- Il Cremlino negli ultimi 15 anni ha condotto un’operazione di “contaminazione” attraverso la promozione della cultura russa.
- La Russia ha costruito un modello di propaganda che sfrutta un doppio binario. Il primo visibile, riconoscibile nei suoi tratti radicali, fondato sulla disinformazione, diffusa dai gruppi editoriali controllati dal Cremlino o dagli oligarchi della cerchia di Putin.
- e sigle più importanti sono tre: Rossotrudnichestvo, Fondazione Russskiy Mir e Gorchakov fund. Attraverso queste articolazioni legate al governo, la Russia cerca di legittimarsi. a
Persino quando invade uno stato sovrano, bombarda senza sosta e il suo esercito uccide civili, la condanna di Vladimir Putin non è unanime. E il merito di questa ambiguità è del presidente. Il Cremlino, infatti, negli ultimi 15 anni ha condotto un’operazione di “contaminazione” attraverso la promozione della cultura russa. Una promozione che ha nascosto i reali obiettivi di istituti, centri culturali, fondazioni e associazioni, emanazione diretta del governo di Putin, e che ha coinvolto, in Italia, settori dell’economia, ma anche della società e parte della nostra classe dirigente.
La Russia ha costruito un modello di propaganda che sfrutta un doppio binario. Il primo visibile, riconoscibile nei suoi tratti radicali, fondato sulla disinformazione, diffusa dai gruppi editoriali controllati dal Cremlino o dagli oligarchi della cerchia di Putin. Il secondo impercettibile, almeno a prima vista. Entrambi servono ad accreditare le sue politiche all’estero e a influenzare le elezioni negli stati tradizionalmente ostili del blocco atlantico. Il presidente russo, quindi, esercita il proprio potere non solo con l’arroganza dell’invasore e la mina
ccia di una guerra nucleare.
Il secondo binario
Da quando è il capo intoccabile della Federazione russa, il presidente ha costruito una rete di organizzazioni satellite, sparse nel mondo, che ufficialmente si occupano di promuovere la lingua, la scienza, l’arte e la musica. Queste organizzazioni sono collegate e finanziate direttamente dal governo, in particolare dal ministero degli Esteri e della Cultura e utilizzano lo straordinario patrimonio letterario, artistico, scientifico russo come strumento per entrare in contatto con le istituzioni dei paesi occidentali. È l’abito elegante indossato dalla propaganda, che attraverso il fascino delle arti parla al cuore e non mira a suscitare pulsioni sovraniste come nel caso della disinformazione.
A capo di questi centri-satelliti Putin ha voluto solo persone di esclusiva fiducia, giornalisti specialmente. La definizione è soft power, l’arte diplomatica di influenzare uno stato estero con un’attività culturale che, esaltando le doti della Russia, ha permesso al Cremlino, ad esempio, di relazionarsi con le istituzioni e la classe dirigente italiana.
La cultura e lo spionaggio
All’apice di questo sistema c’è un’agenzia federale, Rossotrudnichestvo. Agisce per conto del ministero degli Esteri e si occupa ufficialmente di cooperazione internazionale e di scambi culturali. Rossotrudnichestvo in Italia è conosciuta con il nome più immediato di “Centro russo di scienza e cultura” e ha sede a Roma in un bel palazzo storico del XVI secolo.
Fino al 2020 il direttore della succursale romana era Oleg Osipov: corrispondente dell’agenzia di stampa russa Tass, controllata dal governo. «Abbiamo contatti in diversi settori e livelli: municipi di città, università, scuole, teatri di tutta Italia, associazioni di amicizia Italia-Russia (tra cui le associazioni ex Urss-Italia), organizzazioni di compatrioti russi, ambasciate straniere, aziende commerciali, banche», aveva dichiarato nel 2017 dettagliando così il capitale relazionale accumulato negli anni. Nella stessa intervista, poi, aveva esplicitato il reale scopo del centro: «Contro di noi esiste una guerra ideologica che è stata condotta per molto tempo e ha dato risultati negativi. Coloro che l’hanno ideata sono malati di questa guerra ideologica. Attualmente noi russi stiamo applicando il “soft power”, invenzione dell’occidente a cui tutti erano predisposti fino a quando la Russia non lo possedeva».
