Le novità del nuovo anno scolastico che sta per cominciare: dalla nuova filiera professionale, all’educazione civica individualista, il divieto dei cellulari, le sospensioni e il voto in condotta, la solita lotteria delle cattedre. Ecco cosa ci aspetta al rientro in classe
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», si legge in un noto passaggio del Gattopardo. In quasi due anni di governo, al ministero dell’Istruzione riforme e decreti si sono accumulati, rincorsi, affastellati. Con la promessa (o la minaccia?) di una scuola più competitiva, il governo ha falciato gli istituti tecnici, dato un colpo di spugna ai nuovi sistemi di valutazione, irrigidito le maglie dell’autonomia didattica. Immutati restano però la carenza di personale, le segreterie deserte, i concorsi lenti e non abilitanti. Insomma, il nuovo anno scolastico si avvicina ed è carico di novità, ma con il consueto gattopardismo delle istituzioni italiane: nella scuola cambia tutto per non cambiare niente, soprattutto il suo indefesso attaccamento alla precarietà.
La nuova filiera tecnica
Dopo la definitiva approvazione della Camera, a settembre parte il modello della filiera del 4+2. Con la nuova riforma, per gli istituti tecnici coinvolti – a partire saranno circa 150 scuole – il percorso quadriennale sarà sufficiente a ottenere il primo titolo di studio, a cui potranno seguire due anni opzionali di corsi presso gli ITS Academy, mirati a offrire competenze spendibili nel mondo del lavoro.
L’obiettivo è ridurre i tempi e stringere il legame tra scuola e azienda, e in quest’ottica verranno istituiti anche i “campus”, reti che collegano l’offerta didattica degli Istituti tecnici e professionali e degli ITS Academy ai centri di formazione professionale.
Gli istituti potranno inoltre riservare quote orarie da destinare ad attività legate al territorio e sarà dato ancora più spazio all’alternanza scuola-lavoro.
A settembre dovrebbe inoltre partire il liceo del Made in Italy, che ha rischiato fino all’ultimo di non vedere la luce a causa della scarsa adesione da parte di scuole e famiglie.
Educazione civica (o aziendale?)
Se l’introduzione della nuova filiera e la sperimentazione del Made in Italy sembrano strizzare l’occhio al mondo aziendale, la conferma che questa sia la direzione maestra della scuola “valditariana” arriva anche dalle nuove linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, pronte a entrare in vigore dall’anno scolastico in partenza.
Dalla promozione della cultura d’impresa alla valorizzazione del lavoro «come concetto fondamentale della nostra società da insegnare già a scuola fin dal primo ciclo di istruzione», dall’invito a promuovere «l’appartenenza alla comunità nazionale definita Patria» all’«educazione finanziaria e assicurativa», al centro dei programmi di educazione civica ci sono, a scapito dell’insegnamento della Costituzione, tutta una nuova serie di insegnamenti e nozioni varie le cui parole chiave sono, come notato in queste pagine, l'individuo, la patria e l'azienda.
Voti sintetici e voto in condotta
Altra novità gattopardiana è il probabile ritorno dei giudizi sintetici alla primaria, per il quale è da attendersi, una volta divenuto legge il Ddl, la relativa ordinanza ministeriale. Ciò che è certo è che, dopo meno di tre anni dall’introduzione dei giudizi descrittivi, nella scuola primaria si cambia di nuovo. Con il pretesto di introdurre una maggiore chiarezza (ma di fatto optando per una mera semplificazione), si abbandona così un sistema che si era proposto di modellare la didattica non più in base alle singole performance, ma secondo obiettivi di apprendimento e percorsi didattici.
Intanto è all’esame finale del Parlamento il Ddl che cambia la normativa sul voto in condotta, sancendo il suo ritorno anche nelle cosiddette scuole medie. In generale il voto in condotta dovrà essere riferito a tutto l’anno scolastico (non più al quadrimestre), e con il 5 in condotta scatterà la bocciatura. In caso di voto inferiore a sei, in sede di valutazione periodica, lo studente dovrà essere coinvolto in attività di cittadinanza attiva e solidale. E con il 6 in condotta alle superiori, si avrà un debito scolastico in educazione civica da recuperare a settembre.
