- Nobiltà, castelli, un pizzico di immancabile Russia e la nostalgia del tempo che fu. Il mondo di Roberto Jonghi Lavarini, il “barone nero” di Milano indagato insieme all’eurodeputato FdI Carlo Fidanza per riciclaggio e finanziamento illecito ai partiti, appare come un labirinto di sigle, titoli altisonanti, cognomi che ricordano i film di cappa e spada. E a volte un po’ Totò.
- A curare l’immagine web e social dell’aristocrazia europea è l’agenzia milanese Moai di Gianfranco Stefanizzi. Fedelissimo di Roberto Jonghi Lavarini, militante dei vari gruppi di estrema destra promossi in questi anni dal Barone nero.
- I voti che alla fine questo curioso sottobosco riesce a portare, considerando il pienone fatto dalla loro candidata Valcepina, non sono proprio pochi spicci.
Nobiltà, castelli, un pizzico di immancabile Russia e la nostalgia del tempo che fu. Il mondo di Roberto Jonghi Lavarini, il “barone nero” di Milano oggi indagato insieme all’eurodeputato FdI Carlo Fidanza per riciclaggio e finanziamento illecito ai partiti, appare come un labirinto di sigle, titoli altisonanti, cognomi che ricordano i film di cappa e spada. E a volte un po’ Totò. C’è l’associazione “Aristocrazia europea”, guidata dalla georgiana dal nome impronunciabile Mandilosani Lali Panchulidze Aznauri, esperta di pubbliche relazioni nella Milano della moda e degli aperitivi chic. Jonghi Lavarini è il cofondatore e animatore, soprattutto quando si tratta di costruire link politici. E poi una costellazione di sigle, associazioni culturali e ordini cavallereschi in pieno stile Vogliamo i colonnelli. Proviamo a partire da qui per ricostruire il complesso puzzle di quel mondo nostalgico di Hitler e di Mussolini apparso nell’aperitivo elettorale mostrato da Fanpage. Una porta di ingresso che porta lontano.
“Un servizio segreto”
Milano, aperitivo elettorale, zona Niguarda. Roberto Jonghi Lavarini – tra un richiamo ai seguaci di Hitler e all’esoterismo – registrato dal giornalista di Fanpage, non ha problemi nel rivelare la struttura segreta del suo gruppo neofascista: «Abbiamo un nostro informale servizio di informazione e sicurezza – racconta compiaciuto nel video – abbiamo una rete di ex militari, servizi segreti piuttosto che le forze armate, ci sono anche persone straniere». Poi l’immancabile riferimento a un fantomatico ex colonnello del Kgb russo. Vanteria da sbruffoni per sedurre quel ragazzo che pensava fosse un manager di una multinazionale? Il barone nero – che bazzica la destra milanese da almeno trent’anni – è il cofondatore di una bislacca associazione, Aristocrazia europea.
Araldica, nomi altisonanti, contatti con i paesi dell’est, dalla Georgia alla Russia, il gruppo ha un sito web e un’attivissima pagina Facebook. La front woman, il volto immagine, è la georgiana Lali. Da circa due anni – secondo quanto riportato sui social – c’è un altro personaggio inserito in Aristocrazia europea, Raffale Sepe. Sguardo da duro, è il priore del gruppo templare dal nome altisonante “Prioratus Templi Hierosolymitani Mikael”. Sull’agenzia stampa Consulpress – diretta da Antonio Parisi, membro della “Chiesa ortodossa italiana autocefala” di Alessandro Meluzzi –, il 23 novembre del 2019 è stata annunciata l’alleanza tra i cavalieri di Sepe e il gruppo aristocratico di Jonghi Lavarini, dove il priore si presenta come “conte della reale casa di Svevia”. Sepe, però, non è un cavaliere templare qualsiasi.
Dai Nocs alla nobiltà nera
Raffaele Sepe è un funzionario di polizia in pensione, ex membro dei Nocs e del Dipartimento antidroga del ministero dell’Interno. Una carriera passata all’interno delle forza di polizia, in reparti speciali, tra operazioni sottocoperta e addestramenti estenuanti. Da alcuni anni gestisce insieme alla moglie una agenzia di investigatori privati e di security, offrendo servizi di scorta, di analisi del rischio e di indagini riservate. Ha ottenuto la licenza per operare in Italia e in Gran Bretagna e agisce, secondo i vari post pubblicati sul profilo Facebook, in diverse parti del mondo.
A leggere i conti non sembra, però, una struttura particolarmente importante, secondo l’unico bilancio pubblicato in Camera di commercio, che risale all’esercizio 2019, i ricavi delle vendite e delle prestazioni sono pari a 16.415 euro, mentre per il personale la spesa è stata di appena 755 euro, per tre dipendenti a chiamata. Nella nota integrativa si legge che l’agenzia si occupa anche di intermediazione “nella ricerca e individuazione, per conto terzi, di aziende di vigilanza privata”.
I rapporti tra Aristocrazia europea e l’ex Nocs con la passione per i templari sono strettissimi. Il 13 settembre 2020 Sepe viene presentato come “responsabile sistemi e servizi di sicurezza” del gruppo fondato da Jonghi Lavarini, con tanto di foto dell’ex appartenente ai reparti speciali in azione, imbracciando un sofisticato fucile di precisione. I servizi che l’agenzia di sicurezza offre ai nobili del giro di Jonghi Lavarini sono elencati in una intervista rilasciata dalla georgiana Lali un anno fa ad Affari italiani: «Sistemi e servizi di sicurezza, accompagnamento e investigazioni private, corsi di tiro e di autodifesa». Insomma, a trasformare conti e baroni in super Rambo armati ci pensa lui.
Il candidato dell’aristocrazia
A curare l’immagine web e social dell’aristocrazia europea è l’agenzia milanese Moai di Gianfranco Stefanizzi. Fedelissimo di Roberto Jonghi Lavarini, militante dei vari gruppi di estrema destra promossi in questi anni dal Barone nero – da Fare Fronte a Progetto Milano – Stefanizzi ha partecipato alle ultime elezioni comunali come candidato di Fratelli d’Italia per il nono municipio (Comasina, Porta nuova, Niguarda e Bovisa), conquistando 53 voti, piazzandosi al quarto posto dei candidati della lista di Giorgia Meloni. Un ulteriore link tra il mondo del barone nero – già condannato per apologia del fascismo – e il partito di Giorgia Meloni. E i voti che alla fine questo curioso sottobosco riesce a portare, considerando il pienone fatto dalla loro candidata Valcepina, non sono proprio pochi spicci.
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