- Il Consiglio di Stato ha stabilito che la fabbrica, nota per la produzione di bombe usate in Yemen, deve sottoporre il progetto alla Valutazione di impatto ambientale (Via)
- Diverse organizzazioni avevano rilevato delle anomalie nella concessione dei permessi ed evidenziato delle criticità a livello ecologico
- Per le associazioni è tempo di pensare ad un modello economico sostenibile e libero dalla guerra e alla riconversione civile della Rwm di Domusnovas
Allo stabilimento sardo della Rwm, azienda di proprietà della tedesca Rheinmetall, continuano ad arrivare brutte notizie. Dopo la revoca delle autorizzazioni per l’esportazione di bombe verso Arabia Saudita ed Emirati, la Rwm di Domusnovas ha dovuto fare i conti con la sentenza del Consiglio di Stato.
I giudici hanno stabilito che le autorizzazioni rilasciate dal Comune di Iglesias e dalla Regione per l’ampliamento dell’azienda sono illegittime in mancanza della Valutazione di impatto ambientale (Via), riportando di fatto al punto di partenza l’iter amministrativo.
Il Consiglio ha quindi accolto il ricorso di alcune associazioni locali quali Italia Nostra Sardegna, Assotziu Consumadoris Sardigna e l’Unione sindacale di base, che avevano contestato l’iter delle concessioni dei permessi da parte di Comune e Regione. Nello specifico, la sentenza annulla il Provvedimento unico del 9 novembre 2018 del Comune di Iglesias e la delibera della Giunta regionale del 15 gennaio 2019.
Due atti che permettevano alla Rwm di avviare un programma di ampliamento delle infrastrutture e della produzione di materiale di armamento ed esplosivi. L’azienda aveva in programma di realizzare i reparti R200 e R210 per incrementare la fabbricazione di ordigni ed esplosivi, mentre il Nuovo campo prove 140 nell’area San Marco sarebbe stato usato per effettuare test all’aperto. Il tutto senza dover sottoporre i progetti alla Valutazione di impatto ambientale. Almeno secondo le Amministrazioni locali.
La sentenza
I giudici del Consiglio di Stato, però, sono di diverso parere. A partire dalla definizione stessa della natura dell’azienda. In primo grado la Rwm è stata definita un impianto chimico non integrato che produce cariche esplosive per le testate di guerra e pani composte da una miscela di sostanze esplodenti e non.
Secondo la Quarta sezione, invece, le conclusioni del consulente tecnico nominato in primo grado non permettono di escludere “in maniera inequivocabile che lo stabilimento costituisca un impianto chimico integrato per la produzione di esplosivi". Da sottoporre pertanto a Valutazione di impatto ambientale.
Inoltre, sempre secondo il Consiglio di Stato, la Regione nell’autorizzare la costruzione del Campo prove non ha considerato la relazione di tale impianto con i reparti in cui vengono realizzati gli esplosivi. Il poligono dovrebbe essere usato per testare non solo i prodotti finiti dell’azienda, ma anche la qualità dei materiali utilizzati come materie prime per produrli.
A fronte di tale connessione, l’azienda è obbligata a sottoporre anche questo progetto al Via. Ma la condanna dei giudici non si ferma qui. Il Consiglio muove delle critiche anche alla decisione dell’azienda di frazionare il progetto complessivo in singoli interventi che, “isolatamente considerati, non sarebbero sottoposti a Valutazione di impatto ambientale”, andando così a ledere gli interessi tutelati dalla legge.
Le associazioni
A presentare ricorso contro l’ampliamento della Rwm sono state Italia Nostra, Comitato riconversione e altre associazioni che si battono da anni per la riconversione della fabbrica. Uno dei punti su cui il loro avvocato, Andrea Pubusa, ha insistito riguarda l’impatto dei progetti sul Rio Gutturu Mannu-Rio Figu che attraversa lo stabilimento e che secondo lo studio di Compatibilità idraulica del comune di Domusnovas è considerato a rischio esondazione.
Per i ricorrenti, inoltre, le valutazioni dei progettisti e degli amministratori locali sul Nuovo campo prove 140 nell’area protetta di monte Linas-Marganai non avrebbero considerato adeguatamente le conseguenze delle esplosioni né l’impatto ambientale dei fabbricati da realizzare nell’area.
Nei mesi passati le associazioni hanno anche denunciato il mancato aggiornamento del Piano di emergenza esterna (Pee) della Rwm, considerata una fabbrica a rischio di incidente rilevante data la pericolosità delle attività svolte.
Il Piano serve a prevenire o limitare gli effetti di eventuali incidenti, garantendo quindi la sicurezza del territorio e degli abitanti della zona, ma il suo ultimo aggiornamento risale al 2012 e si riferisce prevalentemente alla produzione di esplosivi per uso civile. L’azienda, detenuta fino al 2011 dalla Società esplosivi industriali, ha visto un notevole incremento della realizzazione di prodotti militari a partire dal 2012, anno in cui è passata nelle mani della Rheinmetall.
Nella sede di Domusnovas si producono le bombe Mk81, Mk82, Mk83 e MK84 e gli ordigni d’aereo di penetrazione BLU 109, BLU 130, BLU 133 e Paveway IV, alcuni dei quali sono stati utilizzati da Arabia Saudita ed Emirati nella guerra in Yemen.
La proposta di riconversione
In una provincia, quella del Sulcis-Iglesiente, con un alto tasso di disoccupazione, un’azienda come la Rwm è percepita come indispensabile per il mercato del lavoro locale, ma qualcosa sta cambiando.
Dal 2017 il Comitato riconversione Rwm si batte per la riconversione civile dei posti di lavoro dell’azienda e ha lanciato, insieme alla chiesa evangelica del Baden e alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, il Peace conversion sardinia (PeCoSa). Obiettivo del progetto è la creazione di una rete di imprese che si impegnino a sviluppare un’economia civile, sostenibile e libera dalla guerra. Da qui la nascita del marchio “Warfree-Liberu dae sa gherra”.
A dare il proprio contributo al progetto è anche l’Università di Cagliari attraverso uno sportello di sostegno per la formazione, la consulenza e il supporto alla commercializzazione online.
Ma a premere per la riconversione dell’azienda sono anche Pastorale del lavoro, Sardegna pulita, Donne ambiente Sardegna e Women’s international league for peace and freedom, che propongono di realizzare a Domusnovas un caseificio. Il progetto, scritto in collaborazione con la facoltà di Agraria dell’Università di Sassari, è stato depositato a dicembre 2020 al ministero per lo Sviluppo economico e potrebbe essere realizzato attraverso le risorse del Next Generation Eu.
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