Luca Bocchi aveva iniziato il percorso di “guarigione” con uno psicologo legato al seminario di Modena. Ha presentato denuncia all’ufficio abusi della Curia. Aspetta giustizia, ma il diritto canonico è un ostacolo
«Ho pensato al suicidio più volte». Luca Bocchi lo dice mentre tra le mani ha un quaderno con pagine piene dei suoi pensieri scritti a penna blu. Ogni tanto cerca le parole, mette in ordine le frasi. Lo incontriamo mentre Bologna suda d’estate. Saliamo lungo i portici rossi che conducono al santuario della Beata Vergine di San Luca, ci fermiamo sotto gli alberi di Villa San Giuseppe, la casa dei gesuiti a Bologna. Luca è lì insieme ad altri ragazzi del progetto Cristiani Lgbt+, di cui è tra i fondatori.
Quando ha pensato a togliersi la vita, Luca aveva smesso da qualche tempo di seguire un percorso di psicoterapia, a cui era stato indirizzato da un amico, cresciuto come lui in Azione cattolica a Mirandola e che sosteneva di essere «guarito» dall’omosessualità.
«Lo psicologo che mi seguiva esercitava la professione ed era legato al seminario di Modena. La sua terapia la chiamava di “superamento” perché sosteneva che l’omosessualità fosse un blocco, una forma adolescenziale di sessualità. Dopo la masturbazione e prima dell’eterosessualità c’era l’omosessualità. Erano teorie sostenute dall’autore e sacerdote Amedeo Cencini».
Quest’ultimo, dopo avere affermato per anni che l’omosessualità è una patologia, negli ultimi tempi ha leggermente rivisto le sue posizioni. Forse spinto anche dalle pressioni e denunce arrivate all’Ordine degli psicologi del Veneto di cui fa parte.
Luca è entrato in terapia per rispondere al bisogno di sentirsi accettato. «Avevo 20 anni e non avevo fatto coming out con la mia famiglia. La vita che conducevo a Ferrara dove studiavo e avevo un fidanzato era quasi clandestina. Ero cresciuto tra la parrocchia e l’oratorio, dentro Azione cattolica dove avevo anche ricoperto ruoli di responsabilità. Dentro di me forse speravo di poter guarire davvero e condurre una vita aderente all’educazione che avevo ricevuto, normale, si può dire?».
«Rivolgiti a una prostituta»
La terapia a cui Luca veniva sottoposto aveva al centro la tecnica del training autogeno. «Lavoravamo sulle fantasie, sull’erotizzazione. Lo psicologo mi faceva parlare delle mie pulsioni e usava il training per creare in me il senso di disgusto verso la figura maschile. Mi aveva detto di fare analisi del sangue per controllare il livello di testosterone e mi aveva consigliato anche di rivolgermi a una prostituta. Per fortuna non avevo soldi e non ci sono andato».
Dopo cinque mesi, il terapeuta di Luca è morto all’improvviso. «Mi sono trovato quindi convinto di essere eterosessuale, nel mezzo di una psicoterapia che non sapevo come continuare». Quando Luca si è rivolto al consultorio familiare di Ferrara per spiegare la sua situazione e trovare un terapeuta sostitutivo, si è trovato davanti al primo impatto vero con la realtà.
«Mi dissero che non facevano una terapia di quel tipo e che non era stata riconosciuta in nessun modo scientificamente. Decisi allora che non volevo più saperne niente delle cure e tornai a vivere la mia relazione, ma con degli effetti collaterali pesanti: senso di colpa, disprezzo di me stesso fino anche al sabotaggio del mio corpo, comportamenti sessuali a rischio, mancanza di autostima, depressione, disturbi alimentari, idee suicidarie». Per circa nove anni, Luca ha vissuto una vita sospesa senza capirne davvero il motivo, senza parlarne in famiglia, perdendo molte amicizie.
Nel 2018 è stato espulso dall’Azione cattolica in quanto omosessuale.
