Un altro segmento di libertà concessa ai calciatori in quanto lavoratori dello sport. Questa è la sintesi estrema che si può fare della sentenza pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea a proposito del contenzioso avviato da Lassana Diarra (ex centrocampista del Real Madrid e della nazionale francese) contro la Fifa.

Ma altrettanto sinteticamente va premesso che attribuire a questa sentenza una portata equiparabile a quella della sentenza Bosman (pronunciata il 15 dicembre 1995 dalle medesima corte) significa ingigantirne l’impatto. Nella realtà, l’influenza sulle regole che governano i trasferimenti internazionali dei calciatori sarà meno vasta di quanto si dice in queste ore. Si stabilisce infatti che il calciatore ha diritto di terminare anzitempo il vincolo con un club senza che ciò comporti il blocco della sua attività agonistica e/o l’applicazione di una sanzione per lui e il suo nuovo club.

Ma ciò non significa che, automaticamente, il rischio di sanzione sparisca. Si dovrà valutare caso per caso. E tutto ciò dovrà essere regolato da una nuova versione dell’articolo 17 del Regolamento sullo Status e i Trasferimenti dei Calciatori (RSTP nell’acronimo inglese), quello che disciplina le sanzioni per la conclusione anticipata dei contratti. Dunque, è bene andar cauti coi commenti sulle conseguenze della sentenza n. 172/24. Sicuramente essa apporta dei cambiamenti rilevanti. Ma sostenere che sconquasserà il calcio professionistico come avvenuto con la sentenza del 1995 è cosa fuori scala.

Il caso

Nel testo della sentenza l’identità del calciatore non viene svelata. Per indicarlo vengono usate due iniziali non pertinenti (BZ), al contrario di quanto avviene per i due club coinvolti nella controversia: la Lokomotiv Mosca, con cui Diarra ha rotto il vincolo ritenendo di essere coperto da giusta causa, e i belgi del Royale Charleroi, che avrebbero voluto ingaggiarlo nel 2014 ma sono stati dissuasi dalla prospettiva di pagare un pesante indennizzo al club russo.

Dopo quel passaggio il calciatore è rimasto un’intera stagione senza giocare (la 2014-15), oltre a vedersi condannare dal TAS l’obbligo di risarcire la Lokomotiv per una cifra di 10,5 milioni di euro. Da lì è partito il contenzioso legale che ha portato Diarra a contrapporsi alla Fifa e alla federcalcio belga (che ha contribuito a non far perfezionare il trasferimento al Royale Charleroi).

E proprio da un tribunale belga (la Corte d’Appello di Mons) è stata investita del caso la Corte di Giustizia Europea. Che dal canto suo, come si legge nella prima riga del testo della sentenza messo in rete nella mattinata di venerdì 4 ottobre, si è dovuta pronunciare «un’altra volta» su una questione che riguarda una federazione sportiva internazionale.

Chiaro il riferimento alle tre sentenze emesse meno di un anno fa in un solo giorno, il 23 dicembre 2023; data in cui la Corte dovette occuparsi di questioni di abuso di posizione dominante relative a Uefa-Superlega, libera circolazione dei calciatori e rapporti fra federazioni internazionali e atleti. Insomma, il mondo dello sport continua a dar molto da lavorare ai giudici della Corte che ha sede in Lussemburgo. Venendo allo specifico, stavolta a entrare nel contenzioso è la Fifa anziché l’Uefa.

Norme eccessive, non errate

Come sempre in casi del genere, la sentenza della Corte di Giustizia Europea si appunta su due questioni cruciali: la libera circolazione delle persone nello spazio comunitario e la libera concorrenza fra enti di natura economica. Due beni da sottoporre a tutela e rispetto ai quali si trattava di stabilire se le regole della Fifa fossero lesive.

Rispetto a ciò, il testo della sentenza 172/24 non mette in discussione i principi ispiratori delle regole Fifa, ma piuttosto si sofferma sull’eccesso di misura delle loro sanzioni. Viene riconosciuto la legittimità di garantire «la regolarità delle competizioni sportive», che nel caso di uno sport come il calcio passa anche per «la composizione delle squadre» e la «durata dei relativi contratti». Ma queste regole «sembrano andare oltre quanto necessario per raggiungere tale obiettivo».

Dunque, si tratta di una questione di misura, allo stesso modo in cui è una questione di misura la durata dei contratti che per il calciatore può diventare elemento costrittivo troppo grande. Inoltre, l’utilizzo di quel «sembrano» si presenta come il riflesso di un linguaggio improntato a cautela, molto meno perentorio di quanto usato nelle precedenti sentenze della Corte in materia di sport.

Più netto si fa il tono quando il discorso si sposta sui termini generali della libera concorrenza e della libera circolazione dei lavoratori sul territorio comunitario. Ma rimane l’impressione di una sentenza molto meno decisionista di quanto ci si potesse aspettare.

La Fifa? Di gomma

Non è un caso che dalla Fifa siano giunte reazioni minimizzatorie. La confederazione mondiale del calcio è fatta di gomma, esattamente come il suo presidente Gianni Infantino.

In questo senso, è curioso che molti articoli apparsi sui siti nella giornata di venerdì 4 ottobre, a commento della sentenza, si siano affrettati a precisare che la controversia legale avviata da Diarra origini da un periodo antecedente l’elezione di Infantino. Come a dire che si tratta di una rogna ereditata, di cui questa presidenza illuminata dovrà riparare le conseguenze.

Il commento esternato dalla Fifa è che la sentenza tocca soltanto “due paragrafi di due articoli”. Una reazione esageratamente minimal, allo stesso modo in cui è radicale la visione di chi sostiene che, dopo questa sentenza, il mondo del calcio cambi completamente. Di sicuro c’è che a Zurigo si sforzano di non mostrarsi preoccupati.

Fra l’altro, se dipendesse da Infantino il mercato dei calciatori potrebbe andar via brado, nelle condizioni dell’anarchia più un gendarme. Nelle ore che precedevano la sentenza Diarra, la Fifa si è inventata una micro-finestra di calciomercato internazionale per la prima decade di giugno 2025. Lo scopo è andare incontro alle esigenze delle società che disputeranno il mondiale Fifa per club, la prossima estate. Nei fatti è un’ulteriore occasione per far correre il denaro. Concorrenza e libera circolazione, oh yes.

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