Come la macchina di C’était un rendez vous, cortometraggio del regista francese Claude Lelouch, anche il calciatore del Paris Saint-Germain ha bruciato difensori e aree di rigore, record e tappe. Ora insegue la sua finale di Champions e il Pallone d’oro, avendo già avuto tutto il resto
Nove minuti di un unico piano sequenza di guida ad alta velocità per le strade di Parigi, C’était un rendez vous, un singolare e bellissimo cortometraggio girato da Claude Lelouch. Niente racconta meglio Kylian Mbappé e la sua vertiginosa vita calcistica. Come la macchina del regista francese brucia i semafori – rossi o verdi che siano – così in questi anni il corpo di Mbappé ha bruciato difensori e aree di rigore, record e tappe. Tanto che ora – con il tramonto di Lionel Messi, Cristiano Ronaldo e Neymar – dall’alto dei suoi venticinque anni è il più vecchio fenomeno della Champions League.
Nessuno è come Mbappé: è evidente che è il calciatore più vicino a Pelé apparso su un campo di calcio. Intorno ci sono Yamal (16 anni), Vinícius (23), Bellingham (20), Foden (23) e Haaland (23) a insidiarlo, ma lui, nonostante i numerosi dissidi con Luis Enrique, continua a correre come quella Mercedes che Lelouch fa girare a tutta velocità per le strade di Parigi.
Nonostante Pep Guardiola abbia detto che Haaland sia l’attaccante più forte del mondo, difendendolo da alcune polemiche tutte inglesi, è evidente che Mbappé è avanti a tutti e corre, corre, corre e segna e dribbla e crossa continuando a bruciare gli incroci, cercando di arrivare all’appuntamento con la Champions League e il Pallone d’Oro. Perché come tutti i grandi giocatori controlla il tempo, sa quando accelerare e staccarsi. E anche se sta per lasciare Parigi, e quindi quella corsa per le strade di Parigi filmata da Lelouch sta per diventare la corsa per le strade di Madrid, ancora tutta da filmare.
Destinazione Real
L’anno prossimo Mbappé sarà al Real Madrid e questa volta nemmeno il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, riuscirà a fermarlo. Il fenomeno si dislocherà dalla repubblica alla monarchia, dove il re (del calcio, s’intende) è Florentino Pérez che sta per realizzare l’ennesimo – costosissimo – sogno calcistico della sua vita.
Ognuno ha la sua corsa, tanto che poi quel corto, Claude Lelouch l’ha utilizzato all’interno di uno dei suoi ultimi film, Les plus belles années d’une vie, dove un vecchio Jean-Louis Trintignant – nella sua ultima interpretazione – è un pilota che ha perso di vista tutto, tranne quella corsa e la donna che più ha amato nella vita, senza riuscire a trattenerla, e, proprio come Kylian Mbappé, sa tenere sotto controllo il tempo, tanto che ha sempre una sveglia con sé, per programmare evasioni.
Il pilota Mbappé insegue la sua finale di Champions e il Pallone d’oro, avendo già avuto tutto il resto. Ha già vinto e perso un mondiale in finale, ha anche già perso una finale di Champions League, e perso il conto dei campionati francesi vinti, dei gol fatti, dei dribbling portati a termine, anche se intorno c’è chi vive per contarli, la sua corsa non è per i numeri, ma per l’assoluto.
È sopravvissuto al malocchio gettato e poi ritrattato da Paul Pogba – accusato dal fratello di aver pagato un marabout per inficiare la corsa di Mbappé –, alle sconfitte, agli allenatori, alle critiche e ora alla prossima fuga. Perché è già oltre. Lo è sempre stato, fin da quando era ragazzino, e già correva come la Mercedes di Lelouch. Perché Mbappé è il campione certo. Quello che corre e non smette di farlo.
