Il Senato approva con 84 voti favorevoli e 58 contrari il ddl fortemente voluto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Per giuristi e opposizione è un obbrobrio giuridico che rischia di stigmatizzare i bambini figli di due padri
Il Senato approva il reato universale di gestazione per altri. Penultimo atto di una rivoluzione copernicana che allunga la mano della politica sul diritto penale e punta a estendere quello italiano a tutto il globo terracqueo.
In teoria. Non è ancora chiaro in che modo verranno perseguite le persone che andranno all’estero per realizzare una pratica consentita negli altri paesi ma non in Italia. Il ddl Varchi non crea un nuovo reato, già oggi la gravidanza surrogata in Italia è vietata e la pena per chi viola la legge prevede la reclusione da 3 mesi a 2 anni e la multa da 600.000 a un milione di euro. La modifica imposta da Fratelli d’Italia fa sì che «le pene si applicano anche se il fatto è commesso all'estero». Per vedere il “come” bisognerà aspettare la sua eventuale applicabilità, caso per caso.
Il reato “politico”
In aula lo spettacolo non è dei migliori. La telecamera di Palazzo Madama inquadra una classe di ragazzini seduti in tribuna stampa: giorno di visita d'istruzione al Senato. Abbastanza composti, occhiali, code di cavallo e felpe con la zip, due o tre insegnanti di vigilanza. Di sotto gli onorevoli del Senato della Repubblica sono qui ripresi nell'esercizio della loro attività: voci che parlano fuori campo, telefonate durante la discussione, la relatrice del ddl Donatella Campione di Fratelli d’Italia, nota alle cronache per aver criticato la cantante Elodie («Attacca a Meloni solo per vendere il suo calendario di nudo»), si distrae più volte per il brusio mentre espone il ddl: «La maternità surrogata offende la donna perché la scinde dalla maternità che è il suo potere più grande».
Per conservare questo “potere” il governo porta avanti da mesi tramite card social e manifesti elettorali lo slogan “Reato universale”, due parole che non convincono non solo i giuristi («Non esiste nel linguaggio giuridico», ha spiegato su queste colonne Gian Luigi Gatta) ma neanche parte della maggioranza: «La maternità surrogata non diventerà un reato universale. Secondo la dottrina giuridica, i reati universali sono i reati gravissimi perseguibili in Italia anche se commessi da stranieri all'estero, come il genocidio o i crimini di guerra. Qui ci si limita a punire un cittadino italiano che all'estero ricorre alla maternità surrogata, fattispecie già vietata nel nostro Paese». A dirlo è il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin durante le pregiudiziali di costituzionalità.
Un intervento che ha creato qualche malumore soprattutto dalle parti della Lega. Il senatore del Carroccio, Massimiliano Romeo ha infatti precisato: «Ci auguriamo che diventi un reato universale da un punto di vista politico. Qualsiasi norma che va in questa direzione per noi è una cosa giusta. Con questo ddl evitiamo che alcuni cittadini riescono ad aggirare che arrivi all’estero».
I dubbi sull’applicabilità
Ma sarà davvero così? I dubbi sull’applicabilità sono molti. Li declina Alessandra Maiorino, senatrice pentastellata dissezionando la legge che difatti mette sullo stesso piano chi fa ricorso alla gestazione per altri a chi viene accusato di terrorismo, violenza sessuale, mutilazioni genitali femminili, crimini di guerra, traffico di esseri umani. Reati gravissimi che vengono puniti con pene severe mentre nel caso della surrogazione di maternità la pena della reclusione è “solo” da tre mesi a due anni e consente la sospensione condizionale della pena. «Una misura che mette a nudo la cattiva coscienza. Inefficace per fare propaganda sulla pelle dei bambini nati grazie a questa pratica ma non da questa pratica, da un progetto di amore di famiglia», spiega Maiorino.
«Siamo fuori dall’ordinamento nazionale, da convenzioni. Cosa rimane? Un manifesto ideologico. Questa è il costante atteggiamento di questa maggioranza quando si approccia al diritto penale», dice Anna Rossomando del Partito Democratico. «Un atto di grande disumanità verso quei genitori e bambini in carne e ossa a cui vi ostinate a non riconoscere alcun diritto. Questo provvedimento è incostituzionale», continua Ilaria Cucchi di Avs.
E sembra proprio questo il punto: la legge fortemente voluta da Giorgia Meloni sembra fatta per colpire soprattutto le Famiglie Arcobaleno, quelle composte da due padri come sottolinea nel suo intervento il senatore di Italia Viva, Ivan Scalfarotto: «Questo ddl viola l'articolo 3 della Costituzione: la Gpa è reato universale solo se la fanno gli italiani, il gregge di Giorgia. Se la fa Elon Musk gli si aprono le porte di palazzo Chigi. Discrimina tra etero e omosessuali, perché quando la coppia eterosessuale che ha utilizzato la gestazione per altri andrà al Comune per registrare il figlio, lo farà in tutta tranquillità. L’ufficio di Stato civile non si farà domande su come è nato questo bambino. Il contrario se andranno due papà».
Una norma spot però cucita sulla pelle delle persone omosessuali. Maiorino tenta di provocare l’orgoglio italiano della maggioranza: «Facciamo l’esempio di una coppia di nazionalità diversa: lei italiana, lui canadese, al rientro lei viene incriminata, lui no. Un obbrobrio giuridico. Ma a voi non interessano le coppie etero che sono il 90% di quelle che ricorrono alla surrogata ma interessa solo colpire le famiglie arcobaleno che devono sparire nella vostra visione di società». Ma in aula nessuno ascolta chi parla, nessuno sta seduto al suo posto, senatori che conversano al cellulare passeggiando tra i banchi, sottosegretari che si alzano e vanno a discorrere con l'amico in terza fila.
«Di chi è l’utero?»
Un sussulto soltanto mentre il senatore della Lega, Romeo, alza la voce: «Dove sono le femministe? Alcuni interventi vengono da delle senatrici dell’opposizione, vergogna. Come è possibile che il diritto della donna non venga tutelato dalla sua dignità?». E chiude citando il generale Roberto Vannacci: «Il mondo al contrario lo state legittimando voi». Dai banchi dell’opposizione la pentastellata Elisa Pirro si rivolge alla Presidenza: «I colleghi della maggioranza mi dicono che l’utero non è mio. Il senatore De Carlo dice che non è mio? Ah, è di chi è? Dello Stato? Socializzato? Di Giorgia? Abbiamo appreso che l’utero delle donne italiano è dello Stato, siamo al comunismo degli organi».
Quisquilie, i senatori di maggioranza costretti al loro posto sbuffavano. Formalità, tanto è chiaro che la legge passa. Passa, sì. 84 voti favorevoli contro 58. E neanche l’opposizione sul finale sembra così compatta. La dem Furlan ci tiene a sottolineare che «Un bambino non si vende, non si compra e non si regala», Delrio si rivolge al senatore meloniano Malan: «I discorsi che lei ha fatto li condivido. Sono contrario alla Gpa. Però non mi avete convinto», mentre Paita di Italia Viva ci tiene a ribadire che «L’utero in affitto è intollerabile». Mariastella Gelmini, ormai isolata, anche fisicamente, nel gruppo misto, si dice favorevole al reato universale: «Quello della tutela dei bambini arcobaleno è un falso mito». Dalla tribuna coppie di famiglie arcobaleno si congedano chiedendosi quanto tempo ci vorrà – dopo, semmai – a rimettere le cose in ordine, e se sarà possibile.
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