Doris Wagner ha subìto il primo abuso in convento nel 2008 da parte del suo superiore, che è rimasto impunito. Ma le violenze psicologiche e spirituali erano iniziate prima: ci sono molti casi, nella chiesa, in cui la preda viene irretita appellandosi alla volontà divina. Anche un secondo prete ha abusato di lei: il Vaticano lo ha assolto e trasferito
«Sono stata violentata per la prima volta a 24 anni da un sacerdote di quasi vent’anni più vecchio di me. Non soltanto era il mio superiore ma era anche il responsabile della congregazione. Non avevo mai sentito parlare di preti che si approfittano delle suore: per me, semplice novizia, lo stupro fu così uno choc doppio». Doris Wagner subisce il primo stupro in convento nel 2008, a cinque anni dal suo ingresso nella Famiglia Spirituale l’Opera, una comunità di vita consacrata fondata dalla belga Julia Verhaeghe e riconosciuta da Giovanni Paolo II nel 2001. Nel 2003 Doris è solo una ragazza di 19 anni, piena di entusiasmo all’idea di dedicare la propria vita a Dio. Oggi è una donna libera, sposata, madre, che non ha mai avuto giustizia né dalla chiesa né dallo stato.
Al Collegium Paulinum di Roma, sede della congregazione, sacerdoti e suore vivono insieme sotto lo stesso tetto e, anche se hanno mansioni diverse, si incontrano per la messa o durante i pasti. La realtà della vita comunitaria si rivela subito difficile: l’Opera le chiede di rinunciare alla famiglia, agli amici, le proibisce anche la lettura «per farla crescere in umiltà».
Doris non viene messa al corrente di nulla, non sa nemmeno quando prenderà i voti perpetui. «Ci trasferivano da un paese all’altro senza preavviso e ci spostavano addirittura di stanza senza una spiegazione», conferma. Stringere amicizie è impossibile anche fra consorelle: «Spinte dalla devozione, ci rassegnavamo a vivere in solitudine: la nostra vita era completamente nelle mani della comunità».
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Il corpo è una provocazione
Il primo abuso che le suore subiscono è psicologico e spirituale. «Quando decidi di farti suora non sai niente della vita religiosa e aderisci totalmente alle regole della congregazione, convinta che sia giusto quello che ti chiedono. Non riesci a mettere dei confini e alla fine perdi la possibilità di pensare autonomamente: non chiedi, non ti ribelli perché è impossibile reclamare dei diritti in questo sistema», spiega Wagner.
Così, quando Doris all’improvviso comincia a ritrovarsi sempre accanto il suo superiore (che lei non vuole nominare e che chiameremo padre Georg), non reagisce. «Mi seguiva in biblioteca, in giardino, persino in lavanderia e parlava continuamente: ero stupita e imbarazzata dalla sua presenza costante, perché era proibito parlare fra noi, ma non avrei certo immaginato che volesse tentare un approccio sessuale. Avevo seguito tutte le regole, ero certa che non potesse succedermi niente di male». La madre superiora, infatti, è stata chiara quando le ha detto che «gli uomini sono più deboli riguardo al sesso ed è responsabilità delle suore fare in modo che non succeda nulla».
Nelle congregazioni il sesso è l’elefante nella stanza e non basta certo il voto di castità a fermarlo. Il corpo della religiosa è di per sé una provocazione sessuale da tenere a bada con le lezioni sul pudore e il controllo esasperato dell’abbigliamento: se il prete allunga le mani, la colpa è sempre della donna. «Appena entrata in comunità, una suora venne da me e mi diede la biancheria intima, raccomandandomi di indossare sotto l’abito anche il busto e una sottoveste per dissimulare del tutto le forme. Mi fece capire che dovevamo farlo per non indurre in tentazione i confratelli che vivevano con noi», ricorda Wagner.
Nella casa romana dell’Opera, le suore sono sistemate al primo piano e i preti al secondo; il terzo piano è destinato agli ospiti e nel sottotetto ci sono soltanto due stanze: in quel momento Doris ne occupa una, da sola, mentre l’altra è vuota.
Quando padre Georg sale le scale, nessuno si accorge di niente. «È entrato all’improvviso. In un istante ho capito che cosa sarebbe successo e sono diventata di ghiaccio. Ha allungato la mano e mi ha slacciato un bottone: l’ho respinto ma lui ha continuato. Era consapevole del suo potere, sapeva che avrei ceduto».
