- Mentre a Roma tutto tace sulla sorte di Marko Rupnik, il gesuita sotto accusa per aver abusato di diverse religiose nel corso di trent’anni, qualche voce filtra dal suo paese natale
- Secondo quanto riporta in una lettera aperta un sacerdote sloveno che, con lo pseudonimo di Karel Fulgoferski aveva già commentato pubblicamente i fatti emersi sul conto del celebre artista, padre Rupnik sarà presto ridotto allo stato laicale
- Oggi l’intenzione del pontefice, secondo queste fonti, pare quindi quella di chiudere la questione con meno clamore possibile, nella speranza che la gente si scordi dell’accaduto
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Mentre a Roma tutto tace sulla sorte di Marko Rupnik, il gesuita sotto accusa per aver abusato di diverse religiose nel corso di trent’anni, qualche voce filtra dal suo paese natale.
Secondo quanto riporta in una lettera aperta un sacerdote sloveno che, con lo pseudonimo di Karel Fulgoferski aveva già commentato pubblicamente i fatti emersi sul conto del celebre artista, padre Rupnik sarà presto ridotto allo stato laicale.
Secondo quanto afferma il prete, la sorte del gesuita è già stata decisa in Vaticano, con buona pace della Compagnia di Gesù che sta ancora portando avanti un'inchiesta interna sul suo conto. «Rupnik sarà presto dimesso dallo stato clericale e fatto sparire dalla vita pubblica – conferma Fulgoferski a Domani – è stato raggiunto un accordo nella Santa Sede secondo il quale, in cambio di un ritiro pacifico del gesuita, non ci saranno né visite apostoliche né verifiche delle operazioni finanziarie del Centro Aletti». Un'ennesima prova del potere che il teologo continua a esercitare a Roma e in Slovenia, sottolinea Fulgoferski, e un altro colpo di scena nel caso Rupnik.
L'informazione è stata almeno in parte avallata da un’altra fonte interna al Vaticano, che ha confermato a Domani che c’è bufera nelle alte sfere ecclesiastiche: anche se non è certo che Rupnik debba lasciare la veste di sacerdote, sostiene la fonte, l’ordine di non toccare il gesuita arriverebbe direttamente da papa Francesco.
Un’accusa grave, che per ora è soltanto una voce, alimentata dai dubbi sul ruolo giocato dal pontefice nell’intera vicenda di Rupnik: il gesuita, infatti, era stato scomunicato latae sententiae nel 2020 per «un’assoluzione del complice in confessione» (cioè per aver assolto una novizia con cui aveva avuto un rapporto sessuale), scomunica poi prontamente rimessa dopo un mese.
La protezione
Chi ha tolto la scomunica a Rupnik? Considerata la gravità del reato canonico, soltanto la Santa Sede poteva togliere la scomunica, e quindi il Prefetto del dicastero della dottrina della fede, il cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, o il papa, che però non solo nega di essere intervenuto ma ha addirittura assicurato in un’intervista ad Ap di non essere stato al corrente di quel che succedeva a uno dei personaggi più influenti della curia romana, per non dire della chiesa tutta.
In Vaticano nessuno, fino ad oggi, ha ancora ritenuto di dover sciogliere gli imbarazzanti dubbi sulla gestione della scomunica a Rupnik. Nelle ultime settimane, inoltre, nessuno parla più del ruolo del pontefice e il cerino è rimasto in mano ai gesuiti che, dopo aver ascoltato le vittime del sacerdote, stanno ora cercando di capire come gestire la situazione.
Un compito non facile, visto che Rupnik non solo non si mostra collaborativo ma addirittura sfida apertamente i suoi superiori infrangendo platealmente le misure restrittive a cui è sottoposto.
Il noto artista si muove infatti liberamente per la capitale mostrando le sue opere a gruppi di fedeli e il 5 marzo ha anche concelebrato una messa nella basilica di Santa Prassede a Roma, come raccontato su Domani.
Sotto traccia
Oggi l’intenzione del pontefice, secondo queste fonti, pare quindi quella di chiudere la questione con meno clamore possibile, nella speranza che la gente si scordi dell’accaduto.
Con Rupnik fuori dalla scena pubblica e una volta calata l’attenzione mediatica, gli affari del Centro Aletti continuerebbero così a prosperare come prima.
Nella “lettera agli amici” diffusa il 28 febbraio, la direttrice del Centro Maria Campatelli è stata chiara: l'atelier è oggi guidato da un’équipe «in grado di assumere la responsabilità per un cantiere sia dal punto di vista teologico-liturgico e artistico-creativo, che dal punto di vista tecnico-amministrativo».
In via Paolina sono quindi pronti a ripartire con nuove commesse e a proseguire i lavori già in corso. «I mosaici costano molto – commenta ancora Fulgoferski nella sua lettera – L’uso dei fondi raccolti dovrebbe essere trasparente e un controllo rivelerebbe molto, anche su coloro che ne hanno beneficiato e occupano posizioni molto alte in Vaticano».
Per ora, però, non si parla né di visita apostolica, né tantomeno di commissariamento: e dire che l’atteggiamento dell’équipe del Centro non è certo limpido, visto che continua a fare quadrato intorno a Rupnik e non ha speso una parola nei confronti delle vittime.
Sono proprio loro, le vittime, le grandi assenti in queste “manovre” dietro le quinte: se si parla a molti livelli della sorte di Rupnik, infatti, non si accenna mai alle persone che hanno denunciato a più riprese (ai vescovi sloveni, al Dicastero per la dottrina della fede, ai gesuiti) gli abusi subiti.
Che cosa pensa di fare la chiesa per risarcire le ex sorelle della comunità Loyola e le altre vittime sopravvissute alle violenze? Fra tutte le domande ancora senza risposta del caso Rupnik, questa rimane una delle più urgenti.
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