Un agguato con spranghe, mazze da baseball e altri oggetti contundenti, sabato scorso, nel pieno centro di Roma. Ma non erano i temuti anarchici presenti alla manifestazione organizzata nella capitale per Alfredo Cospito, ma una cinquantina di tifosi serbi appartenenti al gruppo ultras Delije della Stella Rossa di Belgrado.

Sono arrivati in Italia con un obiettivo chiaro. Attaccare alcuni ultras della Roma, al termine della partita di Serie A contro l’Empoli, e tornare a casa con un bottino che agli occhi di chi non conosce le dinamiche del tifo organizzato sembra di poco valore. Ma che per i gruppi ultras significa tutto: striscioni, stendardi e bandiere. Secondo una regola non scritta, perderli significa decretare lo scioglimento dell’organizzazione.

L’agguato

«Quando siamo intervenuti c’erano solo due persone ferite, gli aggressori si sono dileguati, a terra c’erano una serie di bastoni e spranghe», fanno sapere dalla questura di Roma. Uno dei feriti è stato ricoverato con un taglio alla testa, mentre il secondo ha riportato un ematoma celebrale.

Secondo una prima ricostruzione che circola all’interno dei gruppi organizzati della Curva sud romanista, gli ultras serbi sarebbero stati nascosti dietro le aiuole di piazza Mancini, a due passi dall’entrata principale dello stadio Olimpico. Armati fino ai denti e vestiti di nero dalla testa ai piedi, hanno teso un agguato ad alcuni tifosi dello storico gruppo ultras dei Fedayn. Hanno agito come un’organizzazione quasi paramilitare, in silenzio, eseguendo gli ordini di un capo. Poi, in pochi secondi, si sono dileguati.

Le spranghe e i bastoni sono stati sequestrati e saranno analizzati dalle forze dell’ordine. La Digos sta indagando sul caso, ma in molti si chiedono come sia stato possibile che circa 50 persone violente e armate abbiano commesso un attacco ben organizzato a due passi dall’Olimpico al termine di una partita di calcio, in un momento in cui la sicurezza dovrebbe essere massima. 

Il rimbalzo delle responsabilità

Per cercare di fare luce sulla vicenda bisogna ricostruire il viaggio degli ultras della Stella Rossa. I tifosi serbi sono arrivati a Roma eludendo le forze dell’ordine e partendo da Milano, al termine della partita dell’Eurolega di basket tra Olimpia e Stella Rossa di giovedì 2 febbraio. Secondo la questura di Milano, al match di pallacanestro erano in 1.500.

L’evento si è svolto con regolarità e non sono state individuate lacune nel dispositivo di sicurezza. Una volta conclusa la partita, una parte dei tifosi serbi sono arrivati a Roma indisturbati e lontano dagli occhi delle forze dell’ordine.

La questura della capitale ha poche informazioni sul caso, così come l’ufficio centrale della Polizia di stato. Nella giornata di domenica le forze dell’ordine hanno attenzionato i voli in partenza per Belgrado nel fine settimana. Così come anche i tifosi romanisti. Nella serata di domenica, alcuni esponenti dei Fedayn si trovavano a Fiumicino per cercare di recuperare il materiale rubato. Dallo staff del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, non commentano il caso.

Una questione di gemellaggi

Per comprendere le ragioni dell’attacco bisogna fare una premessa. Nel 2018, nella Curva B del Napoli alcuni tifosi serbi hanno assistito alla partita di Champions League tra la squadra partenopea e quella della Stella Rossa, suggellando così un gemellaggio che va avanti da cinque anni. Dopo l’uccisione a Roma del tifoso napoletano Ciro Esposito per mano dell’ultras romanista Daniele De Santis, avvenuta nel 2014, una serie di gruppi ultras europei hanno espresso solidarietà al Napoli promettendo vendetta. Tra questi c’erano anche i tifosi della Stella Rossa di Belgrado.

«Ogni parola è vana, se occasione ci sarà non avremo pietà», recitava uno striscione napoletano dopo la morte di Esposito. E il momento della vendetta sembra arrivato. Meno di un mese fa, lo scorso 8 gennaio, circa 300 tifosi di Napoli e Roma si sono scontrati in un autogrill dell’Autostrada A1. I fatti di sabato sono stati letti come un seguito di quell’episodio di violenza.

Il rischio escalation

Le tensioni rischiano di degenerare. «Ci scappa il morto» è la frase che ricorre di più sui social e tra i gruppi ultras. La curva nord dell’Inter, squadra gemellata con la Lazio, ha pubblicato un comunicato in solidarietà dei romanisti. «Se è vero che non esistono regole scritte nel nostro mondo, a nostro avviso le dinamiche di rivalità devono consumarsi faccia a faccia e non con atti indegni seppure coordinati tra più persone», si legge nel comunicato.

«Non è stata un’azione certamente da poco quella compiuta ai danni di uno dei più storici gruppi della Sud romanista, ma rimane un agguato compiuto da molti a danno di pochi giocando sull’assoluta imprevedibilità di un gesto compiuto in assenza di uno scontro diretto», aggiungono i tifosi nerazzurri.

Adesso, c’è preoccupazione nelle forze dell’ordine, sia per le partite di calcio che per quelle di basket. A marzo si scontreranno Stella Rossa e Panathinaikos, squadra greca storicamente gemellata con i romanisti. Il timore è che si possa consumare l’ennesima vendetta.

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