«Dieci anni dopo la fine delle terapie, durante un incontro scout a cui ero stato chiamato per portare la mia testimonianza, mi hanno fatto una domanda legata al periodo in cui ero in terapia. Sono scoppiato a piangere, tremavo, non riuscivo più a parlare e in quell’istante ho rivissuto tutto e ho capito che avevo subito un abuso e non lo avevo elaborato. Fino a quel momento».
Dopo alcuni giorni, Luca ha incontrato una sessuologa e, iniziando un percorso con lei, ha capito che i suoi traumi e il suo disprezzo per sé stesso erano legati alle terapie riparative seguite dieci anni prima. E ha denunciato.
«Ho chiamato l’ufficio abusi della mia diocesi e ho detto tutto. Adesso il mio caso è passato agli avvocati della Curia ma è bloccato a causa del diritto canonico. Per tutelarmi, raccontavo delle terapie in confessionale perché sapevo che era una situazione protetta. Il sacerdote che mi ha indirizzato verso quel terapeuta è stato interrogato, ma per il diritto canonico quel segreto è inviolabile. Ho un testimone che potrebbe aiutarmi, ma è un ex seminarista, con uno zio sacerdote. Non se la sente».
Abbiamo cercato di parlare con gli avvocati che seguono il caso di Luca ma per ora non abbiamo ricevuto risposte. «La mia vita ormai è segnata, a me basta che, leggendo la mia storia, altri ragazzi e ragazze abbiano il coraggio di parlare e chiedere aiuto».
Intanto nei mesi scorsi è stata lanciata dalle principali associazioni Lgbtq+ una raccolta firme, sul sito meglioacolori.it, per una proposta di legge contro le terapie riparative.
Edoardo e i Focolari
Le storie sommerse legate alle terapie riparative in Italia sono tante. «Quando trattiamo l’argomento sui nostri social, capita che qualcuno ci scriva e inizi a raccontare», dice Edoardo Zenone, responsabile del gruppo Cristiani Lgbt+. «Noi siamo lì per questo e abbiamo aperto uno sportello online con l’obiettivo di dare sostegno a chi può averne bisogno. Anche in forma anonima».
Edoardo faceva parte del Movimento dei Focolari e, quando ha deciso di parlare della sua omosessualità, anche a lui è stato consigliato di iniziare un percorso di psicoterapia. Ma è andato via prima.
«Riteniamo che non sia compito del Movimento dei Focolari, in quanto tale, validare o meno, supportare o meno, nessun tipo di terapia o linea terapeutica, comprese le terapie riparative», ci risponde Stefania Tanesini, portavoce dei Focolari.
«Infatti, il Movimento è consapevole che anche la scelta della terapia psicologica e del terapeuta rientrano nell’ambito della privacy di ogni persona. Tale decisione necessita della massima libertà personale e della consapevolezza della responsabilità che ne consegue».
Negli anni si sono susseguite le testimonianze di ex focolarini ma anche membri del Movimento che hanno denunciato abusi e terapie riparative. Lo stesso Movimento è stato al centro di un’inchiesta interna che ha portato alla luce abusi su minori e su adulti vulnerabili.
«In passato o anche di recente ci possono essere state singole persone legate al Movimento che operano o hanno operato professionalmente nel campo dell’accompagnamento psicologico, le quali, sotto la propria responsabilità professionale e personale, hanno suggerito terapeuti o terapie ad alcune persone, o dato consigli al riguardo».
E sugli abusi specifica: «Aggiungo inoltre che da qualche anno il Movimento ha intrapreso un cammino di discernimento, in primis riguardo alla grave piaga degli abusi sessuali sui minori e agli abusi di coscienza, spirituali, di potere, che lo hanno colpito. È un cammino sicuramente difficile, doloroso ma necessario. Come abbiamo ammesso in diverse occasioni, riconosciamo che sono stati commessi errori gravi che non vogliamo ripetere».
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