Finirà lunedì l’occupazione: dopo cinque giorni di attività decise dai ragazzi, ci sarà una settimana di cogestione e spazi ridotti per le lezioni frontali. Una soluzione che soddisfa tutti, voluta dalla preside Rosa Palmiero: «I temi sollevati sono condivisibili, ma va ripensato il modo di protestare». Le voci di studenti e genitori davanti alla scuola dell’Esquilino
Una scuola occupata e una preside che tende la mano agli studenti, mettendo da parte la linea dura e cercando un dialogo con loro. Una trattativa in salita che si risolve con un lieto fine: da lunedì 11 novembre stop all’occupazione e una settimana di autogestione aperta a tutti, seguita da forme di didattica innovativa – non solo frontale – in cui gli studenti propongono i temi e gli insegnanti fanno da facilitatori. È l’epilogo felice, non così comune, dell’occupazione del liceo classico Pilo Albertelli, tra il rione Monti e l’Esquilino, in centro a Roma.
Qui nella notte di mercoledì 6 novembre gli studenti hanno occupato «contro il governo Meloni e a sostegno di Gaza», dando il via alla stagione delle occupazioni che ogni anno caratterizzano l’autunno romano. La protesta è stata segnata dai particolari rapporti con la dirigente dell’istituto, Rosa Palmiero, che sabato mattina ha chiamato a raccolta studenti e genitori contrari all’occupazione. La nuova preside è aperta alle istanze degli studenti e ha proposto una mediazione che alla fine è stata accettata. E che rende tutti un po’ vincitori.
Un’azione politica
L’occupazione della scuola, a due passi dalla basilica di Santa Maria Maggiore, è cominciata pochi giorni fa, quando un piccolo gruppo di studenti ha transennato l’edificio. I ragazzi hanno occupato in opposizione al governo Meloni (contro il ddl Sicurezza, che «reprime il dissenso») e alle politiche del ministro Giuseppe Valditara, accusato di volere una «scuola gabbia»: di qui la protesta contro la riforma del voto in condotta, «ennesima arma ai presidi per reprimere gli studenti», e contro «un’educazione civica che insegna nazionalismo e cultura d’impresa», racconta a Domani Lorenzo, uno dei giovani che hanno occupato.
Nel manifesto che spiega l’occupazione ci sono poi argomenti a favore della «Palestina libera» e critiche a quella che viene definita come «l’escalation di Israele»: «La nostra scuola sia la prima a condannare il genocidio in corso», ha detto un’attivista di Osa Roma (Opposizione studentesca d’alternativa), il cui volantino unisce in un’unica foto, sotto lo slogan «Contro di voi e la vostra scuola», i volti di Meloni, Valditara e Anna Maria Bernini, quello di Elly Schlein, e l’immagine di Trump, Harris ed Elon Musk.
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Incontri, corsi e musica
Primo promotore della protesta è il collettivo studentesco Metamorfosi, che si definisce «antifascista, antisessista, antimacista e antirazzista». Secondo i suoi componenti sono circa 150, sui 600 studenti dell’istituto, gli alunni che stanno occupando la scuola, dove si entra solo presentando un documento e con un «garante interno». Inizialmente i ragazzi volevano occupare il liceo per sette giorni di incontri e dibattiti, oltre a musica e attività ricreative.
Giovedì hanno ospitato Nicola Fratoianni, leader di Alleanza verdi e sinistra, per parlare del ddl Sicurezza. Poi, dalle 16.30 alle 18.30, c’è stato il corso di «autodifesa per piskelle», seguito dalla proiezione di una partita di Europa League. Venerdì è stato invece il turno dei corsi «Cos’è la cannabis» e «Disparità di genere e delitto d’onore» e di un incontro con il Movimento studenti palestinesi. In serata il torneo di pallavolo e l’evento «rock in Pilo» con la partecipazione del cantautore Rondine, neodiplomato al liceo Albertelli e iscritto al primo anno di economia alla Luiss.
