La presidente in aula per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo in programma per i prossimi giorni. Ha parlato delle priorità dell’Europa soprattutto in termini di politica estera, in particolare per quanto riguarda il medio oriente e l’Ucraina. Nelle repliche è tornata ad attaccare sulla mancata gestione del problema migratorio
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni in aula ha rivendicato il diritto di Israele a difendersi e ha preso nuovamente posizione contro l’antisemitismo, anche quello perpetrato dai fondamentalisti islamici che stanno mettendo in piedi «una strategia di lungo periodo».
«La reazione di uno stato non deve mai essere motivata da sentimenti di vendetta» ha detto la premier. «Siamo molto preoccupati dalle conseguenze che il conflitto scatenato da Hamas sta avendo in particolar modo sulla popolazione palestinese». Il timore è anche quello di un esodo di massa che destabilizzerebbe l’area, dice la premier, e anche l’Italia.
Meloni ha rimarcato anche la preoccupazione per la sorte degli ostaggi, dopo che nei giorni scorsi è arrivata la notizia che quelli di origine italiani sono già morti. Per evacuare gli italiani ancora a Gaza, ha detto, è necessario riaprire il valico di Rafah, attualmente impraticabile.
Ma la presidente non perde l’occasione per rivendicare il «buon senso» che porterà l’Europa a valutare anche le conseguenze sul piano migratorio delle crisi mediorientale, che sta provocando «pressione sui confini esterni» dice Meloni. C’è un legame tra immigrazione irregolare e terrorismo, dice la premier, sottolineando la «nuova sensibilità» degli stati che subiscono i movimenti secondari nei confronti dell’«importanza della difesa dei confini esterni».
In Europa l'Italia chiederà l’immediata implementazione dell’accordo con la Tunisia, l’applicazione del piano in dieci punti dell’Ue, il varo di una missione navale in collaborazione con le autorità del nord Africa. Per Meloni, anche i rimpatri dovranno essere più facili e il bilancio dovrà essere dotato di maggiori risorse per la gestione delle politiche migratorie. «Sarebbe un errore rivedere il bilancio pluriennale solo per aumentare le risorse per l’Ucraina» ha detto la premier.
L’Ucraina e il patto di stabilità
«Il Consiglio Ue che si apre domani viene celebrato in una fase storica, in un contesto internazionale ancora più difficile e drammatico dei precedenti. L’Ue è chiamata a dare risposte urgenti alle difficoltà che la sfidano dall’esterno e dall’interno. Non sarà un Consiglio di routine né semplice». Il Consiglio confermerà il sostegno all’Ucraina, dice Meloni, che sottolinea come la Russia non ha condannato l’attacco.
Il Patto di stabilità, su cui l’Unione sta discutendo, deve essere di «crescita e stabilità» e non «di stabilità e crescita. L'Ue ci chiede di continuare a investire sulla difesa e il sostegno all'Ucraina e noi non vogliamo venir meno a quest'impegno. Computare questi investimenti nei parametri deficit-Pil» rischia «di minare gli obiettivi che ci siamo dati»: per questo sosteniamo la necessità «di scorporare del tutto o parzialmente queste voci» ha detto.
I migranti
Nelle repliche, Meloni ha affrontato in modo più approfondito la questione migratoria, attaccando alcune delle scelte politiche europee: «La ridistribuzione di chi arriva illegalmente non sarà mai la soluzione del problema migratorio ma è un "pull factor» che favorisce i trafficanti e «C'è un modo solo per risolvere il problema in modo che tutti ne siano soddisfatti: fermare le partenze illegali», ha detto, «Questo è un tema che l'Italia non aveva mai posto, lo abbiamo cominciato a porre noi e devo dire che non c'è voluto poi molto a convincere i nostri partner con posizioni di buonsenso».
Le regole europee
E’ poi anche entrata nel merito delle regole del funzionamento dell’Ue, dicendo che «dobbiamo interrogarsi su questo», perchè «il problema non si risolve modificando le regole all'unanimità. Credo che nel momento in cui immaginiamo un'Unione europea che mette insieme i Paesi, dobbiamo discutere di quali siano non le regole ma le priorità. Più siamo e più non possiamo pensare di occuparci di cose minime».
In questo modo ha rivendicato le sue storiche posizioni, «sono stata definita euroscettica», ha detto, ma «ci siamo occupati di materie che potevano essere lasciate agli Stati nazionali e non ci siamo occupati di ciò che i singoli Stati non erano in grado di fare da soli, ovvero le grandi strategie».
© Riproduzione riservata