Sull’insostenibilità dei modelli consumistici promossi dagli operatori del commercio elettronico, primi tra questi Amazon, dal punto di vista delle condizioni di lavoro dei dipendenti e delle strategie di mercato, esiste un’ampia documentazione. Ultima quella nel procedimento sanzionatorio dell’Antitrust italiano. Poco si sa invece sull’impatto territoriale della rete distributiva di questa forma di commercio.

L’Italia è il paese nel quale Amazon è cresciuta di più in Europa, con 46 centri, tra smistamento e distribuzione. Di Amazon è il primo grande magazzino aperto in Italia, nel 2011, in provincia di Piacenza, su una superficie che ha raggiunto i 100mila metri quadrati.

La conquista del Veneto

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Dal 2019 Amazon si sta espandendo soprattutto in Veneto con la localizzazione di grandi centri di distribuzione che servono il nord est e di centri di smistamento prossimi alle aree urbane per rafforzare e accelerare il servizio di consegna degli ordini “dell’ultimo miglio”.

Condizione, quest’ultima, introdotta nel 2005 con la creazione del servizio Prime – che offre ai clienti abbonati consegne rapide e gratuite – cui ha fatto seguito un aumento dei centri logistici dell’azienda.

Il caso del Veneto è significativo perché è la regione nella quale negli ultimi tre anni, si è registrata la più alta incidenza a livello nazionale del suolo consumato per attività logistiche: c’è un grande centro di distribuzione in provincia di Rovigo ed è in corso di perfezionamento la controversa procedura per l’apertura di una struttura in provincia di Treviso.

Governo senza prospettiva

Amazon si espande grazie alle falle di un “federalismo urbanistico” eccessivamente differenziato e all’inadeguatezza delle politiche di governo del territorio.

I centri logistici degli operatori dell’e-commerce vengono ancora assimilati alle imprese produttive e chiamati impropriamente fabbriche – come si evince da valutazioni ambientali strategiche presentate per l’insediamento di queste piattaforme – nonostante la registrazione ufficiale di questa attività sia nel settore dei servizi logistici relativi alla distribuzione delle merci.

In assenza di una regolamentazione nazionale, sulla materia hanno iniziato a esprimersi i giudici amministrativi di primo grado che, in alcune sentenze, hanno assimilato le attività logistiche che partecipano di caratteristiche proprie delle attività commerciali non più a quelle “produttive e industriali” bensì a quelle commerciali.

Per i comuni il riconoscimento della nuova natura dei centri logistici ha implicazioni sulla determinazione della fiscalità urbanistica e sugli oneri concessori (oneri di urbanizzazione, dotazione di aree per attrezzature collettive, interventi di mitigazione del traffico pesante indotto).

L’espansione della rete di magazzini di Amazon in Veneto continua a essere possibile grazie alla totale assenza di linee guida a livello territoriale in grado di orientarne la localizzazione.

L’asservimento del territorio 

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La scarsa attitudine dell’istituzione deputata al governo del territorio verso la programmazione, la costruzione di scenari e i dispositivi di regolazione è dimostrata sia dal continuo ricorso a provvedimenti derogatori, sia dalla debolezza dei contenuti degli strumenti di pianificazione sovraordinati.

Dopo l’approvazione del piano territoriale di coordinamento e del piano dei trasporti, il consiglio regionale del Veneto ha considerato non necessario redarre un piano della logistica, pur riconoscendo che alla dispersione insediativa ha fatto seguito la polverizzazione delle attività della logistica e del trasporto merci. Esemplare è la presa d’atto di una “carenza informativa rilevante” sul settore, in un territorio particolarmente interessato “dall’inarrestabile fenomeno dell’e-commerce”.

La necessità di rilevare la presenza sul territorio delle varie tipologie di piattaforme logistiche viene ravvisata solo dopo aver dato l’assenso all’insediamento di queste strutture e comunque non per disciplinarne gli interventi di livello sovracomunale e coordinare l’attuazione delle previsioni dei piani urbanistici.

I centri di distribuzione del commercio elettronico continuano a essere inquadrati nell’àmbito della funzione produttiva o industriale, per la quale si applica la procedura dello sportello unico per le attività produttive, e la loro “regolamentazione” è demandata ai singoli comuni. E su questi ultimi si esercita la pressione di società immobiliari, estrattrici di rilevanti rendite dalle aree limitrofe alle principali infrastrutture viarie e ai numerosi nodi della rete di trasporto, e viene spostata la gestione dei conflitti che gli impatti territoriali di queste attività determinano.

Le agevolazioni ai grandi magazzini

(Stefan Puchner/picture-alliance/dpa/AP Images)

Le strategie di questi operatori in Veneto sono facilitate dal ricorso al procedimento urbanistico semplificato che consente non solo di attuare interventi in difformità dallo strumento urbanistico, ma anche di derogare al consumo di suolo: la superficie interessata dalle grandi piattaforme non viene computata come suolo consumato.

Ciò vanifica anche la funzione della valutazione ambientale strategica – che integra considerazioni di natura ambientale nei programmi di sviluppo – essendo esclusa dalla valutazione la trasformazione del suolo.

Per i centri di distribuzione si tratta di superfici rilevanti: da più di 200mila metri quadrati del centro Amazon di Castelguglielmo-San Bellino, in provincia di Rovigo, ai 130mila del centro logistico di Zalando di Nogarole Rocca, in provincia di Verona, ai 231mila richiesti per l’insediamento di un centro Amazon a Roncade, in provincia di Treviso, in alternativa a un’area precedentemente individuata a Casale sul Sile, per la realizzazione del maggior polo logistico del nord est.

In attesa che il governo regionale assuma consapevolezza del grave livello di degrado del territorio e di consumo di suolo che ha consentito, al mutamento dell’uso del suolo in corso si oppongono solo uno sparuto numero di sindaci e diverse associazioni di cittadini. Mentre i sindacati danno priorità alle promesse occupazionali paventate dalle aziende.

Le indagini sugli impatti di alcuni centri della rete di Amazon, realizzati prevalentemente nel Veneto, hanno reso evidente che, alla fine del 2020, il saldo occupazionale tra assunzioni dell’apertura delle attività e cessazioni consiste nel 30,3 per cento di posti di lavoro confermati, la forma contrattuale prevalente è il lavoro somministrato (75 per cento), la tipologia contrattuale dominante quella flessibile (82 per cento) e l’incidenza del personale non qualificato o poco qualificato è il 75,8 per cento. Questa è la prospettiva di lavoro offerta alle nuove generazioni.

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