Nella scuola italiana gli stipendi degli insegnanti precari non tengono conto del numero di anni di servizio e c’è un abuso dei contratti a tempo determinato. È la fotografia fatta dalla Commissione europea, che dopo una procedura di infrazione del 2019, a fronte di una risposta non sufficiente, ha deciso di deferire alla Corte di giustizia dell’Unione europea il nostro paese. 

L’Italia ha fallito «nel porre fine all’abuso di contratti a tempo determinato e a condizioni discriminatorie di assunzione».

In particolare, la Commissione contesta allo stato italiano il fatto che la legislazione non preveda una progressione salariale legata al numero di anni di servizio per i docenti con un contratto a tempo determinato. Una discriminazione in quanto questo diritto viene invece garantito a chi è di ruolo, con un contratto a tempo indeterminato.

Tra l’altro – oltre alle contestazioni della Commissione – tutto ciò si inserisce in una situazione in cui i contratti degli insegnanti italiani sono in ogni caso molto bassi rispetto ad altri in Europa, non crescono da anni e, nonostante gli scatti di anzianità, fino al rinnovo del contratto nazionale, non salgono sopra i 2mila euro netti mensili in tutta la carriera. 

La Commissione però contesta anche che, in contrasto con la legislazione europea, l’Italia non ha messo in campo misure concrete per limitare l’abuso in successione di contratti a tempo determinato per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola. Una scuola italiana che si dimostra quindi precaria e ingiusta in generale, non soltanto con gli insegnanti. 

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