del 2023, in cui morirono almeno 94 persone.
Accuse contenute anche in un rapporto redatto dall’ufficio dei diritti fondamentali (Fro), che monitora le attività dell’Agenzia europea delle frontiere, pubblicato dal sito di informazione Euractiv. Secondo il documento, le autorità italiane presenti nella sala di monitoraggio di Frontex a Varsavia (un funzionario della guardia costiera e uno della guardia di finanza) hanno considerato come «non di particolare interesse» la segnalazione in cui è stata avvistata (ore prima del naufragio) l’imbarcazione su cui viaggiavano i migranti. Nessuno di loro due «ha comunicato al Team Leader della European Monitoring Room che il caso fosse di particolare interesse».
L’ufficio di Frontex afferma anche che situazioni di quel tipo «possono degenerare rapidamente in emergenza» e quindi ci sarebbe dovuto essere «un attento monitoraggio» dell’imbarcazione. Ma il pericolo sarebbe stato sottovalutato. Il che smentirebbe la versione fornita dalla presidente del consiglio, Giorgia Meloni. «Nessuna comunicazione di emergenza da Frontex è arrivata alle nostre autorità. Non eravamo stati avvisati che questa barca rischiava di affondare». Ora questo nuovo documento spiega che in realtà Frontex ha ricevuto un’informazione parziale dalle autorità italiane presenti all’interno dell’ufficio di Varsavia dell’Agenzia europea. Infatti i due ufficiali italiani hanno segnalato l’imbarcazione come «non di particolare interesse», appunto.
Tra un mese ricorrerà l’anniversario di quel naufragio avvenuto alle 4 del mattino, quando l’imbarcazione Summer Love, partita dalla Turchia, si è schiantata a 40 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. Nei giorni seguenti, mentre le bare dei corpi recuperati in mare venivano portate nel Palamilone di Crotone per l’ultimo saluto, le autorità italiane (guardia costiera e guardia di finanza) e Frontex, si rimpallavano accuse e responsabilità. Il governo annunciava lotta agli scafisti e difendeva l’operato dei corpi dello stato. La magistratura, invece, ha iniziato le sue indagini.
Lo stato delle indagini
«Politicamente parlando Cutro è stato il momento più difficile: 94 persone che muoiono e l’accusa che è colpa tua sono una cosa che pesa, anche se non ritengo che sia colpa mia». Così rispondeva la premier Giorgia Meloni alla domanda di un giornalista durante la conferenza stampa di inizio anno che le chiedeva quale fosse stato il momento più difficile del 2023 per il governo.
Per capire cosa sia accaduto quella sera, sono in corso due indagini condotte dalla procura di Crotone. La prima è quella che riguarda i presunti scafisti che avrebbero guidato l’imbarcazione. La seconda, invece, tenta di far luce sulle falle nella catena di comando che hanno portato a un ritardo nei soccorsi.
L’imbarcazione, infatti, era stata avvistata per la prima volta alle 22.26 del 25 febbraio dall’aereo Eagle One di Frontex, che ha trasmesso la sua segnalazione alle autorità italiane. Cosa è accaduto da quel momento fino al naufragio? Perché non è stata lanciata immediatamente un’operazione di soccorso in mare da parte della autorità italiane, viste anche le condizioni meteo avverse di quella sera? E ancora, come mai i soccorsi sono giusti con almeno quaranta minuti di ritardo sul posto?
Sono queste le domande a cui stanno cercando di rispondere gli inquirenti. Nel giugno del 2023 tre alti funzionari della guardia di finanza sono stati iscritti nel registro degli indagati accusati di naufragio colposo, rifiuto e omissione di atti d’ufficio e omicidio colposo.
A un anno di distanza dal naufragio, a quanto risulta a Domani, le indagini sono vicine alla chiusura. Il procuratore capo di Crotone, Giuseppe Capoccia, punta a dare nuove comunicazioni entro il 26 febbraio, il giorno dell’anniversario.
