- Aveva le imprese interdette per rapporti con le organizzazioni criminali mafiose, ma Giuseppe Borrelli, imprenditore calabrese, continuava a fare incetta di appalti fino all’anno 2020, con il comune di Roma, la municipalizzata Acea, l’azienda comunale Ater che si occupa di alloggi pubblici.
- Il dato emerge dal decreto di sequestro emesso dal tribunale di Catanzaro su proposta della locale procura e della divisione anticrimine della questura cosentina.
- Sono finiti sotto sigillo beni per un valore di 22 milioni di euro. Tra questi beni ci sono immobili, fabbricati, esercizi commerciali, macchinari, veicoli industriali, automezzi, auto da corsa e una villa di circa 400 metri quadrati con annesso opificio, intestati a Borrelli e novanta rapporti finanziari.
Aveva le imprese interdette per rapporti con le organizzazioni criminali mafiose, ma Giuseppe Borrelli, imprenditore calabrese, continuava a fare incetta di appalti fino all’anno 2020, con il comune di Roma, la municipalizzata Acea, l’azienda comunale Ater che si occupa di alloggi pubblici.
Il dato emerge dal decreto di sequestro emesso dal tribunale di Catanzaro su proposta della locale procura e della divisione anticrimine della questura cosentina. Sono finiti sotto sigillo beni per un valore di 22 milioni di euro. Tra questi beni ci sono immobili, fabbricati, esercizi commerciali, macchinari, veicoli industriali, automezzi, auto da corsa e una villa di circa 400 metri quadrati con annesso opificio, intestati a Borrelli e novanta rapporti finanziari.
I beni erano intestati anche a suoi familiari, nonostante una complessiva situazione reddituale di natura modesta o addirittura inadeguata anche al semplice soddisfacimento delle primarie esigenze quotidiane. Una sproporzione evidente tra quanto dichiarato e le ricchezze realmente accumulate e riferibili a Borrelli per il quale è stata chiesta anche l’applicazione della sorveglianza speciale per cinque anni.
Gli appalti in comune
Sono finite sotto sequestro anche undici partecipazioni societarie. Le aziende dove Borrelli aveva messo le mani si occupavano dei settori più disparati: produzione di birre artigianali, torrefazione e commercializzazione di caffè, costruzione di edifici residenziali, ma anche raccolta, stoccaggio e smaltimento di rifiuti. Proprio con la ditta Ecoter ha fatto incetta di appalti a Roma con il comune e le municipalizzate eppure altre imprese di Borrelli, già nel 2016, erano state colpite in Calabria da interdittiva antimafia.
Il meccanismo di occultamento della titolarità dell’azienda buca facilmente i sistemi di controllo nel Lazio. Nel 2018 si aggiudica un appalto da un milione e mezzo con il comune di Roma, ma è solo l’inizio perché fino al 2020 sono almeno una decina i rapporti economici che instaura con le aziende comunali. Ora il suo impero è finito sotto sequestro in attesa dei prossimi gradi di giudizio che dovranno confermare o annullare i provvedimenti disposti dal tribunale calabrese. Già il prossimo 20 giugno, i giudici dovranno discutere sulla proposta di applicazione della sorveglianza speciale per cinque anni.
L’amico di ‘ndrangheta
Borrelli viene ritenuto dagli inquirenti pericoloso socialmente «quale personaggio legato alla criminalità organizzata locale e uomo di fiducia della famiglia Forastefano». I Forastefano sono una cosca di ‘ndrangheta che opera prevalentemente nel territorio di Cassano allo Jonio e nella piana di Sibari «ma che, attraverso soggetti come il proposto, mirano ad estendere la loro contaminazione nel tessuto economico ed imprenditoriale di altre regioni», scrivono gli investigatori.
I Forastefano hanno perso la guerra di ‘ndrangheta combattuta contro il clan Abbruzzese, ma dopo la resa hanno continuato a operare dopo aver firmato una pax mafiosa per dividersi gli affari con i rivali, come emerso dall’inchiesta ‘Kossa’, eseguita lo scorso anno.
I rapporti tra Borrelli e la cosca si cementano con la relazione sentimentale che stringe l’imprenditore con la sorella del capo cosca Antonio Forastefano, deceduto nel 1999 a seguito di agguato di mafia, cosca attualmente guidata dai fratelli Leonardo e Domenico Forastefano.
«Dagli atti dell'operazione Omnia, e in particolare dalle dichiarazioni dei collaboratori Bruno Adamo, Falbo Domenico e Cariati Alfio, emerge il ruolo di referente e intermediario della cosca ricoperto dal Borrelli nei rapporti con le realtà imprenditoriali interessate ad investire sul territorio controllato dai Forastefano (...) in particolare, emerge che il clan Forastefano imponeva, per il tramite dello stesso Faillace Francesco, l'approvvigionamento di cemento presso la cava del Borrelli», si legge nel decreto firmato dai giudici Mario Santoemma, Arianna Roccia e Sara Merlini.
Quando si interrompe la relazione con la sorella del boss, Borrelli incassa due interdittive antimafia e trasferisce attività e affari a Roma. È il 2016, ma quello che non può fare in Calabria inizia a farlo comodamente nel Lazio iniziando ad aggiudicarsi commesse con il comune di Roma fino al 2020.
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