La figlia di Osipov, Irina Osipova, è stata candidata con Fratelli d’Italia alle elezioni comunali di Roma nel 2016. Si era avvicinata alla Lega e al movimento neofascista CasaPound. Irina ha sostenuto la causa filorussa nel Donbass incontrando lì alcuni militanti dell’estrema destra italiana partiti per combattere con le milizie filorusse.
Rossotrudnichestvo è accompagnata nella sua missione da Russkiy Mir Fund, fondazione costituita con decreto da Putin nel 2007, che vive di fondi statali e finanzia nel mondo progetti sulla lingua e la cultura russa. La fondazione è attiva anche in Italia. Ha collaborato con le università italiane, ha sponsorizzato premi con istituti di credito e importanti case editrici. Fino al 2012 ha avuto a disposizione alcuni locali nel complesso universitario della Sapienza di Roma. Secondo diversi esperti e analisti al pari della Rossotrudnichestvo è usata dal governo russo per esercitare soft power sulle istituzioni dei paesi occidentali.
Dal 2020 al posto di Osipov il Cremlino ha nominato una donna per dirigere il Centro russo di scienza e cultura. Si chiama Daria Pushkova, giornalista anche lei, figlia di Aleksej Puskov, esponente del partito Russia unita, politico di lungo corso e particolarmente legato al presidente.
Puskov è considerato anche uno dei contatti dei leghisti filorussi: in particolare Claudio D’Amico avrebbe rapporti privilegiati con lui. D’Amico è tra i fondatori dell’associazione Lombardia-Russia insieme a Gianluca Savoini, l’ex portavoce di Salvini protagonista della trattativa dell’hotel Metropol in cui discuteva con un gruppo di russi legati al Cremlino di un finanziamento al partito. D’Amico durante il governo Cinque stelle-Lega era stato chiamato da Salvini a palazzo Chigi come «consigliere per le attività strategiche di rilievo internazionale». In una recente intervista vantava di aver presentato lui Putin al leader della Lega. Di certo è stato tra gli osservatori sul referendum per l’autodeterminazione della Crimea contesa nel 2014.
Nei giorni dell’invasione russa in Ucraina le pagine Facebook del Centro russo di scienza e cultura sono state utilizzate per informare gli utenti dell’incontro tra l’ambasciatore russo in Italia e i diplomatici della Farnesina guidata da Luigi Di Maio. Il 23 febbraio, il giorno prima dell’attacco a Kiev, un altro post celebrava la Festa dei difensori della patria, che ricorda la vittoria dell’Armata rossa sui tedeschi, nel 1918, a Narva e Pskov. Il 21 febbraio i social del centro diretto da Pushkova hanno rilanciato il video della testata Sputnik, controllata dal Cremlino, con l’annuncio di Putin sul riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche del Donbass. Il primo passo verso la guerra in corso. A dicembre 2021 la direttrice ha incontrato, insieme alla vice ministra della Cultura della Federazione russa Alla Yuryevna Manilova, la sottosegretaria ai Beni culturali, la leghista Lucia Borgonzoni. In Italia il centro ha sponsorizzato premi, corsi di lingua, partnership con altre istituzioni locali e nazionali.
L’Agenzia
L’Agenzia federale Rossotrudnichestvo è stata voluta nel 2008 dall’allora presidente Dmitri Medvedev, amico e fedelissimo di Putin, attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza nazionale. La cifra del personaggio la fornisce una recente esternazione nei giorni successivi all’invasione in Ucraina: «Dopo le sanzioni e l’esclusione del paese dal Consiglio d’Europa è possibile reintrodurre la pena di morte».
Il direttore è Evgeny Primakov, giornalista passato dall’agenzia di stampa Tass. È nipote d’arte, il nonno era Yevgeny Maksimovich Primakov, deceduto nel 2015, capo del servizio centrale dell’intelligence dell’Unione sovietica e ministro degli Esteri. Primakov senior è il padre della “dottrina Primakov”, fondata sull’idea di una Russia indipendente dalla sfera di influenza occidentale e perno di un sistema multipolare di alleanze strategiche per controbilanciare il potere degli Stati Uniti dopo la dissoluzione dell’Urss. Dottrina che ispira la politica estera di Putin.
La vice di Primakov junior nell’Agenzia Rossotrudnichestvo si chiama Natalia Poklonskaja. In patria è conosciuta come la “dama di ferro” di Putin. Riconoscimento guadagnato sul campo con il costo altissimo di rischiare il carcere nel suo paese di origine, l’Ucraina, dopo che da membro dell’ufficio del procuratore di Kiev ha appoggiato l’indipendenza della Crimea e il Cremlino l’ha nominata procuratrice generale della Crimea.