Un passo avanti
Fin quando c’era Usain Bolt sui giornali francesi si scriveva che Mbappé fosse Bolt col pallone, poi sull’Equipe, Teddy Tamgho, ex campione del mondo nel salto triplo, disse: «La sua corsa è equiparabile a quella di un piccolo canguro: è come se rimbalzasse sul campo, è quel rimbalzo che determina la sua incredibile rapidità». Mbappé sembra rappresentare l’evoluzione muscolare e tecnica del calcio, quelli che gli corrono dietro non sono ancora la loro evoluzione, nel caso di Haaland – mancano di dribbling e costruzione – mentre gli altri da Yamal a Foden, da Vinicius a Bellingham appaiono come Mbappé che verranno, anche se non correranno mai come lui.
Per quanto si affilino atleticamente rimarranno sempre un passo dietro. Perché poi oltre la corsa di Mbappé – come accade a quella dell’auto di Lelouch – c’è la trama, ci sono i film, cioè le partite da protagonista, come l’ultima finale mondiale a Doha dove pareva che potesse inficiare la profezia maradoniana e intossicare gli ultimi sforzi possibili dell’ex compagno di squadra al Paris Saint-Germain: Lionel Messi.
Perché Mbappé è e rimane un valore assoluto capace di prescindere dagli schemi, di ignorare la tattica, quando tutto salta c’è comunque Mbappé. Si può mettere in discussione tutto, tranne Mbappé, è questa la lezione lasciata da Didier Deschamps durante l’ultima interminabile finale mondiale, portata sui rigori grazie alla corsa e ai gol del padrone dell’attuale tempo calcistico. Kylian non si arrende mai. E segna quattro gol in una finale mondiale. Dopo si è per forza veterani di tutto. Perché quattro gol in una finale mondiale sono il tempo che si dilata, come si sono dilatate le speranza dei francesi trascinate dal nulla ai rigori.
Nemmeno a Zinedine Zidane era riuscita una cosa del genere. Ma Mbappé l’ha fatta senza scomporsi, senza sudare, come se fosse una corsa in auto all’alba per le strade di Parigi, appunto. Perché è già vecchio, è già saggio. Ogni volta che gioca sembra di rivedere la stanza finale di 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick: il vecchio e il giovane, l’uomo e il bambino, intorno il tempo sfilacciato, i campi calpestati, i palloni indirizzati negli angoli, sono il calcio passato, presente e futuro, quello degli umani, per l’altro: c’era, c’è e ci sarà Maradona. E forse tutto questo non basterà per realizzare il sogno nemmeno quest’anno.
Serve un miracolo
A meno di un miracolo Mbappé. Il veterano non solo dovrà tenere a bada i giovani e le loro squadre che gli assediano la Champions League, ma anche trascinare la sua squadra, nell’anno che appare più debole, o forse meno affidata a lui. Forse la sua corsa parigina è stata tutta una corsa intorno alla Champions sapendo che per averla sarebbe dovuto andare altrove: Spagna, Inghilterra, Germania.
L’unica volta che è stata vinta da una squadra francese, il miracolo lo fece Bernard Tapie a Marsiglia con l’Olympique nel 1993, niente a che vedere con Parigi. Tutta la folle corsa di Mbappé, per ora, non è servita se non alla Francia, tanto che è uno dei suoi monumenti. Ma lui vuole altro, per questo continua a correre e dribblare. Per questo ha scelto di uscire dalle strade parigine, di portarsi altrove.
Anche Claude Lelouch ha rigirato un cortometraggio con una corsa su strade diverse, Le Grand Rendez-Vous, è andato a Montecarlo, ha messo una telecamera sulla Ferrari SF90 – paragonabile al Real Madrid –, e ha fatto correre Charles Leclerc, ma il risultato non è selvaggio come il primo cortometraggio, si sente che c’è una costruzione, la corsa è meno corsa, troppo supportata persino da Alberto di Monaco che poi sale in auto. Quella corsa all’alba per le strade di Parigi rimane unica. È questo il rischio che corre Kylian Mbappé, il calciatore che ha già visto tutto, ma non gli può bastare.
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