Bocciati i quesiti sulla legalizzazione per un errore nella formulazione del quesito, che secondo Amato faceva riferimento a un gruppo di droghe diverse dalla Cannabis
La Corte costituzionale ha bocciato il referendum sulla cannabis legale: «Abbiamo dichiarato inammissibile il referendum, io dico, sulle sostanze stupefacenti, non sulla cannabis». ha detto il presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato, nella conferenza stampa sulla camera di consiglio dedicata ai quesiti referendari. «Vi basti dire - ha spiegato - che il quesito è articolato in tre sottoquesiti e il primo relativo all'articolo 73 comma 1 della legge sulla droga prevede che scompare tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, ma la cannabis è alla tabella 2, quelle includono il papavero la coca, le cosiddette droghe pesanti».
«Già questo - ha osservato Amato - è sufficiente a farci violare obblighi internazionali plurimi che abbiamo e che sono un limite indiscutibile dei referendum. Poi ci portano a constatare la inidoneità rispetto allo scopo perseguito perché il quesito non tocca altre disposizioni che rimangono in piedi e che prevedono la responsabilità penale delle stesse condotte».
La storia
Il referendum era stato promosso da varie associazioni, partiti e realtà del paese, come l’Associazione Luca Coscioni, Antigone, +Europa, Arci, Radicali Italiani, Sinistra Italiana. Con questo referendum, che ha raccolto oltre 630mila firme, si chiede di depenalizzare la cannabis per uso personale. La partecipazione è stata favorita da una legge dello scorso luglio che ha permesso di raccogliere le firme anche con lo strumento dello Spid, il sistema pubblico di identità digitale.
Il quesito
Il quesito referendario mira a modificare il “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”. Si propone quindi di eliminare il reato di coltivazione, di rimuovere la pena detentiva per qualsiasi condotta legata alla cannabis, con eccezione dell’associazione finalizzata al traffico illecito, e la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida.
Il testo definitivo
Il testo definitivo del referendum, leggermente modificato dalla Corte di Cassazione, recita:
Abrogazione parziale di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti
«Volete voi che sia abrogato il decreto del presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, limitatamente alle seguenti parti:
- articolo 73 (Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”;
- articolo 73 (Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni e”;
- articolo 75 (Condotte integranti illeciti amministrativi), limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;”?».
L’effetto nelle carceri
Il 43 per cento delle denunce all’autorità giudiziaria riguarda reati correlati a cannabis e derivati. Per questo motivo il referendum, che depenalizza il consumo e distingue la cannabis da altre sostanze più pericolose, avrebbe un effetto positivo anche sulle carceri, un sistema in cui il sovraffollamento è strutturale.
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