- La società foggiana, la mafia spietata che controlla Foggia e provincia, porta la faida nel Lazio a Nettuno dove si è consumato un tentato duplice omicidio.
- Lo fa mostrando il suo tratto distintivo: la violenza. «La lupara bianca a Foggia e sul Gargano è stata molto usata nelle faide. Da noi nel foggiano si sotterravano nelle campagne, sul Gargano le persone sono state buttate nelle grotte di profondità. Una cosa che si è sempre detta è che alcuni sono stati dati in pasto ai maiali, ma prima bruciavano i capelli perché gli animali non li mangiavano», dice l’ex killer pentito.
- La società foggiana, negli ultimi anni, ha colpito anche giovanissimi e bambini, raggiunti dai proiettili durante gli agguati contro i rivali.
La società foggiana, la mafia spietata che controlla Foggia e provincia, porta la faida nel Lazio a Nettuno dove si è consumato un tentato duplice omicidio. Lo fa mostrando il suo tratto distintivo: la violenza. Non ha alcuna pietà e colpisce bambini e giovanissimi estranei a logiche criminali.
«Quando è iniziata la faida, noi della batteria Sinesi eravamo i più cattivi. Ci dividemmo perché volevano imporci il pizzo sui proventi delle rapine, da lì nasce lo scontro», racconta un ex killer, oggi collaboratore di giustizia che ci aiuta a tratteggiare profili e affari delle famiglie in conflitto.
I sicari sparano senza alcuno scrupolo come è accaduto nell’agguato che ha portato al ferimento del boss Antonello Francavilla e del figlio, un ragazzo di 16 anni. Il criminale, si tratta di un solo soggetto, ha suonato al citofono fingendosi poliziotto, ha prima sparato al padre e poi ha raggiunto il giovane che si era inutilmente rifugiato in bagno. Ora è in fin di vita, ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma mentre il padre dopo l’iniziale miglioramento versa in condizioni critiche. L’agguato potrebbe essere nato nell’ambiente carcerario e il sicario potrebbe essere non foggiano, ma arrivato a Nettuno per ‘fare un favore’ a un clan alleato.
Il boss libero
Antonello Francavilla, genero del boss Roberto Sinesi, stava scontando i domiciliari per una condanna non definitiva per estorsione nella città laziale.
Tra gli altri uomini della mala in libertà ci sono i figli del boss Federico Trisciuoglio, ma anche Fabio Tizzano, legato ai Moretti che si trova anche lui ai domiciliari. Le batterie che si fanno la guerra sono tre: i Sinesi-Francavilla, i Moretti-Pellegrino-Lanza e i Trisciuoglio. Sinesi e Moretti un tempo erano alleati. Poi le strade si sono divise per una richiesta estorsiva sulle rapine effettuate e sgarbi reciproci. Erano gli anni Ottanta quando eroina ed estorsioni hanno riempito le casse della società foggiana che nonostante agguati e uccisioni mantiene una cassa comune.
«I capi non si arrenderanno mai, qualcuno ha mandato fuori a dire che bisogna fare casino, le colpe non devono cadere solo sui vertici. Infatti gli omicidi, le bombe non si sono fermate», racconta l’ex killer oggi pentito.
Poi piano piano si sono infiltrati nell’economia con imprenditori sotto scacco e altri che hanno preferito diventare organici grazie anche al rapporto con la pubblica amministrazione e la politica.
«Abbiamo messo le mani su tutto, la gestione delle case popolari, sugli ospedali, sulle onoranze funebri, noi avevamo il controllo su ogni cosa. Io avevo una ditta ed ero riuscito a entrare nel sistema degli appalti pubblici, ma spesso noi non eseguivamo i lavori, prendevamo solo soldi. I costi raddoppiavano e noi guadagnavamo. Ci siamo presi tutto, abbiamo cominciato a imporre il pizzo a tappeto e chi non pagava moriva. Ci servivano i soldi per pagare gli avvocati che arrivano da Milano», dice l’ex killer oggi pentito.
Negli ultimi tre anni sono stati sciolti per condizionamento malativoso. Monte Sant’Angelo, Mattinata (comuni non distanti dal litorale dove comanda l’altra mafia, quella dei montanari), ma anche Manfredonia, Cerignola e proprio Foggia, ancora “governata” da una commissione straordinaria.
Come le altre organizzazioni criminali anche la società foggiana spara a ragazzi e a bambini, ma è l’ultima a riempire le cronache con giovani vite a rischio a causa di una faida interminabile. Nel 2016 Roberto Sinesi era in auto con la figlia e con il nipotino, figlio di Antonello Francavilla. Due sicari si sono avvicinati e hanno iniziato a sparare, hanno colpito il boss e il bambino di quattro anni. Entrambi sono stati feriti gravemente, ma si sono salvati. All’attentato hanno risposto i Sinesi con l’agguato ai figli del boss Trisciuglio e poi l’uccisione di Roberto Tizzano dell’altra batteria rivale.
Proiettili contro i bambini
Ma nelle sparatorie sono stati spesso coinvolti i bambini. Solo nel luglio scorso sono stati feriti in due agguati altri due bimbi di 12 e sei anni. Mentre l’Italia festeggiava la vittoria agli Europei di calcio, i proiettili della mala locale, a San Severo, hanno raggiunto un pregiudicato uccidendolo e ferendo il nipote di sei anni. Non potrà più camminare, dicono i medici. A San Severo ci sono altre famiglie criminali legate alle batterie foggiane.
In cinque anni tre bambini e un ragazzino sono stati colpiti dai proiettili della mala foggiana. Non ci sono solo quelli raggiunti dai colpi d’arma da fuoco, ma anche quelli che sono scomparsi perché presumibilmente vittima di lupara bianca, morti ammazzati i cui corpi non si trovano più. Nel 2009 è scomparso a Monte Sant’Angelo Alessandro Ciavarella, aveva 16 anni. Non è mai stato trovato. Stessa sorte è toccata a Francesco Armiento, neanche trentenne, che nel 2016 è scomparso da Mattinata. La madre Luisa Lapomarda cerca ancora verità e giustizia.
«La lupara bianca a Foggia e sul Gargano è stata molto usata. Da noi nel foggiano si sotterravano nelle campagne, sul Gargano le persone sono state buttate nelle grotte di profondità. Una cosa che si è sempre detta è che alcuni sono stati dati in pasto ai maiali, ma prima bruciavano i capelli perché gli animali non li mangiavano», dice l’ex killer pentito.
In una manifestazione antimafia, svoltasi a Foggia nel 2020, i bambini che sfilavano portavano in mano uno striscione che recitava così: «Siamo tutti contro la mafia, la mafia a Foggia è pericolosa e non si può più vivere così, ne va del nostro futuro». Ma nessuno li ha ascoltati.
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