Aumento automatico dello stipendio, la misura belga che protegge famiglie e consumi colpisce però i ristoratori. Che non chiedono di abbassare i salari, ma una riforma dei costi del lavoro e dell’Iva
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo, disponibile sulla app di Domani e in edicola
Aumento della bolletta, fatture dei fornitori, e per chi non è proprietario delle mura anche affitto. Essere ristoratore può essere un percorso a ostacoli, per costi che sfuggono al controllo e che in Belgio sono ancora meno gestibili e prevedibili per via di una politica di adeguamento automatico dei salari che inevitabilmente si ripercuote sul saldo finale di chi cerca di fare affari. Che si offrano solo bevande, o che si abbia anche una cucina, il risultato non cambia: ci sono spese extra che possono spuntare da un momento all’altro e che gravano sull’attività.
L’indicizzazione salariale altro non è che l’adattamento al costo della vita. In pratica, più aumenta l’inflazione e più il datore di lavoro deve dare al proprio dipendente. Un meccanismo previsto per legge che si applica anche al settore HoReCa, come si chiama l’insieme di attività di ricezione alberghiera e di ristorazione, per il quale dall’1 gennaio 2024 è scattata la misura «salva-consumi» mettendo ancor più in difficoltà bar e trattorie. Il ricalcolo del salario non produce certo stipendi da nababbi, ma il costo ricade inevitabilmente sui ristoratori.
Il sistema
Il settore della ristorazione si calcola a ore e settimane. Il contratto collettivo nazionale del Belgio prevede, a seconda di grado e funzione, un salario minimo variabile dai 14,37 euro all’ora a 24,97 euro all’ora. Tariffe ritoccate in automatico dell’1,83 per cento per via dell’adeguamento automatico all’aumento del costo della vita.
Modifiche che si traducono in aumenti dai 26 ai 45 centesimi l’ora per cameriere o cuoco, a seconda della figura responsabile al buon funzionamento del ristorante. Ma il calcolo da fare, però, è sulla base dei turni di lavoro. Che ci si muova ai fornelli o che si giri tra i tavoli, che il gusto venga preparato o servito, chi vive per soddisfare palato e gusti del cliente lavora in media 38 ore a settimana in caso di contratto a tempo pieno, e non meno di 13 ore per quanti hanno invece un regime part-time.
Tutto questo vuol dire che nella migliore dei casi la politica belga volta a sostenere lavoratori e famiglie si traduce in nuovi costi extra di 3,42 euro a settimana per l’aiutante a tempo parziale di più basso rango, pari a 13,67 euro. Costo che, per chi lavora a tempo determinato, oscilla tra i 39,97 e i 69,46 euro al mese in più.
I calcoli fin qui fatti riguardano un solo dipendente, e difficilmente si potrà trovare un luogo utile a riempire stomaco e appagare desideri di bontà senza uno staff di persone addette al servizio. Per brasserie o ristoranti più grandi l’indicizzazione automatica del salario si traduce in un vero e proprio piccolo salasso di centinaia di euro di costi imprevisti, magari annunciati dalla politica, ma comunque pronti a uscir fuori da un momento all’altro, mettendo a soqquadro le strategie commerciali e riscrivendo i menù.
Ritoccare i prezzi
Nel senso del listino. Perché neppure i ristoratori sfuggono alle regole basilari di domanda e offerta. A margini di ricavi che si restringono, la politica dell’aggiustamento dei prezzi e dei conti si impone. Tradotto: i costi, anche quelli nascosti, vengono scaricati sul consumatore finale. Con tutte le ricadute e le incognite del caso.
Ritoccare troppo all’insù il costo di un primo, di un secondo, o anche solo di un caffè, rischia di infastidire il cliente, col rischio di perderlo. Ma alla fine, anche per chi fino all’ultimo cerca di non aggiornare i listini, diventa quasi inevitabile chiedere anche consumatore-cliente un piccolo extra per rientrare degli extra.
In prospettiva questi costi nascosti, nel caso di specie nel diritto belga, rischiano di ripresentarsi. Molto presto e in modo ancor più pungente per le casse dei proprietari. Nuove indicizzazioni sono previste allo scattare del 2025, per adeguamenti attesi attorno al 3,5 per cento rispetto alle remunerazioni attuali. Una situazione che inizia a far scricchiolare un sistema di diritto e di diritti. Fin qui nessuno in Belgio ha messo in discussione una misura concepita per sostenere le famiglie e aiutare a trainare la domanda interna.