Per il momento gli inquirenti sono concentrati, da quanto risulta a Domani, sulla relazione tecnica dell’ammiraglio Salvatore Carannante, a cui il 17 marzo del 2023 è stato affidato affidato l’incarico di verificare i dati trasmessi dall’Eagle one (il velivolo di Frontex) alle autorità italiane.
Nella sua relazione, l’ammiraglio Carannante sostiene «che le informazioni fornite da Frontex in merito a rotta e velocità (296° e 6 nodi)» dell’imbarcazione affondata «erano molto approssimative se non fuorvianti». La Summer Love, quindi, viaggiava a una velocità maggiore rispetto a quella segnalata, proprio per questo è arrivata sulle coste italiane prima dell’orario stimato dalle autorità. Secondo Francesco Verri, difensore di alcuni dei parenti delle vittime del naufragio, la relazione non scagiona le autorità italiane dalle loro responsabilità.
«La relazione dell’ammiraglio Carannante sull’errore di Frontex a proposito delle coordinate della Summer Love è ininfluente rispetto al giudizio sulla condotta delle autorità italiane. Guardia costiera e guardia di finanza non sono andati incontro all’imbarcazione. Se fossero uscite in mare e, per colpa di Frontex, non avessero trovato la barca, l’eventuale errore di Frontex sarebbe rilevante. Ma le autorità non hanno mosso un dito. Inoltre, la guardia di finanza ha “visto” lo scafo con il radar. Questo taglia la testa al toro», dice Verri a Domani.
Le testimonianze
A fare chiarezza sull’accaduto ci penserà anche il processo in corso nei confronti dei presunti scafisti. Il procedimento è entrato nel vivo e nell’ultima settimana è stata ascoltata la testimonianza del vicebrigadiere dei Carabinieri Gianrocco Chievoli. È stato tra i primi ad arrivare sul luogo del naufragio: «Era completamente buio ed abbiamo visto subito un corpo senza vita e poi, continuando a camminare sulla spiaggia, ne abbiamo tirati fuori dall’acqua decine». In aula ha affermato che lui e i suoi uomini non erano stati preallertati dell’arrivo della Summer Love e che al momento dello schianto si trovava a rispondere ad un’altra chiamata di emergenza.
«Eravamo impegnati a Rocca di Neto quando siamo stati avvisati dello sbarco. Erano le 4,15 e siamo arrivati alle 5. Da quando avevo preso servizio, da mezzanotte, nessuno ci aveva avvertito che stava per arrivare una barca di migranti. Appena arrivati sulla spiaggia ci siamo resi conto della gravità della situazione ed abbiamo chiesto rinforzi. La prima pattuglia di colleghi di Botricello l’ho vista circa 40 minuti dopo». Secondo l’avvocato Verri, la testimonianza di Chievoli dimostra l’inazione dei corpi dello stato: «Nonostante la comunicazione di Frontex, decodificata correttamente dalla guardia di finanza che ha registrato l’avvistamento di una “barca con migranti”, le autorità sono rimaste inerti. Non solo non è iniziata una missione di soccorso ma neppure un’operazione di polizia», dice Verri.
Per i legali delle vittime, il ritardo nei soccorsi ha contribuito ad aumentare il numero dei decessi. Secondo quanto riferito in aula dal medico legale Massimo Rizzo «gran parte dei migranti morti nel naufragio di Cutro sono deceduti per asfissia da annegamento». Tuttavia, per Rizzo, «l’ipotermia può avere provocato attacchi di panico che a loro volta possono aver determinato l’annegamento di alcuni migranti». È su questa testimonianza che stanno puntando gli avvocati.
In attesa dell’esito delle indagini, la Rete 26 febbraio ha organizzato una grande mobilitazione a Crotone per l’anniversario del naufragio. «Non sarà una commemorazione simbolica o di facciata», dicono gli organizzatori, che ora attendono giustizia.
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