Sospensioni e punizioni
Il disegno di legge prevede il pugno di ferro anche per le sospensioni. La logica è la stessa: il ritorno a sanzioni, punizioni, allontanamenti. L’allontanamento dalla scuola, fino a un massimo di due giorni, comporterà il coinvolgimento degli alunni in attività scolastiche – assegnate dal consiglio di classe – di approfondimento sulle conseguenze dei comportamenti che hanno determinato il provvedimento disciplinare, che si concluderanno con la produzione di un elaborato critico.
Se la sospensione dura più di due giorni, gli studenti coinvolti dovranno essere impegnati in attività di cittadinanza solidale presso strutture individuate nell’ambito degli elenchi predisposti dall’amministrazione periferica del Mim. Tali attività, se deliberate dal consiglio di classe, potranno proseguire anche dopo il rientro in classe.
Il Ddl introduce anche sanzioni per chiunque aggredisca il personale scolastico, al cui fine viene istituito inoltre un "Osservatorio nazionale sulla sicurezza del personale scolastico” che dovrebbe monitorare le aggressioni e promuovere percorsi formativi di sensibilizzazione.
Divieto del telefono, ma scuola digitale
Mentre arriva ComUnica, il nuovo sistema all’interno della piattaforma Unica per consentire una gestione interamente digitale dei documenti scolastici e delle comunicazioni scuola-famiglia, scatta il divieto di utilizzo in classe del telefono cellulare, anche quando previsto per fini didattici.
Tutte le scuole dovranno quindi aggiornare i regolamenti d’istituto e il patto educativo di corresponsabilità, anche prevedendo sanzioni disciplinari per gli studenti che dovessero contravvenire al divieto di utilizzo in classe dello smartphone.
Nella stessa circolare si raccomanda inoltre di reintrodurre la notazione giornaliera sul diario personale delle attività da svolgere a casa, da affiancare all’utilizzo del registro elettronico. In un mondo e in una scuola sempre più digitalizzata, insomma, tra le novità ci sono proprio la demonizzazione e l’interdizione del device (e il conseguente scollamento tra istruzione e realtà).
Scuola precaria vecchia e nuova
Anche quest’anno il sistema di reclutamento – nonostante graduatorie, corsi abilitanti, crediti e concorso – si riconferma inadatto a ridurre il livello di precarietà del personale scolastico. Da settembre saranno circa 250mila i supplenti in cattedra, un numero più che raddoppiato negli ultimi otto anni, effetto di una mirata politica di precarizzazione della scuola. Una situazione che accomuna anche le segreterie, dove al netto delle assunzioni autorizzate, avanzano ventimila posti. Del resto il fatto che si tratti di un problema istituzionalizzato e strutturale lo dimostrano proprio gli interventi ministeriali che mirano a tamponare i danni e non a eradicare il fenomeno, come la nuova possibilità per le famiglie di alunni con disabilità di richiedere lo stesso insegnante di sostegno per l’anno successivo.
Pnrr e nuovi fondi
L’aumento del numero di precari nella scuola italiana è anche la conseguenza del ritardo del governo nell’attuazione della riforma delle assunzioni e della formazione iniziale prevista dal Pnrr. Ma il 2024/25 è in teoria anche l’anno della “messa a terra” dei fondi del Pnrr, che per l’Istruzione stanzierà oltre 17 miliardi. Tra gli obiettivi, l’introduzione di mille nuove mense. Comuni e province hanno tempo fino al 6 settembre per rispondere all’Avviso del Mim che stanzia 515 milioni e 481mila euro di fondi. I lavori dovranno essere affidati entro il 31 gennaio 2025 e gli enti locali dovranno impegnarsi nel mantenere per almeno cinque anni la destinazione d’uso scolastico per gli edifici beneficiari del finanziamento.
Attualmente in Italia, nella scuola primaria, poco più di un bambino su due ha accesso al servizio mensa e meno di due classi su cinque sono a tempo pieno. Ma le disuguaglianze territoriali penalizzano soprattutto il meridione. Al Sud solo il 26% degli istituti che ospitano scuole primarie è dotato di mensa, contro il 54% del Centro Nord, e solo il 38% degli istituti che ospitano scuole dell’infanzia, contro il 65% del Centro Nord.
Per quest'anno il piano prevede anche la realizzazione di nuovi posti di asili nido di età 0-2 anni, utili per il raggiungimento dell’obiettivo finale di 150.480 nuovi posti.
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