Una vittoria storica per la vela italiana nella Youth America’s Cup, versione Under-25 della antica regata. Luna Rossa ha battuto American Magic sotto la guida di Marco Gradoni, romano, enfant prodige. Non viene da una famiglia di lupi di mare: suo padre è un ricercatore universitario, sua madre un medico. E soffre il mal di mare
Un predestinato, Marco Gradoni, il velista ventenne che a Barcellona ha vinto la Youth America’s Cup, la Coppa America degli under 25, al timone della baby barca volante Luna Rossa Prada Pirelli. Una versione ridotta degli scafi ufficiali, ma che comunque raggiunge velocità stratosferiche da oltre 40 nodi, non a caso nel circuito vengono chiamate “cavalli pazzi” e a vederli correre sull’acqua tali si dimostrano, domarli non è affatto un gioco da ragazzi.
Marco Gradoni però ce l’ha fatta, ed è un giovane sportivo che già a 15 anni aveva vinto tre titoli mondiali della vela, sui piccoli Optimist, la palestra della vela per tanti futuri campioni, barchine lente, molto tecniche, assai poco spericolate, grandezza vasca da bagno. E anche qui, nella Barcellona dove è riunito il firmamento della vela mondiale, il piccolo grande eroe Gradoni, nato a Roma nel popolare quartiere di San Lorenzo – e sentir parlare qualcuno con l’accento romano ai vertici delle regate non è così frequente – non ha avuto esitazioni, ha dominato gli avversari americani e non si è nemmeno lasciato andare a festeggiamenti smodati, sempre controllato, piccola, fredda, implacabile macchina da guerra navale.
Intervistato appena dopo la vittoria, ha detto che «sì, sono molto contento ma spero anche di aver divertito tutti i velisti». Ed era uno che a 15 anni, ai cronisti del Giornale della Vela che gli chiedevano cosa gli restasse da fare dopo tre vittorie mondiali consecutive rispondeva preciso: «Il mio sogno è vincere l’America’s Cup, possibilmente con l’Italia». Cinque anni dopo è arrivato a buon punto dal suo obbiettivo, occorre solo crescere un po' d’età.
Chi è
Gran tifoso della Roma, studi al liceo scientifico, Gradoni e il suo equipaggio – composto dal cotimoniere Gigi Ugolini, Federico Colaninno e Rocco Falcone, equipaggio selezionato da Max Sirena, team director dello squadrone italiano a Barcellona – sono esplosi in grandi abbracci dopo il taglio del traguardo. A bordo si è sentito anche un «dai caz.. boys» copiato pari pari dal timoniere senior Checco Bruni, ma anche un più intimo «ciao nonna», quasi una tenerezza da cuccioli.
Il leader, Gradoni, fino a poche ore dalla finale giurava di «non sentire la pressione» e così si è dimostrato ma tanta acqua è passata da quando raccontava che da piccolo in realtà voleva fare il poliziotto, poi, effettivamente, visto che sulla vela andava sempre al top, ha virato su un altro mestiere, quello del velista professionista.
Un enfant prodige che a 17 anni aveva già avuto un momento di gloria internazionale quando alle Bermuda, arcipelago atlantico di spiagge da sogno e delle infauste leggende di bufere, era stato premiato dai top sailor mondiali miglior velista al mondo, per le tre volte formidabili vittorie del Campionato del Mondo Optimist (2017, 2018 e 2019), «una stella del futuro», così lo avevano definito, il più giovane vincitore nella storia del prestigioso Rolex World Sailor of the Year, secondo italiano a ricevere il riconoscimento dopo la campionessa olimpica Alessandra Sensini.
Tesserato per il Tognazzi Marine Village, sul litorale di Pomezia, a pochi km dalla capitale, mamma medico e papà ricercatore universitario, Gradoni non viene da una famiglia di lupi di mare. Sì, il papà è un appassionato ma la mamma, racconta lui, soffre il mal di mare, e ha cominciato ad andar per mare perché i suoi genitori lo hanno iscritto a un corso sulla spiaggia marchigiana di Fano dove la famiglia ha una casa delle vacanze. «Avevo sette anni», ha raccontato Gradoni, «e salii per la prima volta su un barchino con un istruttore di vela e ebbi molta paura. Poi però ho cominciato a divertirmi».
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