È proprio nelle relazioni pastorali fra prete e suora che l’abuso mette radici: i sacerdoti sanno bene come approfittare della dipendenza spirituale e dell’immaturità affettiva delle suore per manipolarle. Lo attesta la psicologa clinica Mary Lembo della congregazione delle suore di Santa Caterina, che ha scritto una tesi all’università Gregoriana di Roma sulle violenze commesse dai preti sulle religiose in Africa, in cui sottolinea come spesso i preti spaccino gli abusi per volontà divina.
Cos'è successo
Non è certo un problema soltanto africano, succede anche in Italia: «Tante religiose a cui ho fatto formazione mi hanno confessato di aver avuto relazioni sessuali che non desideravano – racconta Lembo – Le giovani suore nelle parrocchie, negli uffici e nei conventi si affidano al sacerdote con fiducia, perché in lui vedono l’uomo di Dio e vengono spesso ricambiate con rapporti invadenti, allusioni in confessionale, molestie mascherate da dichiarazioni d’amore, stalking, fino allo stupro».
Wagner racconta che dopo quel primo giorno di aprile del 2008 ha subito altre volte, per quattro mesi, gli assalti di padre Georg, fino a quando è stata trasferita per un periodo in Austria. Tornata al Collegium Paulinum in autunno, è stata sistemata al primo piano insieme alle altre consorelle ed è riuscita finalmente a evitare il prete.
I suoi tormenti, però, sono soltanto all’inizio. Racconta a Domani: «La madre superiora un giorno mi comunicò che dovevo cambiare confessore e mi assegnò padre Hermann Geissler. Già questa imposizione era un sopruso, perché le suore hanno la facoltà di scegliere in autonomia con chi confessarsi». Padre Geissler non è un prete qualunque: innanzitutto è anche il confessore del suo abusatore e, soprattutto, dal 1993 lavora alla Congregazione per la dottrina della fede. È molto vicino a Joseph Ratzinger che, nel 2009, da papa, lo nomina capo dell’ufficio dottrinale del Dicastero.
«Padre Geissler decise che i colloqui dovevano tenersi nella camera da letto della madre superiora», racconta Wagner. Un posto a dir poco inconsueto ma, ormai indifferente a tutto, lei subisce: «Dopo gli abusi ero diventata apatica. In seguito ho visto la stessa reazione in tante suore vittime di violenza: esteriormente non cambiano ma dentro diventano insensibili. Sono persino più funzionali al sistema perché diventano più efficienti, sono come automi senza sentimenti».
Lo scenario si presta a un nuovo capitolo del dramma. «Durante la confessione padre Geissler diventava sempre più insistente – racconta Wagner – mi parlava di amore, diceva che non potevamo sposarci ma fare altro, alludendo a una relazione sessuale. Io ero traumatizzata, perché a quel punto sapevo bene che un prete può prendersi quel che vuole. Un giorno, esasperata, mi sono alzata senza aspettare l’assoluzione e lui mi ha trattenuta cercando di baciarmi». La suora riesce a sfuggirgli e chiede alla madre superiora di poter cambiare confessore: «Voleva spiegazioni e quando le dissi che cosa era successo, commentò che sapeva che lui era solito comportarsi in questo modo con le suore e che dovevamo avere pazienza».
Il vizio del prete non è evidentemente una novità: «Lei sapeva bene che padre Geissler aveva abusato di altre suore, casi di cui sono venuta a conoscenza quando sono uscita dalla congregazione, ma non aveva obiettato al fatto che ci incontrassimo nella sua camera da letto», chiosa Wagner.
Nel 2010, quando la questione della violenza nella chiesa esplode in Germania e diventa oggetto di discussione quotidiana anche all’Opera, Doris si rivolge di nuovo alla madre superiora per raccontare la violenza subita due anni prima da padre Georg, ma quella si arrabbia: «Ha fatto un salto sulla sedia urlandomi in faccia che dovevo lasciarlo in pace: per lei la colpa era mia. Quando finalmente si è calmata, mi ha abbracciata e mi ha detto “ti perdono”. Ho capito che sapeva già tutto e che io non ero la prima vittima».
Collusioni, silenzi, omertà, estensione del concetto di obbedienza. Sono i fattori che portano le madri superiore a sacrificare le suore agli appetiti dei sacerdoti. «Non prendono quasi mai posizione – conferma Mary Lembo – sono le prime a non credere che questi preti così bravi e rispettati da tutti possano aver commesso violenza e quindi accusano le suore di averli provocati. E non si preoccupano del fatto che la vittima debba continuare a vivere con chi l’ha violentata».
