Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, è stato rinviato a giudizio. Sarà un tribunale a decidere se egli abbia divulgato informazioni coperte da segreto amministrativo.
Intanto, possono essere utili alcuni chiarimenti su affermazioni rese di recente dal parlamentare, in particolare in un’intervista al Corriere della sera del 30 novembre. Affermazioni che sollevano alcuni dubbi.
I fatti
Nel gennaio scorso il deputato di FdI, Giovanni Donzelli, aveva divulgato alla Camera la notizia di colloqui tra mafiosi detenuti al 41-bis e l’anarchico Alfredo Cospito. Le informazioni gli erano state rivelate dal suo coinquilino, l’onorevole Delmastro, nonostante gli atti da cui esse erano state tratte recassero la dicitura «a limitata divulgazione».
Pochi giorni dopo, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, aveva dichiarato in parlamento che le informazioni in questione non erano coperte da segreto di stato. Su queste pagine avevamo immediatamente spiegato che su tali informazioni vigeva un’altra forma di segreto, quello amministrativo, che imponeva a Delmastro un obbligo di riservatezza.
Nel mese di maggio, la procura di Roma aveva chiesto l’archiviazione. Pur riconoscendo che i contenuti rivelati erano coperti da segreto amministrativo, la procura riteneva che mancasse l’elemento soggettivo, cioè la consapevolezza di Delmastro che si trattasse di contenuti non divulgabili.
La giudice per le indagini preliminari (gip) non aveva accolto la richiesta, disponendo l’imputazione coatta. La giudice per l’udienza preliminare (gup) ha poi deciso il rinvio al giudizio del sottosegretario.
Le affermazioni dubbie
A riprova della propria innocenza, Delmastro sottolinea che la procura aveva chiesto l’archiviazione e sostiene «che non c’è segreto e quindi non c’è reato». Il sottosegretario, tuttavia, omette di precisare che per la procura il segreto c’è, quindi le informazioni non andavano rivelate, e manca solo l’elemento soggettivo. Mentre per gip e gup evidentemente non è credibile che Delmastro ne ignorasse la riservatezza, dato il suo ruolo al ministero della Giustizia e la qualifica di avvocato penalista.
Delmastro afferma, poi, che «la limitata divulgazione nulla c’entra col segreto di stato». Il sottosegretario dice una cosa vera, ma che porta fuori strada. Il segreto da considerare in questo caso non è quello di stato, ma quello amministrativo, che vieta la rivelazione di informazioni conosciute in ragione del proprio ufficio.
«Non ho passato alcuna carta – dichiara ancora Delmastro – Ho risposto alla domanda di Donzelli, cosa che è mio dovere fare». Il sottosegretario forse ignora, da un lato, che la rivelazione di segreto amministrativo non richiede necessariamente un “passaggio di carte”, ma può essere fatta in qualunque forma, scritta o orale; dall’altro lato, che il dovere di risposta sussiste solo se la richiesta perviene in piena trasparenza nei modi previsti dalla legge – atto di sindacato ispettivo o accesso agli atti – e non in via informale nel tinello di casa.
L’accesso agli atti
Secondo Delmastro non c’era segreto sulle informazioni rivelate a Donzelli, come dimostrerebbe pure il fatto che le stesse sono state poi fornite al portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, il quale aveva rivolto una richiesta di accesso al ministero della Giustizia.
Tuttavia, la richiesta di Bonelli – come precisa anche Delmastro – era stata convertita d’ufficio in un atto di sindacato ispettivo, atto tipico con cui i parlamentari controllano l’operato del governo.
Dunque, Bonelli ha ricevuto una risposta in qualità di deputato. Un cittadino qualunque, che avesse presentato un’istanza di accesso agli atti sui contenuti divulgati da Donzelli, avrebbe ottenuto una risposta? Le amministrazioni talora evitano di dare certi riscontri a persone comuni.
Ma il profilo più rilevante è un altro. A Bonelli sono stati forniti gli stessi stralci di conversazioni utilizzati da Donzelli in aula. Quando Delmastro sostiene che tali informazioni non erano riservate, tant’è che sono state rese anche a Bonelli, occorre chiedersi se non sia vero l’opposto. E cioè che quelle informazioni sono state comunicate a Bonelli in quanto già rese pubbliche da Donzelli, quindi non più riservate, e non sarebbero state date al primo se non fosse avvenuta la rivelazione delle stesse da parte del secondo. Insomma, opporre il segreto a Bonelli non aveva più senso.
Al di là di eventuali pressioni di Delmastro per ottenere quanto poi ha riferito a Donzelli, come riportato da Repubblica, c’è molto da chiarire in tribunale.
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