Le mani di Valditara sulla scuola si fanno sempre più lunghe. Dopo la riforma del voto in condotta, che più che stimolare l’apprendimento in classe educa gli studenti alla sottomissione, e le nuove linee guida per l’educazione civica al servizio del mercato e della patria, bocciate all’unanimità dal Consiglio superiore della pubblica istruzione, i tentativi del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara di trasformare il sistema scolastico in un’organizzazione tutta “disciplina e ordini” (i suoi) arrivano anche all’Indire. L’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa che da quasi cento anni accompagna l'evoluzione della scuola.
Lo scorso luglio, infatti, l’approvazione in Parlamento del dl n. 71/2024, con disposizioni su sport e scuola, non solo ha introdotto un riordino dell’Indire, assegnandogli tra i nuovi compiti quello di formare gli insegnanti sul sostegno e di riconoscere i titoli di chi si è specializzato all’estero, scatenando non poche polemiche soprattutto tra i docenti che hanno seguito i percorsi standard, che si vedranno scavalcati nelle graduatorie da chi con meno crediti e meno preparazione otterrà lo stesso risultato.

Ma ha anche imposto un commissario straordinario alla guida dell’Istituto. «In possesso di comprovata competenza e professionalità», si legge all’articolo 7bis del decreto-legge, da nominare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della conversione del testo. E che entro novanta giorni dall’ufficializzazione dell’incarico dovrebbe redigere il nuovo statuto dell’ente pubblico di ricerca con il compito di contribuire al miglioramento della scuola.

Chi comanda a Indire?

Il problema è che sono passati quasi tre mesi da quando il dl Sport e Scuola è legge. E ancora non sono chiari nemmeno i motivi del commissariamento dell’istituto, visto che non risulta che l’ente abbia alcun problema di ordine amministrativo o finanziario che potrebbe motivare il cambio ai vertici: «Il relatore ha presentato l’emendamento per cambiare la guida dell’Indire proprio l’ultimo giorno d’esame del decreto, senza averlo annunciato neppure alla presidenza», racconta Irene Manzi, responsabile scuola del Partito Democratico, che quel giorno era in aula: «Come opposizione, insieme ai sindacati, abbiamo subito lanciato l’allarme. Che urgenza c’era nel modificare i vertici proprio nel momento in cui si stava già caricando l’ente di nuovi compiti? Neppure il ministro ci ha mai risposto», aggiunge la deputata Pd, che sospetta che la mossa di Valditara sia stato un atto di spoils system, un tentativo da parte della politica di controllare l’ente pubblico di ricerca attraverso una presidenza più affine alla maggioranza di governo.

Ma non basta. Ad oggi neanche i circa 400 lavoratori di Indire riescono a capire chi sia effettivamente alla guida dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, da quando è stato commissariato. Da un lato, c’è la presidente Cristina Grieco che, sebbene consultando il sito indire.it, risulti ancora in carica, il 17 ottobre ha pubblicato un post sui social in cui comunica la fine della sua «parentesi» lavorativa ai follower. Ma non ai dipendenti, che «almeno fino a una settimana fa l’hanno vista firmare, come richiesto dal suo ruolo, i documenti necessari all’ordinaria amministrazione dell’istituto», riporta Stefano Bernabei, coordinatore nazionale di Flc Cgil.

Dall’altro lato c’è Francesco Verbaro. Che su LinkedIn ha postato di essere il nuovo commissario straordinario di Indire già tre settimane fa. «E che in più occasioni si sarebbe presentato in pubblico con il nuovo titolo, come alla fiera Didacta (l’appuntamento sull’innovazione del mondo della scuola ndr) o al congresso dell’Associazione nazionale presidi di qualche giorno fa. A riportare che la nomina di Verbaro a commissario straordinario, su proposta del ministro Valditara, sarebbe ufficiale ci sono anche alcuni siti di informazione. Ma di questa ufficialità i lavoratori non sanno nulla, non mai hanno ricevuto alcuna comunicazione sul cambio ai vertici», sottolinea ancora Bernabei, preoccupato per il futuro dell’ente di ricerca.

Per i troppi precari, oltre 100, «i cui contratti scadranno il prossimo 31 dicembre. E non abbiamo notizie sulla loro stabilizzazione», chiarisce il rappresentante sindacale che evidenzia come sia un’abitudine annosa dell’istituto far ricadere i carichi di lavoro sulle spalle dei dipendenti a tempo determinato: «Grazie alle lotte, nel tempo siamo riusciti a stabilizzare alcuni lavoratori. Ma subito ne arrivano altri a termine. Perché, quando Indire prende nuove commesse dal ministero, preferisce utilizzare i finanziamenti per pagare i consulenti esterni, per cui anche la Corte dei conti ha più volte bacchettato l’Istituto, invece che per le assunzioni a tempo indeterminato».

Cos’è un ente di ricerca

A far sospettare un futuro cupo per l’Indire, però, c’è anche il fatto che dal testo del dl 71/2024 che definisce il riassetto dell’istituto, che quindi descrive i nuovi compiti di cui l’ente dovrà occuparsi non appena il nuovo statuto sarà pronto, sono scomparsi due punti fondamentali: la necessità di relazionarsi con gli enti locali e la vocazione internazionale. Senza queste due caratteristiche, per legge, un ente non può dirsi di ricerca.

Così sembra che dietro all’esigenza di assegnare nuovi compiti all’Istituto si nasconda il tentativo di modificare la sua ragion d’essere, in modo da renderlo uno strumento che senza polemiche esegua i diktat già pensati da qualcun altro. Infatti, mentre oggi, in quanto ente pubblico di ricerca, l’Indire è strutturato per analizzare in maniera indipendente le problematiche del settore dell’educazione. Occupandosi, quindi, anche di formare i docenti, ma con l’obiettivo di metterli a conoscenza dei nuovi sapere acquisiti grazie ai risultati delle ricerche e delle sperimentazioni condotte. «Se i due principi di internazionalizzazione e di collegamento con gli enti sul territorio verranno depennati anche dallo statuto, l’Indire rischia di trasformarsi in un’agenzia di servizi che risponde agli ordini del ministero», spiega ancora Bernabei. A cui potrà, ed esempio, essere richiesto di formare i docenti e personale scolastico anche su materie non inerenti alle competenze dell’Istituto. O a cui il ministero potrà affidare gli incarichi senza il timore di essere smentito da chi si occupa di innovazione e ricerca in ambito pedagogico. Proprio come sembra che Valditara sia cercando di fare, approfittando della confusione generale, senza dare troppo nell’occhio.

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