Ma nessun passo è stato fatto. A cinque anni dalla morte del ricercatore la verità è ancora lontana
- A dicembre scadrà il termine dei due anni dall’iscrizione sul registro degli indagati dei cinque 007 egiziani. Ma nessun passo in avanti è stato fatto finora
- I "riscontri concreti in tempi brevi" che erano stati chiesti ala procura egiziana nel luglio scorso, dopo l'ennesimo fallimentare vertice, non sono mai arrivati
- A quasi cinque anni dall'omicidio del ricercatore friulano, la verità è ancora lontana, e le indagini sono ferme dal 2018
A quasi cinque anni dalla morte di Giulio Regeni, la procura di Roma si appresta a chiudere l'indagine sul rapimento e l'uccisione del ricercatore friulano. A dicembre scadrà il termine dei due anni dall'iscrizione sul registro degli indagati dei cinque 007 egiziani: si tratta di ufficiali appartenenti al dipartimento di Sicurezza nazionale (servizi segreti civili) e all'Ufficio di investigazione giudiziaria del Cairo (polizia investigativa) che rispondono di sequestro di persona in concorso.
Gli inquirenti di Sco e Ros sono oggi al Cairo per un nuovo incontro con gli investigatori egiziani ma nessun passo avanti è stato fatto dalla rogatoria mandata da Piazzale Clodio nell'aprile del 2019 e la procura di Roma non intende attendere oltre.
I "riscontri concreti in tempi brevi", chiesti da Clodio alla procura egiziana nel luglio scorso, dopo l'ennesimo vertice fallimentare, non sono mai arrivati, la verità è ancora lontana, e le indagini sono ferme dal 2018.
Il rapimento
Giulio Regeni venne rapito la sera del 25 gennaio 2016: il suo corpo martoriato fu trovato nove giorni dopo, lungo la strada che collega Alessandria a Il Cairo.
Nelle prime settimane dopo il ritrovamento del corpo, tante false piste si susseguirono e chi indaga in Italia è convinto che il giovane sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security, dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi.
Abdallah chiedeva a Giulio Regeni di poter usare a fini personali, in modo illegale, una borsa di studio che il giovane, grazie a una fondazione britannica, voleva far arrivare al sindacato. La richiesta di Abdallah e la risposta di Giulio Regeni vennero immortalate in un video, girato dal sindacalista nel dicembre del 2015 con una telecamera nascosta, probabilmente su richiesta della polizia.
Secondo chi indaga, potrebbe esser stato il rifiuto di dare illegalmente quei soldi a segnare il destino di Regeni: forse, quando Abdallah capì che non avrebbe ricevuto per sé almeno una parte delle diecimila sterline, decise di denunciarlo per accreditarsi con la National Security come un informatore adeguato, segnando in questo modo la tragica fine del ricercatore.
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