Il boss di Cosa nostra si trovava all’interno di una clinica di Palermo dove era sottoposto a chemioterapia. Gli inquirenti sapevano da tre giorni della sua presenza nella struttura. Insieme a lui è stato arrestato Giovanni Luppino, accusato di favorire la sua latitanza
Con un blitz in una clinica poco fuori dal centro storico di Palermo e a soli 650 metri dalla sede della Direzione investigativa antimafia di Palermo, i carabinieri del Ros hanno arrestato il capo di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, nella mattina del 16 gennaio. Un arresto di portata storica che arriva a circa 30 anni di distanza dall’inizio della latitanza del boss di Castelvetrano.
Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo per il suo ruolo di mandante delle stragi del 1992, per anni gli inquirenti hanno seguito diverse piste che però non sono riuscite a portare alla sua cattura. Ma come si è arrivati al suo arresto?
Il blitz alla clinica palermitana
Secondo una prima ricostruzione i magistrati sono riusciti a individuare la sede del boss di Cosa nostra circa tre giorni fa. Era un anno che Matteo Messina Denaro si curava nella clinica Maddalena di Palermo registrandosi con l’identità di Andrea Bonafede per mantenere la sua copertura. Dopo l’operazione per un tumore al colon avvenuto continuava a recarsi nella clinica per sottoporsi a cicli periodici di trattamenti chemioterapici. Una volta avuta l’autorizzazione per eseguire il blitz, i carabinieri, molti dei quali in tenuta militare, hanno circondato l’area e la struttura.
Mentre fuori si è radunata una folla di persone che hanno assistito all’operazione, alcuni agenti sono entrati nella clinica e una volta individuato il latitante gli hanno chiesto come si chiamasse. «Sono Matteo Messina Denaro», è stata la risposta lapidaria del boss.
I video diffusi dall’ufficio stampa dei carabinieri riportano un uomo più invecchiato rispetto alle foto di identikit che sono circolate negli ultimi anni. Messina Denaro è uscito dalla struttura accompagnato da due agenti, senza manette, e con occhiali da sole e un berretto.
Oltre a lui, gli agenti hanno arrestato anche Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara (Tp), accusato di favoreggiamento. Secondo gli inquirenti era colui che accompagnava il boss alla clinica per le terapie.
Dopo l’arresto
Nell’operazione i carabinieri hanno sequestrato tutte le cartelle cliniche di Matteo Messina Denaro che si è operato prima per un tumore al colon a Marsala e poi alla Maddalena per metastasi al fegato.
Caricato all’interno di un van con a bordo uomini dell’Arma a volto coperto Messina Denaro è stato portato alla caserma di San Lorenzo. Dopo qualche ora è stato trasportato all’ex aeroporto militare di Boccadifalco di Palermo da dove verrà trasferito in un carcere di massima sicurezza fuori dalla Sicilia.
I dettagli degli inquirenti
In una conferenza stampa organizzata dalla Procura di Palermo e dai carabinieri, il generale dell’Arma Pasquale Angelosanto ha detto che non avevano la certezza che il sospettato (Andrea Bonafede) si trattasse in realtà di Matteo Messina Denaro. «Via via che si isolavano le persone ci siamo concentrati su pochi soggetti, fino a individuare quel nome e cognome che era presente la struttura sanitaria. Da qui l’ipotesi che potesse essere il latitante. La certezza è arrivata solo questa mattina», ha detto.
«Il latitante è stato individuato e bloccato insieme al suo complice – ha spiegato invece il colonnello Arcidiacono –. Il latitante non ha opposto alcuna resistenza, ha subito dichiarato di essere il soggetto ricercato. Guardandolo c’era poco da verificare, il volto è quello che ci aspettavamo di trovare».
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