- A gennaio i due venerdì di passione bianconera avevano dilatato al massimo la forbice fra le due squadre: il 13 c’era stato il 5-1 per il Napoli, poi il 20 era arrivata la penalizzazione di 15 punti dalla Corte federale d’appello Figc.
- Adesso la Juventus arriva alla gara dopo una settimana positiva su tutti i fronti, comprese la riapertura della curva che era stata chiusa per i cori razzisti contro Lukaku e la qualificazione alla semifinale di Europa League.
- Dopo tre quarti di stagione a tutta velocità il Napoli attraversa uno strano spleen per questo mese di aprile da andamento inerziale. Il quasi sicuro scudetto sarà comunque un risultato straordinario, il primo fuori dall’asse Mi-To degli ultimi 22 anni.
Calcio totale. No, la grande Olanda degli anni Settanta c’entra nulla con la partita di stasera fra Juventus e Napoli (ore 20.45).
C’entra invece il senso di una nuova rivalità senza quartiere, che si esprime a tutto campo e in tutti i campi. E giunge in questa domenica di fine aprile al termine di una settimana che è valsa quasi una stagione, piena com’è stata di eventi dalle indicazioni contraddittorie.
Ma arriva soprattutto in capo a tre mesi il cui punto di partenza erano stati i due venerdì di passione bianconera, che avevano dilatato al massimo la forbice fra le due squadre.
Venerdì 13 gennaio, la sera in cui al Maradona il Napoli ha demolito 5-1 la Juventus incenerendone le residue speranze di riproporsi nella corsa per lo scudetto. E poi il venerdì successivo, 20 gennaio, quando la Corte federale d’appello della Figc ha inflitto 15 punti di penalizzazione alla società bianconera per la vicenda delle plusvalenze, facendo precipitare in classifica la squadra a 25 punti di distanza da quella di Spalletti (47 contro 22).
Tre mesi dopo l’umore si è ribaltato e si giunge alla gara dello Stadium in capo a una settimana dove alla Juventus è andato tutto per il meglio: restituzione (ma soltanto momentanea) dei 15 punti e del terzo posto in classifica, accoglimento del reclamo con riapertura della tribuna sud primo anello dello Stadium che era stata chiusa dal giudice sportivo a causa degli insulti razzisti contro Romelu Lukaku nella semifinale di Coppa Italia contro l’Inter, e accesso alla semifinale di Europa League (avversario il Siviglia) poche ore dopo la sospensione della penalizzazione e al termine di una gara da combattimento sul campo dello Sporting Portugal.
Tutto il contrario del Napoli, che in questa settimana ha visto addensarsi le nubi dopo l’eliminazione dalla Champions League per mano del sempre indigesto Milan, in coda a un periodo di chiaro rallentamento dopo tre quarti di stagione condotti a ritmi pazzeschi.
Dunque l’umore del momento è dalla parte juventina. Ma conoscendo i ribaltamenti di questa imprevedibile stagione calcistica italiana è lecito chiedersi: fino a quando?
Mi manda Lubrano
Il campo è larghissimo e da una tappa all’altra si amplia. Juventus-Napoli è una partita che si gioca ormai giorno per giorno, una rivalità di foggia nuovissima che segna anche una profonda diversità culturale fra due comunità.
L’ultimo campo di gioco, molto a ridosso sul piano temporale rispetto alla partita di questa domenica sera, è stato proprio il Collegio di garanzia presso il Coni dove si è tenuta, tra mercoledì e giovedì, la partita sulla sospensione della penalizzazione per la società bianconera.
Nel momento in cui è partita l’udienza, Napoli era presente attraverso il club Maradona, che unitamente al Codacons e allo Juventus club “Gigi Buffon” di Taranto ha tentato la costituzione di parte nel procedimento.
Come prevedibile la richiesta è stata rigettata ma il dato rilevante è che a tentare di rappresentare in giudizio il club di sostenitori del Napoli è stato l’avvocato Enrico Lubrano. Che di match Juventus-Napoli giocati in ambito di giustizia sportiva se ne intende e a ogni occasione si mette nelle condizioni di poter dire un giorno: «Io c’ero».
C’era tre anni fa, quando il giro delle carte bollate aveva messo direttamente a confronto le due società in una triplice gara fra campo, giustizia sportiva e autorità sanitarie locali. Si usciva dalla prima ondata della pandemia e ci si apprestava a cacciarsi nella seconda. Nel bel mezzo di tutto ciò, a ottobre 2020, l’Asl napoletana bloccava la trasferta a Torino della squadra allora allenata da Gennaro Gattuso. L’effetto immediato fu la sentenza del giudice sportivo Figc, Gerardo Mastrandrea, che assegnava la vittoria 3-0 a tavolino alla squadra bianconera e infliggeva un punto di penalizzazione al Napoli per rinuncia a presentarsi in campo.