Test di gravidanza
Non solo: la superiora di Doris, appena saputo il fatto, la manda alla clinica privata Salvator Mundi di Roma (la stessa che ha curato, fra gli altri, padre Marcial Maciel Degollado, fondatore della congregazione dei Legionari di Cristo e responsabile di decine di abusi su minori, ricoverato per disintossicarsi dalla morfina), dove le fanno un prelievo del sangue per verificare un’eventuale gravidanza. «Surreale, visto che erano ormai passati più di due anni dallo stupro – commenta Wagner – Evidentemente aveva motivo di temere che fosse successo ancora». Comunque aveva paura della gravidanza, e non per caso.
Il dramma delle suore messe incinte da membri del clero e perciò costrette ad abortire o cacciate dalle congregazioni è un altro dei segreti vergognosi della chiesa. Eppure sono questioni che il Vaticano conosce da decenni, almeno dal 1994, quando suor Maura O’Donohue manda a Roma un rapporto confidenziale dall’Africa, in cui denuncia la prassi di molti preti e vescovi di stuprare le suore (invece delle donne del luogo) per non prendere l’Aids.
I casi citati sono agghiaccianti: in Malawi 29 suore di una stessa congregazione sono ingravidate dai preti della diocesi, altrove un sacerdote celebra il funerale di una suora morta durante un’interruzione di gravidanza a cui lui stesso l’aveva costretta. Ancora una volta, non si tratta solo del continente africano: la piaga riguarda 23 paesi, compresa l’Italia. Quattro anni dopo, un’altra religiosa, Marie McDonald, confermerà che sono proprio le giovani suore straniere che studiano a Roma le più esposte ai ricatti sessuali del clero.
Rapporti resi pubblici dal National Catholic Reporter nel 2001 e arrivati fino sul tavolo del Parlamento europeo, che in una successiva Risoluzione fa sapere di aver mandato al Vaticano ben cinque avvertimenti in cui denuncia la drammatica condizione di molte religiose, infettate dall’Hiv, stuprate, costrette ad abortire o allontanate dalle comunità dopo aver partorito.
Il silenzio del papa
Roma, dal canto suo, tace. Solo nel 2019 papa Francesco ha ammesso che il problema degli abusi riguarda anche il mondo consacrato e lo stesso Motu proprio Vos Estis Lux Mundi, che incoraggia i vescovi a segnalare gli abusi clericali alle autorità civili, è stato un sostanziale fallimento. Quanto ai processi in ambito ecclesiastico, si entra in un buco nero: il cardinale João Braz de Aviz, prefetto del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, interrogato da Domani su quale sia la dimensione del problema della violenza sulle suore in Italia e quanti casi di abuso sessuale di religiose ha preso in esame il Dicastero, ha rifiutato di rispondere.
La violenza sulle religiose continua così ad essere un terreno inesplorato. Se in Francia qualcosa si è mosso, anche grazie al documentario di Eric Quintin e Marie-Pierre Raimbault Religieuses abusées, l’autre scandale de l’Église trasmesso dall’emittente televisiva Arte (a cui ha preso parte anche Wagner), in Italia, ancora una volta, la situazione rimane un tabù. Conta certamente la misoginia nella chiesa e un’opinione pubblica poco disponibile a prendere sul serio i drammi di una categoria che è perlopiù relegata alle barzellette.
La conseguenza, però, è l’invisibilità: il lavoro delle suore è gratuito o poco pagato, spesso sono ridotte a fare le serve dei preti e, se decidono di lasciare la comunità, vengono abbandonate a loro stesse. «Chi denuncia le violenze viene ripagata con l’isolamento e rappresaglie da parte delle consorelle e della madre superiora – spiega suor Lembo – se non addirittura con l’espulsione dalla comunità». Mentre il prete, nemmeno a dirlo, rimane al suo posto.
Neppure Wagner è riuscita da avere giustizia. Lasciata infine la congregazione, insieme ad altre ex consorelle vittime di abusi della stessa comunità, nel 2012 denuncia l’Opera alla Congregazione per la dottrina della fede.
Grazie a una canonista in contatto con la Santa sede, Wagner viene a sapere che è stata avviata «con grande serietà» un’inchiesta sui due preti e sulla disciplina interna della congregazione e che padre Georg, che nel frattempo era già stato allontanato dal Collegium Paulinum e assunto nella sezione di lingua tedesca della segreteria di Stato vaticana, sarebbe stato rimosso dall’incarico alla fine di quell’anno. «In seguito mi dissero che non avevano trovato niente sul conto dell’Opera, ma molti testimoni non sono mai stati sentiti», precisa Wagner.
