Lo chiamano effetto ciliegia. Parti da un ragazzo romano (Berrettini) capace di arrivare in finale a Wimbledon e arrivi a Sinner. Jannik diventa numero 1 al mondo et voilà ecco che sboccia definitivamente Musetti e sulla scena compare anche Jasmine Paolini, che fino a pochi mesi fa non godeva di grande credito: ancora oggi il più diffuso fra i negozi virtuali di outfit e attrezzature tennistiche non la annovera fra i testimonial della casa delle racchette che lei adopera.

E Jasmine raggiunge due finali Slam a distanza di poche settimane l’una dall’altra. Dopo quella persa a Parigi contro Iga Swiatek oggi scenderà sul campo più famoso del pianeta per affrontare la ceca Barbora Krejcikova.

Come le ciliegie, per l’appunto: ne mangi una e te ne ritrovi in mano un’altra. E per di più dopo anni in cui il tennis femminile italiano, dopo l’apice della finale newyorchese del 2015 Pennetta-Vinci, vivacchiava fra le speranze di una crescita di Camila Giorgi e lo stupore per la subitanea semifinale di Trevisan a Parigi nel 2022.

Chi è

Ma il punto è che fra tutte le stelle che popolano di questi tempi il firmamento del tennis italiano e mondiale quella di Jasmine brilla di luce particolare. Una luce talmente intensa che potrebbe fare di lei “il” personaggio che la Wta e non solo attendono.

Con Naomi Osaka che fatica e ritrovarsi e Swiatek che nasconde emozioni e volto sotto la visierona del cappellino, Jasmine ha tutto per arrivare ben oltre una finale Slam, magari una vittoria: non sono pochi coloro che vedono in lei la campionessa e il volto che potrebbero rinnovare con energia inattesa l’attenzione del mondo verso il tennis femminile.

Simbolo di multietnicità (madre polacca, nonno materno ghanese, padre italiano), protagonista di progressi tecnici che raramente si incontrano nel circus (non è un caso che i successi li stia afferrando ora, a 28 anni). E al contempo in possesso di un sorriso che è indubitabilmente simbolo di equilibrio interiore, capace di trasformare i 163 centimetri di altezza da possibile limite a vantaggio d’immagine: Jasmine non è una meteora e molti fra i sovrani del tennis stanno iniziando a pensare che sia lei la donna che stavano aspettando, Billie Jean King per prima.

Non è la prima volta che un tennista di statura non eccelsa stupisce il mondo e inaugura una nuova era: Michael Chang, nell’89, mise a segno una delle rimonte più celebrate, recuperando, da sfavorito, due set di vantaggio al “lungo” Ivan Lendl a Parigi negli ottavi, vincendo poi il torneo e anticipando ben altra rivoluzione epocale, da lì a pochi mesi sarebbe crollato il muro di Berlino.

Le sue caratteristiche

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Dicono i cattivi: ma quale rivoluzione, se Paolini vince è perché il livello del tennis femminile tende al basso. «Certo in questo momento non abbiamo atlete, Swiatek a parte, come Henin e Cljisters, come le sorelle Williams o come Davenport o Saharapova – dice a Domani Barbara Rossi, maestra di tennis nel senso più ampio del termine e regina dei commenti televisivi per Eurosport e Sky – ma Paolini non è arrivata per caso a giocare le finali di Parigi e oggi di Wimbledon.

Lei impara da ogni partita. Parte da quello che è il suo punto forte: i piedi. Li muove con una rapidità eccezionale e questo le consente di non andare in sofferenza durante lo scambio. Da inizio anno non patisce più quelle assenze di concentrazione che le sono costate la sconfitta in più di un match: come contro Andreeva a Madrid, ad esempio. E poi il suo preparatore fisico, Barsacchi, ha fatto un gran lavoro perché adesso Jasmine ha una tenuta fisica di cui prima non disponeva».

Aggiungono i cattivi: il fatto di giocare con una racchetta dall’ovale allungato la aiuta. «Certo che la aiuta visto che non è in possesso di un’apertura “alare” molto pronunciata. Ma per potersi permettere quell’aiuto bisogna avere una muscolatura su cui si sia tanto lavorato. Altrimenti si rischia seriamente di farsi male alla spalla. Il punto non è la racchetta: il fatto che è Jasmine sa fare tante cose in campo. Le altre ne sanno fare una o due. E in questo sta il colpo di genio di Renzo Furlan».

Il coach

Eccolo, il nome. Renzo l’ex membro dei Piatti Boys, che ha inventato il fenomeno Paolini. «Renzo è stato un genio – spiega ancora Barbara Rossi – perché è riuscito a trasportare sulla sua allieva il lavoro che ha compiuto su sé stesso quando era giocatore. Non rischiava nulla, un solido giocatore da fondo campo. Ma a un certo punto ha capito, e si è fatto aiutare dallo psicologo Umberto Longoni, che doveva imparare a rischiare. Ed è migliorato.

Renzo ha reso Paolini consapevole che nonostante la sua statura, sarebbe diventata forte e capace di tanti gesti in campo. E ci è riuscito: Paolini è cresciuta nel gioco a volo, nel colpire sulla diagonale di destra e pure nel servizio». Ma i perfidi sostengono che il suo servizio sia...leggerino.

«Migliorare vuol dire sapersi affidare alle persone giuste. Lei sul servizio ha lavorato con Danilo Pizzorno, il grande saggio della videoanalisi sui campi da tennis: si sono ispirati al servizio di Barty (l’australiana che si è ritirata da n.1 del mondo a 26 anni ieri in tribuna a Wimbledon ndr) che era armonico ed efficace».

E il lavoro mica è finito, perché Jasmine, spiega Rossi, sta applicando lo schema Nadal: «Costruire col servizio per mettersi in condizione di impostare il gioco secondo le proprie idee col colpo successivo. Il fatto che Jasmine sia in finale a Wimbledon è tutto fuorché casualità».

Certo vedere la figlia di Jacqueline e Ugo entrare oggi sul Centre Court susciterà chissà quali tumulti in Furlan. Lui che abitando nei pressi del Centro Federale di Tirrenia e che aveva lavorato pure con Francesca Schiavone ai tempi del suo successo a Roland Garros, vide quella ragazzina che arrivava da Bagni di Lucca e intuì che non si trattava di una come altre. E le propose di iniziare un percorso.

Un percorso che è arrivato a Londra oggi nella replica del confronto nel primo turno delle qualificazioni dell’Australian Open 2018: vinse Barbora 6-2 6-1 ma entrambe le stelle dovevano ancora iniziare a brillare. Oggi chi vincerà incasserà 2.700.000 sterline. Ma Paolini non avrà solo di fronte la Krejcikova, che il gusto di vincere uno Slam l’ha già assaporato a Parigi nel 2021: c’è anche il fantasma sorridente di Jana Novotna, morta nel 2017, colei che ha scoperto e guidato Krejcikova.

Sul centrale di Wimbledon Jana visse una pagina di sport indimenticabile: nella finale dei Championships 1993 dopo aver giocato un tennis stellare perse contro Steffi Graf lasciandosi rimontare il vantaggio di 4-1 nel terzo set. Lo sconforto fu tale da abbandonarsi al pianto sulle spalle della Duchessa di Kent durante la premiazione. Per Barbora quella di oggi sarà molto di più che l’omologa finale di Parigi. Attenzione, Jasmine.

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