- L’idillio è finito per una frase di appena 8 parole: «Quella è la città dove è nata Cosa nostra», il dito ad indicare, dall’alto della montagna che la sovrasta, Trapani, dall’inconfondibile forma di falce.
- Non è la prima volta che Trapani ha difficoltà ad ammettere il suo rapporto con la mafia. “La mafia a Trapani non c’è” oppure “Meglio non parlare di mafia” sono espressioni che hanno ripetuto diversi sindaci.
- E pensare che non solo Trapani, ma anche San Vito Lo Capo e la stessa Makari, frazione che dà il nome alla fiction, sono molto legati alla storia e agli affari di Cosa nostra.
L’idillio è finito per una frase di appena 8 parole: «Quella è la città dove è nata Cosa nostra», il dito ad indicare, dall’alto della montagna che la sovrasta, Trapani, dall’inconfondibile forma di falce.
Non l’avessero mai detto. È finita così la storia d’amore tra la popolazione della provincia di Trapani e la serie “Makari”, che va in onda su Rai uno ed è tratta dai romanzi di Gaetano Savatteri che hanno per protagonista Saverio Lamanna.
La serie è ambientata nei luoghi più suggestivi della Sicilia occidentale. Una grande vetrina pubblicitaria, come sottolineano i sindaci ad ogni puntata della fiction. Tanto che il Consorzio Turistico della Provincia ha anche finanziato la produzione con 20mila euro. Fino alla frase fatale, che ha fatto salire l’indignazione.
C’è chi parla di “rabbia”, chi annuncia lo sciopero del canone (peccato che quello si paga in bolletta, verrebbe complicato …), chi ancora accusa la produzione di ingratitudine: «Siete stati accolti con tutti gli onori, e voi ci gettate fango».
La polemica è diventata anche politica, con il sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, che cerca di non scontentare nessuno, e dunque si, «magari è una straordinaria promozione turistica per il territorio» dice, «di più «uno spot a cielo aperto» (ha detto proprio così…), ma «fotografare una città intera con la parola mafia è una ricostruzione errata ed ingenerosa».
La polemica risale su su fino a Gaetano Savatteri. Lo scrittore, autore dell’accostamento incriminato, parla della presenza della mafia a Trapani come di un “fatto storico” e cita la famosa (per gli appassionati del genere) relazione del Procuratore del Re, Ulloa, che nel 1838, in una sua lettera, descrisse per la prima volta la presenza della mafia a Trapani e nel territorio circostante.
I precedenti
Il fatto è che Trapani ha avuto sempre grandi difficoltà ad accettare l’esistenza della mafia. E negare, per alcuni, è forse il modo migliore di combattere. Le stesse polemiche che oggi vive Savatteri, furono molto più aspre nei confronti di uno sceneggiatore che era trapanese doc, Nicola Badalucco, autore dello sceneggiato per eccellenza sulla mafia, La Piovra. Nel 1983 fu accusato di infangare la città. Accuse simili anche per Mauro Rostagno, il giornalista e sociologo che scelse Trapani e la televisione, Rtc, per raccontare quello che accadeva nel territorio, e che dalla mafia sarà ucciso, nel 1988.
Nel 1985 dopo la strage di Pizzolungo, dove morirono una mamma e i suoi due figli, per un’autobomba destinata a uccidere il giudice Carlo Palermo, un altro Erasmo Garuccio, se la prese con i giornalisti: «Sciacallaggio, sciacallaggio..! Ma quale mafia! Ma lo sapete che da noi non ci sono scippi? Eppure, ecco qui, ci infangano. Hanno distrutto la nostra immagine in tutta Italia. E continuano. Ma ora basta. Lo dico con coraggio: Trapani non è la città della mafia».
Passano gli anni e nel 2012 un altro sindaco, Vito Damiano, generale dei Carabinieri in pensione, se ne esce fuori con qualcosa di simile, incontrando dei bambini di una scuola elementare: «Non bisogna parlare di mafia, perché gli si dà importanza». I bambini stavano presentando al sindaco un laboratorio sulla legalità. Ma il sindaco gli spiegò che aveva apprezzato di più quello di un’altra classe, sull’educazione alimentare.
Fare i conti con la mafia è difficile. A Trapani, come a Makari, la località che dà il nome alla fiction, frazione del comune di San Vito Lo Capo. Qui, negli anni d’oro della grande speculazione edilizia, sono arrivati i soldi dei Corleonesi. Come quelli di Andrea Impastato, boss di Cinisi che a San Vito ha realizzato un residence o Michele Mazzara, imprenditore di Paceco che aveva anche un albergo, il Panoramic.
Nella frazione di Purgatorio, una manciata di chilometri da Makari, invece, è stato tenuto prigioniero Giuseppe Di Matteo, prima di essere sciolto nell’acido a 12 anni. E le ville di questo territorio, secondo le testimonianze di numero pentiti, si dice che abbiano ospitato più volte il latitante Matteo Messina Denaro. Chissà lui se si indigna, quando vede in tv l’accostamento tra la mafia e Trapani.
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