Ma chi possiede un bar, una birreria o una trattoria si ritrova sempre più in difficoltà. Tanto che la federazione degli esercenti di categoria della Vallonia punta il dito proprio ai ritocchi salariali, componente troppo sostanziosa tra i rincari che incidono sull’attività, e attraverso il presidente Luc Marchal, avanza già una richiesta chiara e precisa al prossimo governo federale in corso di formazione: riformare il costo del lavoro, troppo alto.
L’Iva
«Riforma del costo del lavoro» è anche ciò che chiede il titolare di Piola Piccola, caffè letterario nel vivo quartiere del Parvis di Saint Gilles, alle prese con costi e spese divenuti insostenibili. Nel suo caso la riforma invocata e auspicata non riguarda i costi nascosti nei ricalcoli automatici dei salari, misura a suo giudizio comprensibile e giusta.
Per lui «l’Iva è il problema più grosso», che si lega alle politiche di sostegno al reddito proprie del paese. «In un mese devo pagare quattromila euro di stipendi, a cui si aggiungono duemila euro tra tasse sul lavoro e contributi sociali, a cui si aggiunge un’Iva al 21 per cento», che si traduce in 1.260 euro in più. Aumentando la base imponibile a seguito dell’indicizzazione automatica degli stipendi, l’Iva fa il resto ed ecco che i conti iniziano a non quadrare più.
Risultato: «La forbice tra introiti e spese si è accorciata tantissimo», e tirare avanti si fa sempre più complicato, nonostante un locale che, ammette, «va benissimo», è sempre frequentato. La domanda di caffè, cappuccini, bibite analcoliche, birre e anche quanto può essere offerto in termini di paste, dolci e focacce, non manca. Prodotti che lui compra con Iva al 6 per cento, ma che poi deve rivendere e dichiarare al 12 per cento o al 21 per cento, a seconda del prodotto.
C’è poco da fare, «si guadagna meno». Quanto? Nel caso di Alessandro il bilancio è in attivo, e la sua Piola Piccola nel 2023 ha saputi generare incassi utili a coprire ogni spesa, da affitto a bollette, da fornitori a dipendenti dai salari ritoccati in automatico per legge.
Ma alla fine «resta poco», confessa senza entrare in dettaglio. Certo, è consapevole di non essere solo in queste condizioni e che «la situazione vale per un po’ quasi tutti», ma anche per lui, nonostante un’attività che comunque va bene e a cui clienti non mancano, la situazione inizia a farsi più complicata. Bene l’aumento dei salari, ma allora un ripensamento dell’Iva si impone, perché le due misure insieme non sono sostenibili.
La specializzazione
Qualcuno ha già dovuto chiudere i battenti, altri a Bruxelles come nel resto del Belgio hanno dovuto cedere l’attività. Per resistere occorre reinventarsi, cancellando però portate e anche storie personali. Frédéric Niels, proprietario di Au Savoy, noto e rinomato ristorante di Bruxelles, avverte: «Si rischia di andare verso un sistema di ristoranti mono-tipo», vale a dire specializzati solo ed esclusivamente in un unico prodotto. «Si avrà chi farà solo sushi, chi proporrà solo hamburger».
La logica conseguenza è il taglio del costo del lavoro, applicato ai salari. Specializzarsi in un unico prodotto vuol dire meno cuochi, magari uno solo, e meno camerieri richiesti per mansioni minori. Del resto, spiega Niels, «il problema sta nel lordo: 100 euro netti in più in tasca al dipendente costano 250 euro al proprietario, tra costi aggiuntivi che aumentano in automatico tra assicurazione infortuni e contributi, tutti costi che hanno un impatto diretto su di noi, quando così non dovrebbe essere».
La politica del prezzo al cliente attende la politica di governo. È l’esecutivo federale che dovrebbe intervenire per rimettere mano come richiesto da proprietari e gestori di bar e ristoranti, ma, ironia della sorte, il Belgio, a distanza di cinque mesi dalle elezioni nazionali, ancora non si è saputo dotare di un nuovo primo ministro e della sua squadra di ministri. Il settore dell’Horeca deve attendere, e prepararsi ai nuovi costi nascosti nelle pieghe del diritto belga, che torneranno a manifestarsi con il nuovo anno.
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