Adesso che è storia, si possono leggere con gusto le carte dei diversi gradi di giudizio che la vicenda scatenò in ambito di giustizia sportiva. Col passaggio presso la Corte federale d’appello Figc che in secondo grado confermava l’orientamento del giudice sportivo ma aggiungendo un carico di severità argomentativa certamente fuori linea rispetto alle abitudini degli organi di giustizia sportiva.
Nella sentenza si parlava infatti di un agire da parte del Napoli che, «in modo volontario e preordinato», avrebbe «indirizzato la propria condotta» nel senso di non disputare la partita.
A firmare quel severissimo testo è stato un collegio presieduto dal professor Piero Sandulli; cognome che ricorre nel giudizio di tre giorni fa, poiché il Collegio di garanzia che ha sospeso il -15 della Juventus è stato presieduto da Gabriella Palmieri Sandulli. Napoletana, ma firmataria di un verdetto benevolo verso la Juventus.
Quanto al Sandulli di tre anni fa, è andato a sua volta incontro a un severo 3-0 a tavolino inflitto dal Collegio di garanzia Coni presieduto dal defunto ex ministro Franco Frattini. Che oltre a rovesciare l’esito dei due gradi di giudizio precedenti (annullamento del 3-0 a tavolino pro Juve e restituzione del punto di penalizzazione al Napoli, con partita da giocare) ha impartito una severa lezione di diritto rimarcando la necessità di richiamarsi al principio della gerarchia delle fonti e delle autorità. Certamente uno dei momenti più imbarazzanti nella storia del diritto sportivo italiano.
In tutti quei passaggi, l’avvocato Lubrano c’era. A fare coppia col collega Mattia Grassani, lo stesso che un paio di mesi fa passò in tv e duettò a distanza col tecnico juventino Massimiliano Allegri a proposito del -15.
Grassani, che sosteneva la giustezza della sanzione alla Juventus, indossava una cravatta azzurra. Curiosità che diede all’allenatore bianconero l’opportunità di ironizzare sul colore, identico a quello delle maglie del Napoli. Partita a tutto campo, sempre.
Quella non stretta di mano
In questo momento il tecnico juventino è saldo sulla panchina come non mai. I giorni dell’hashtag #AllegriOut sono alle spalle, adesso l’allenatore bianconero è fra i più saldi al suo posto di lavoro fra i colleghi della Serie A.
Una condizione ribaltata rispetto alla partita d’andata, che si concluse con la scena di Spalletti che lo seguiva per stringergli la mano con un incedere che molti giudicarono beffardo.
Carognate fra toscani, uno di Livorno e l’altro di Certaldo. Ma chi sarà a indossare il ghigno alla fine della partita di stasera? E fino a quando lo terrà, vista la velocità con cui cambiano le prospettive in questa folle stagione calcistica
Se lo chiede soprattutto Spalletti, che sta vivendo un rallentamento della sua squadra prossimo all’andatura inerziale dopo aver trascorso tre quarti di stagione a velocità pazzesca.
Il Napoli sta realizzando qualcosa di straordinario, a partire da quello che rimarrà come un dato incontestabile: l’aver portato lo scudetto fuori dall’asse Mi-To dopo ben 22 anni.
Era dalla stagione 2000-2001, quando il tricolore venne vinto dalla Roma, che il campionato non veniva aggiudicato a una squadra esterna alla triade Inter-Juventus-Milan. Le tre strisciate (perché accomunate dall’indossare maglie a strisce verticali), come con una punta di disprezzo vengono chiamate dalle tifoserie del resto d’Italia.
Basterebbe questo per conferire il crisma dell’eccezionalità al terzo scudetto del Napoli. E l’altro elemento di straordinarietà è che sarà il primo scudetto vinto senza Diego Maradona.
Ma l’andamento inerziale di questo mese di aprile ha proiettato qualche ombra. La pesante sconfitta casalinga in campionato contro il Milan (che si somma a quella del mese prima contro la Lazio), il pari con rischio finale contro il Verona, la bruciante eliminazione dalla Champions dello scorso martedì per mano degli indigesti rossoneri e dopo un cammino di altissimo livello, allungano uno strano spleen sull’ambiente.
Una sensazione di festa celebrata troppo presto, di dismisura che adesso stenta a contentarsi delle misure inferiori. Come se a un certo punto il jackpot fosse dovuto e adesso il “solo” scudetto (peraltro ancora da portare a casa) si rivelasse conquista banale.
Se hai avuto una visione imperiale di conquista cosa vuoi che sia prendersi soltanto il regno? La partita di stasera potrebbe ridare il senso dell’eccezionale. Ciò che pensa anche la Juventus. Sarebbe già straordinario se fosse soltanto una grande partita di calcio.
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