Colpita da sanzioni per questo, è stata poi eletta alla Duma. Per il governo ucraino è una criminale, colpevole di «azioni intraprese per modificare o rovesciare con la forza l’ordine costituzionale o impadronirsi del potere statale, nonché cospirazione per compiere tali atti». Così riportava l’agenzia Tass in un lancio in cui annunciava l’inserimento di Poklonskaya nell’elenco dei latitanti ricercati dal ministero dell’Interno di Kiev.
Alla Rossotrudnichestvo è dedicato un ampio capitolo nel rapporto di minoranza della commissione Affari esteri del Senato americano, datato 18 gennaio 2018, intitolato “L’assalto asimmetrico di Putin alla democrazia in Russia e Europa: quali implicazioni per gli Stati Uniti”. L’Agenzia è considerata un’arma della propaganda nel mondo, beneficiaria di svariati milioni di dollari per diffondere le istanza del Cremlino. E lo fa attraverso iniziative culturali che coinvolgono le istituzioni dei vari paesi con cui spesso realizzano partnership e eventi in collaborazione.
Il politologo Anton Shekhovtsov, che insegna in Austria all’Institute for Human Sciences, è considerato uno dei massimi esperti delle relazioni fra Mosca e i movimenti politici europei. Nel 2019 scriveva che Rossotrudnichestvo è «il maggior strumento usato dalla Russia per esercitare soft power in paesi stranieri». I numeri sono la forza di questo network. Presente, infatti, in almeno 25 nazioni e con 600 dipendenti all’attivo, beneficia di generosi finanziamenti del Cremlino: erano 48 milioni di euro del 2013, nel 2020 sono saliti a 228 milioni.
Oligarchi ed ex ministri
Il capo di Rossotrudnichestvo lo ritroviamo anche nel board di Gorchakov Fund. Il direttore esecutivo della fondazione Gorchakov è Leonid Drachevsky, diplomatico di cui Putin si fida ciecamente. Tanto da volerlo a capo di questa organizzazione nata nel 2010, satellite del ministero degli Esteri della federazione.
L’obiettivo è ambizioso. Come riportato sul sito web, ha il compito di «sostenere la creazione di un clima pubblico, politico e imprenditoriale all’estero, favorevole alla Russia». A capo del board della fondazione c’è l’attuale ministro degli Esteri Sergej Lavrov, che con Putin ha dato il via all’invasione dell’Ucraina.
Al suo fianco un lungo elenco di politici del partito di Putin, deputati e oligarchi potenti con affari miliardari in Europa e negli Stati Uniti. Alcuni dei quali colpiti dalla ultime sanzioni. C’è per esempio Nikolay Tokarev, boss della società Transneft (attiva nell’oil&gas), già collega di Putin nel Kgb. C’è Alisher Usmanov, magnate del metallo nella black list dei sanzionati. E anche Alexei Mordashov, tra i 50 più ricchi del mondo: controlla industrie siderurgiche, a Londra ha messo su un impero controllando il più grande tour operator d’Europa, detiene partecipazioni nella Rossiya Bank, sospettata dall’Unione europea di essere l’istituto usato dagli alti funzionari russi coinvolti nell’annessione della Crimea. La caratura dei personaggi presenti nel consiglio della fondazione, dunque, fanno capire quanto sia rilevante l’attività che svolge.
Nel 2015 il governo ucraino ha chiuso la sede di Kiev accusando la fondazione di aver condotto una campagna contro il governo legittimo. Gorchakov fund è considerata una delle massime espressioni del soft power del Cremlino. Ed è anche tra le entità più foraggiate dal governo. Opera anche in Italia. Nel 2018 la fondazione ha organizzato, per esempio, un incontro pubblico per presentare il libro postumo di Primakov senior. All’evento ha partecipato l’ex ministro dei governi Berlusconi, oggi presidente del Consiglio di stato, Franco Frattini, presidente della Società italiana per l’organizzazione internazionale e dell’Istituto studi euroasiatici, che insieme alla Gorchakov fund, aveva promosso il convegno. Con Frattini e Lamberto Dini (già premier e ministro), c’era naturalmente il direttore della fondazione. Ovviamente in rappresentanza degli interessi relazionali del Cremlino.
© Riproduzione riservata