I fratelli romani sono attivi nel settore dell’hospitality. Il loro ristorante era il preferito da Carminati. Il padre fu indagato in un’inchiesta su riciclaggio e traffico di armi. Ma non ha mai subito condanne
Pippo Calò, cassiere di Cosa nostra. Ernesto Diotallevi, uomo dei soldi della Banda della Magliana. Lillo Rosario Lauricella, maestro del riciclaggio dei narcotrafficanti di camorra. Esponenti di primissimo piano della criminalità organizzata con base a Roma. Tutti nomi che compaiono nelle carte giudiziarie affiancati a quelli dei fratelli Giovanni e Gaetano Mangione, soci in affari da oltre dieci anni del ministro della Difesa Guido Crosetto.
Nei risvolti dell’inchiesta sulle presunte fughe di notizie dalla Direzione Nazionale Antimafia è saltata fuori quella che era l’ultima indagine di Pasquale Striano, tenente della Guardia di Finanza, considerato da molti colleghi uno degli investigatori italiani più esperti e caparbi - ha scovato la rete finanziaria di Matteo Messina Denaro, portando all’arresto e ai sequestri miliardari di Vito Nicastri - ora indagato dalla Procura di Perugia per accesso abusivo a sistema informativo.
L’inchiesta su Striano è nata dalla denuncia del ministro, successiva all’articolo di Domani del 27 ottobre 2022 sui suoi rapporti con Leonardo, che tra 2018 e 2021 gli ha pagato quasi 2 milioni di euro di consulenze. Scopo della denuncia di Crosetto era scoprire le fonti delle notizie pubblicate da questo giornale. Le ultime ricerche del finanziere - come ha raccontato ieri La Verità – si sono concentrate su tre società in cui Crosetto è azionista insieme, appunto, ai fratelli Mangione.
Grazie a visure camerali e documenti giudiziari di procedimenti ormai chiusi, è possibile disegnare un identikit di Giovanni e Gaetano Mangione. Si scopre che i due, pur non avendo ricevuto condanne, sono più volte finiti sotto la lente degli investigatori per sospetti rapporti con la criminalità organizzata.
Nel Mondo di mezzo
Hotel a 5 Stelle, ristoranti di lusso, bed & breakfast: i fratelli Mangione sono attivissimi nel settore dell’hospitality e le loro società gestiscono le strutture nei quartieri più “in” della Capitale. Come Ponte Milvio, il cuore della movida di Roma Nord, un tempo centro degli affari di boss come Il Cecato Massimo Carminati e Fabrizio Piscitelli, il Diabolik capo ultras e narcotrafficante ucciso in un agguato mafioso nel 2019.
Nel quartiere oggi conteso tra ‘ndranghetisti e Casamonica, i fratelli Mangione hanno gestito fino al 2014 (il solo Giovanni, insieme ad altri soci, lo ha gestito fino al 2020) il celebre ristorante Met. Nelle informative del Ros dell’inchiesta Mondo di Mezzo emerge come il Met fosse la meta preferita di Carminati e di Giovanni De Carlo, chiamato il “boss dei vip” per via delle frequentazioni con calciatori e star della tv. Oltre ai fratelli Mangione, la Prado Tre, società che gestiva il ristorante, era di proprietà di Francesco Giampaoli, Marcello Nicotra e Franco Narducci.
Questi ultimi due, insieme a Renato Mangione, padre dei soci di Crosetto, sono stati indagati nel 1996 dall’antimafia come componenti di un gruppo che riciclava denaro e trafficava armi e soprattutto droga, insieme al camorrista Lillo Lauricella, sodale dei boss Pippo Calò ed Ernesto Diotallevi, cassieri di Cosa Nostra e Banda della Magliana.
La cocaina arrivava in Italia dalla Spagna, un traffico gestito da Gennaro Senese, narcotrafficante ucciso nel 1997, fratello di Michele ‘O Pazzo, boss di Roma Est. Secondo gli investigatori, Renato Mangione «aveva il compito di effettuare operazioni finanziarie, con il fine di “ripulire” il denaro provento del narcotraffico».
L’inchiesta era durata anni e i proventi sarebbero stati riciclati anche in Brasile: ne dava notizia la stampa sudamericana dell’epoca, che al tempo ha ricostruito anche le difficoltose vicissitudini dei magistrati italiani Giovanni Salvi e Pietro Saviotti per ottenere l’estradizione di Renato Mangione e figli.
Dall’inchiesta, Renato ne è uscito pulito, così come da quella che lo ipotizzava membro di un’associazione dedita al narcotraffico, sempre dalla Spagna, insieme a Giovanni Carloni: per questo fascicolo nel 2016 il pm Luca Tescaroli ha chiesto l’archiviazione perché il giudice aveva negato la possibilità di continuare ad intercettare gli indagati.
Carloni, oltre che al narcotraffico, si dava anche alle rapine insieme a Fabio Giannotta, fratello di Mirco, capo dell’ufficio decoro urbano del comune di Roma ai tempi del sindaco Gianni Alemanno e figlio di Carlo, negli anni passati responsabile della sede Msi di Acca Larentia.
Crosetto e l’alta società romana
A Roma «ci sta un mondo di mezzo dove tutti si incontrano». Una zona grigia tra il mondo della criminalità e quello della politica e degli amministratori pubblici, dove tutto si confonde. E tutti frequentano gli stessi posti: al Met si potevano incontrare i boss Carminati e De Carlo, ma anche calciatori e staff di Roma e Lazio, e dirigenti di importanti società.
Forse anche questo ha permesso a Giovanni e Gaetano Mangione - che a inizio anni 2000 gestivano le serate del Gilda insieme all’amico di Francesco Totti, Alex Nuccetelli - di diventare un punto di riferimento per chi frequenta i salotti buoni della Capitale.
Nelle tre società che condividono con Crosetto - Apollinare Srl, Torsanguigna Srl, Zanardelli Srl - gli altri azionisti sono gli ex calciatori della Lazio e della Nazionale Giuseppe Favalli e Giuliano Giannichedda. Giovanni Mangione poi ha anche società che si occupano della gestione di impianti sportivi, come la Ludus Magnus. La società ha quattro soci, tutti al 25 per cento: lui, Francesco Giampaoli, e due società.
Una è la Can Srl, per metà proprietà di Rodolfo Errore, ad di Ludoil e vicepresidente de L’Espresso Media, già presidente di Sace. L’altra la MBAdvisory, dell’ex vicepresidente della Roma Mauro Baldissoni. Baldissoni compare anche come socio di maggioranza della Ex Libris, società che si occupa di compravendita azionarie e societarie: insieme a lui ancora Giovanni Mangione e Giampaoli, insieme a Giovanni Cambareri, importante avvocato romano della Tonucci & Partners. Insomma, i Mangione sono inseriti benissimo nell’alta società romana e Crosetto è solo uno dei loro tanti soci vip.
D'altra parte, per le accuse di aver riciclato soldi per i boss di Cosa Nostra, Camorra e Banda della Magliana, Mangione padre non ha mai ricevuto condanne. E anche i figli sono usciti sempre puliti da ogni inchiesta. E questo ha evidentemente convinto Crosetto a entrare in società con loro oltre dieci anni fa. E a rimanerci, anche dopo la nomina a ministro della Difesa.
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