A Euro 2024 sono presenti quindici giocatori provenienti dalla Saudi Pro League. Dai più noti Cristiano Ronaldo (Portogallo) e N’Golo Kanté (Francia), ai meno noti Solomon Kvirkvelia (Georgia) e Jack Hendry (Scozia). Uno di quei campionati etichettati come non competitivo o, peggio, «cimitero per elefanti» calcistici. Dimenticando, cosa già accaduta in questi ultimi anni, che l’Arabia Saudita è il Paese del Golfo con un’esperienza e una cultura calcistica più radicata, profonda e diversa, rispetto a Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar. La Nazionale che ai Mondiali del 2022 batté l’Argentina di Messi aveva 26 convocati su 26 provenienti dal campionato di casa. 

Chi conosce bene quel campionato e quel Paese è Stefano Cusin, che nella stagione 2010-11 è stato vice di Zenga all’Al-Nassr, l’attuale squadra di CR7 – 64 reti in 70 presenze finora –, attuale Ct della nazionale delle Isole Comore, prima a pari punti con il Ghana nel girone I di qualificazione per i Mondiali 2026.

«In Europa come in Italia facciamo un po’ di confusione tra il campionato saudita e quelli qatariota o emiratino, artificiale il primo e poco competitivo il secondo. In Arabia ci sono sempre stati giocatori di buon livello e grande pubblico, ricordo che durante la preparazione battemmo in amichevole Bari e Lazio», racconta Cusin, numerose esperienze tra il Golfo e il Medio Oriente.

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«Inizialmente acquistavano calciatori a fine carriera, adesso la maggior parte non ha trent’anni e concorre ad alzare la qualità del torneo, anche se manca di intensità rispetto a quelli europei. Poi bisogna considerare che l’Arabia Saudita ha quasi 36 milioni di abitanti contro i nemmeno 2,5 del Qatar e questo permette al primo di avere un bacino di possibili calciatori molto più ampio. Infine, un investimento che molti non vedono è quello in accademie di calcio lungo tutto il Paese, con direttori tecnici francesi, olandesi o spagnoli, diversamente dai qatarioti e, soprattutto, dai cinesi, i quali hanno speso tanto e male nell’acquisto di calciatori di prima fascia senza accompagnare la crescita dell’intero movimento».

Vision 2030

Tutto questo rientra nel progetto di Mohammad bin Salman Al Sa’ud, Saudi Vision 2030, che avrebbe dovuto essere anche l’anno del primo Mondiale organizzato dai sauditi, slittato al 2034. Vuole fare dell’Arabia Saudita un hub del turismo e dello sport internazionale: «Lì c’è una cultura calcistica profonda e non da oggi. Anche perché i giovani non hanno altri divertimenti, quindi si dedicano alle varie discipline con dedizione e le seguono con grande passione. Negli Emirati Arabi, per esempio, c’è uno stile di vita più “americano”, con divertimenti, distrazioni, attrazioni che i sauditi non hanno. Il calcio, lo sport più in generale, è fonte di divertimento e di orgoglio insieme». L’Al-Hilal, campione in carica, schiera tra gli stranieri: Kalidou Koulibaly (Senegal), Ruben Neves (Portogallo e nella rosa di Euro 2024), Sergej Milinkovic-Savic (Serbia) e il brasiliano Neymar, fuori dalla Copa America perché reduce da un infortunio al crociato.

CR7 e Kanté dimostrano l’autodisciplina di chi vuole ancora eccellere, aggiornare i record e continuare a lasciare il segno. Ma non tutti i giocatori che provengono dalla Saudi Pro League sono in forma strepitosa. Cusin non nasconde che la scelta dell’Arabia Saudita sia prima di tutto economica: «È chiaro a tutti, però i campionati europei restano quelli con maggiore competitività, così come la possibilità di giocare le coppe europee, e non parlo solo della Champions, vista la finale di quest’anno che l’Atalanta ha vinto contro il Bayer Leverkusen in Europa League. Sono contesti diversi che scatenano emozioni sportive diverse. Poi c’è Cristiano Ronaldo che è un competitore straordinario, un giocatore che sa trovare sempre le giuste motivazioni in qualsiasi contesto».

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