L’autogestione è meglio
In una nota gli studenti hanno ringraziato la preside, arrivata da poco alla guida dell’istituto, che li ha incontrati e con cui i rapporti sono molto buoni: «È un’occupazione politica vecchio stampo, non legata a problemi specifici della nostra scuola né contro la dirigenza scolastica. Riconosciamo anzi, nel poco tempo passato finora, un miglioramento del dialogo tra dirigente e studenti». Palmiero, in effetti, invita a riflettere sulle istanze degli alunni: «Molte sono assolutamente condivisibili e bisogna uscire dall’ottica della repressione», dice a Domani.
Nei giorni scorsi la dirigente ha aperto una trattativa per trasformare l’occupazione illegale in una contestazione legittima. Una mediazione che suonava così: fate autogestione (o, meglio, facciamo cogestione), con incontri e dibattiti con ospiti esterni, ma ponete fine all’occupazione. «Le istanze vanno declinate in assemblee permanenti, autogestioni partecipate, incontri con politici, giuristi ed esperti. Azioni che rivendichino quei temi non solo nella stagione autunnale», spiega Palmiero.
«Ma protrarre ancora l’occupazione, cioè la chiusura in un luogo fisico per pochi intimi, non ha senso se non quello di interrompere un pubblico servizio. Così il desiderio di partecipazione diventa atto di imperio di una piccola parte su tutti», prosegue la preside. «Anche perché lo studio per alcuni è vitale, per altri molto meno: ci sono ragazzi più fragili, per cui ogni giorno di scuola perso si fa sentire, e alunni disabili che adesso sono tagliati fuori. Non tutti si possono permettere il lusso di tante interruzioni».
Davanti alla scuola
All’incontro di sabato mattina davanti al liceo Albertelli, intitolato a un professore ucciso nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, c’erano circa 200 persone. Tra loro gli insegnanti e il personale Ata che la preside ha precettato. Pochi erano gli studenti non impegnati nell’occupazione: «Hanno amici e compagni di classe dentro la scuola, non li vogliono “tradire”. Anche se mia figlia vorrebbe tornare in classe, non vuole mettersi contro chi sta occupando», racconta il padre di una ragazza del primo anno che ha preferito restare a casa.
«C’è un momento per chiudere e uno per aprire, non dovete restare rigidi nelle vostre posizioni», dice Palmiero a due occupanti usciti fuori, per trattare a nome di tutti. «Non è giusto che la preside abbia precettato i professori, obbligandoli a venire qui contro di noi», lamenta però Anita, che fa parte del collettivo Metamorfosi. A lei si aggiunge un gruppetto di padri più defilato, non contro ma a favore di chi occupa: «Quando si fa una lotta i metodi li decide chi la lotta la fa. Anche attività come questa, magari al limite, sono utili a imparare qualcosa».
La didattica orizzontale
A metà giornata si è arrivati a un compromesso che non scontenta quasi nessuno: la preside ottiene lo stop all’occupazione e il ritorno del personale a scuola, i genitori possono rimandare i figli in classe e gli occupanti avranno momenti di autogestione «permanente». Lunedì i ragazzi continueranno le attività previste, ma saranno ammessi gli amministrativi e due collaboratori scolastici; in serata porranno fine all’occupazione e martedì sarà il giorno delle operazioni di disinfestazione, dato che i giovani hanno passato anche le notti all’interno.
Mercoledì il personale, docente e non docente, tornerà nell’istituto, mentre le attività programmate dai ragazzi continueranno fino a venerdì nella forma dell’autogestione autorizzata. Dalla settimana successiva riprenderanno invece le lezioni normali, ma inizierà anche una fase di sperimentazione in cui gli studenti proporranno i temi da trattare in classe e i docenti li supporteranno. La strada è ancora tutta da tracciare, anche con verifiche e aggiustamenti periodici. In ogni caso, nelle intenzioni di tutti, sarà un modo per esplorare una nuova via oltre la didattica frontale.
La soluzione non soddisfa alcuni genitori: «Vabbè ho capito, non si torna a fare vera scuola. Capisco che tutto sia formativo ma ci sono anche lo studio e le nozioni. I ragazzi non possono restare indietro con il programma», dice la madre di un 18enne prossimo alla maturità. E qualche malumore sulla linea di Palmiero è filtrato dall’Associazione nazionale presidi. Solo poche settimane fa il presidente della sezione del Lazio, Mario Rusconi, si era espresso contro il «trito, stanco rito romano che interrompe un servizio come la scuola, occupando e devastando i locali».
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