Su padre Geissler, invece, vista la delicata posizione che riveste come capo ufficio alla Congregazione per la dottrina della fede, le indagini proseguono. Due anni dopo, viene comunicata a Wagner la chiusura del caso: il prete ha ammesso «due imprudenze in un paio di occasioni» ma ha chiesto scusa ed è stato ammonito a «essere più vigile e prudente in futuro».
Resta al suo posto alla Congregazione, che è il Dicastero deputato a giudicare i peccati sessuali del clero, nonostante le “imprudenze” si siano svolte durante il sacramento della confessione, circostanza che per il diritto canonico è considerata un’aggravante, meritevole di pene anche gravi. Si dimetterà soltanto nel gennaio 2019, dopo che Wagner ha reso pubblica la sua storia durante un convegno organizzato dalla rete di donne cattoliche Voices of Faith.
La notizia ormai circola sui giornali e Geissler chiede il processo canonico per dimostrare la sua innocenza. Il processo, visto il ruolo del prelato, non si svolge davanti alla Congregazione per la dottrina della fede ma viene affidato alla Segnatura apostolica.
Il decreto sarà di assoluzione, «non risultando provata con la dovuta certezza morale la configurazione dell’asserito grave delitto». Padre Geissler è oggi docente di dogmatica all’università di scienze applicate di Heiligenkreuz, un comune a trenta chilometri da Vienna.
Il reato non risulta
Se la chiesa è sorda, gli stati non lo sono da meno. Su denuncia della ex suora, due indagini per violenza sessuale sono state istruite nei confronti di padre Georg: la prima nel 2012 in Germania, archiviata perché non c’era la competenza territoriale visto che i fatti erano avvenuti a Roma, e la seconda nel 2014 in Austria, paese natale della persona denunciata, ma anche qui la procura ha interrotto il procedimento perché «il reato non è stato commesso».
«Hanno detto che si trattava di un rapporto consensuale perché lui non aveva usato la forza», commenta amara Wagner. Insomma, il prete aveva violato il voto di castità (che ovviamente non è reato) ma non aveva abusato della suora.
Padre Georg a sua volta ha poi fatto causa all’emittente Arte nel 2019 per un passaggio del documentario Religieuses abusées, in cui il suo nome veniva associato allo stupro di Doris Wagner, e ha ottenuto che la frase venisse cassata. In tribunale, i toni hanno il sapore della beffa: «Ad Amburgo, dove si svolgeva il processo contro Arte – ricorda Wagner – gli avvocati dell’emittente sostenevano che non si poteva parlare di una relazione perché il padre e io ci siamo dati sempre del “lei”, ma il tribunale ha accolto l’argomentazione dell’accusa, che sosteneva invece che il “tu” è consuetudine solo nelle relazioni amorose mondane».
La comunità l’Opera, dal canto suo, conferma che oggi padre Georg, «non avendo commesso nessun delitto, ha ricevuto altri compiti nella comunità» e – contrariamente a ciò che abbiamo visto – sostiene anche «che non è mai stato oggetto di un’indagine ecclesiastica».
Wagner, oggi sposata con un ex confratello e madre di un bambino, continua la sua lotta contro gli abusi del clero. Come teologa lavora all’università di Francoforte e l’anno scorso ha pubblicato il primo studio accademico sulle minorenni messe incinte da sacerdoti negli Stati Uniti, un campo di ricerca ancora del tutto inesplorato.
Le ragazze violentate dai preti e poi abbandonate in stato di gravidanza o costrette ad abortire sono, secondo una stima riportata dalla studiosa, dall’1 al 10 per cento di tutte le vittime minorenni di abusi clericali nel mondo.
«Senza contare le donne adulte, che sono molte di più», sottolinea Wagner. Un numero enorme di ragazze e donne sacrificate da sacerdoti che pensano soltanto a preservare la propria reputazione, con un inconcepibile disprezzo per la vita umana. La maggior parte di loro, nonostante la scomunica prevista dal diritto canonico a chiunque procuri un aborto, continua a restare al suo posto, pronta a reiterare il reato.
Gli aborti forzati delle suore
«I preti coinvolti in questi casi sono in maggioranza abusatori seriali attestati di ragazze; in molti casi, ci sono indicazioni di ulteriori gravidanze o aborti», scrive Wagner. E in Europa? «Non si riesce ad accedere ai documenti – dice la studiosa – ma in Germania nell’ultimo anno si sono aperti processi per aborti indotti da sacerdoti e le vittime hanno cominciato a parlarne pubblicamente». Forse è l’inizio di qualcosa di nuovo.
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