Due curve teoricamente avversarie i cui gruppi dominanti scelgono la pacifica coesistenza in nome degli interessi criminali. E due società che avrebbero dovuto denunciare prontamente anziché stare a subire. Ma è difficile che, sul piano sportivo, si vada oltre le sanzioni pecuniarie
Il derby è altrove. Perché, se si guarda al profilo criminale e alla dimensione affaristica di chi comanda nelle curve di Inter e Milan, si scopre che i gruppi che dovrebbero essere rivali per fede calcistica stipulano patti di non aggressione. Ma in tutto ciò, qual è stato il ruolo delle due società? E ancora: cosa rischiano, sul piano sportivo?
Il procuratore di Milano, Marcello Viola, ha espresso a più riprese l’opinione che le due società sono «danneggiate». Splendida sottigliezza delle parole, poiché “danneggiate” non significa automaticamente “vittime”. E giusto per chiarire, Viola ha continuato sottolineando che le società medesime si sono dotate di modelli organizzativi, che però«vanno migliorati», specie se si intende non limitarsi a reprimere il problema, ma risolverlo in via definitiva.
Danneggiate sì, ma...
Tradotto: Inter e Milan potevano fare di più e meglio. Per esempio, denunciare. Tanto più che molti dei personaggi coinvolti in questa vicenda avevano (quelli che nel frattempo sono defunti) e hanno uno spessore criminale di prim’ordine, e per di più comunicavano in modo spiccio (eufemismo) al momento di rapportarsi coi dirigenti di collegamento di Inter e Milan. E quanto ai contenuti di quelle comunicazioni, le carte dell’inchiesta non lasciano margine a dubbi: si trattava di richieste accompagnate da minacce e mirate a ottenere vantaggi non consentiti dalle norme.
A tutto ciò si aggiunge la possibilità, che questi personaggi hanno avuto, di montare business illeciti su servizi svolti dentro lo stadio o intorno allo stadio. Tutto avvenuto senza che venissero posti argini adeguati. Dunque, i modelli organizzativi delle due società avrebbero davvero dovuto fornire una risposta più pronta. E senza bisogno di attendere le migliorie auspicate dal procuratore di Milano.
Gli effetti sulle squadre
Cosa rischiano le due società, sia in sede penale che in sede sportiva? Sul piano penale è circolata l’ipotesi di un “procedimento di prevenzione”, cioè di una messa in amministrazione giudiziaria delle società. Per adesso si tratta di un’ipotesi.
Più complesso il discorso per quanto riguarda la giustizia sportiva. Il riferimento è il precedente che ha riguardato la Juventus, con l’inchiesta sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nella curva bianconera. Allora la Juventus denunciò, e questo contribuì ad alleggerirne la posizione.
Ciò che comunque non risparmiò l’erogazione di squalifiche per i dirigenti bianconeri coinvolti direttamente o indirettamente. A partire dall’allora presidente, Andrea Agnelli, squalificato in un primo tempo per 12 mesi; la sanzione venne successivamente ridotta a tre mesi con pagamento di 100mila euro di multa, che si andavano a sommare ai 600mila euro comminati al club. Nel caso dei club milanesi, non vi è stata denuncia dei fatti.
Cionondimeno, l’ipotesi che si vada oltre una (pesante) sanzione pecuniaria è complicata, nonché legata a un’interpretazione dei regolamenti ricca di condizionalità. La prospettiva di una penalizzazione in classifica è piuttosto complessa da realizzare. E magari qualcuno tirerà pure un sospiro di sollievo, per questo scampato pericolo. Rimane una macchia enorme sull’immagine di entrambi i club. Dovranno lavorare sodo per cancellarne ogni traccia.
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