Circa venti le condanne per estorsione, usura, riciclaggio e trasferimento fraudolento dei valori. Riconosciuto anche l’aggravante mafioso per il boss Michele Senese.
Decapitato il clan Senese. La Corte d’Assise di Roma ha comminato una ventina di condanne per un totale di 120 anni di carcere inflitti nei confronti degli uomini di Michele Senese.
Le pene vanno dai due ai sedici anni di detenzione a seconda dei reati contestati che vanno dall’estorsione, all’usura, al riciclaggio e al trasferimento fraudolento dei valori. Il boss del clan camorristico si trova attualmente all’interno del carcere di Catanzaro ed è stato condannato a 15 anni di detenzione con il riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso. Il figlio del boss, Vincenzo, è stato condannato a 16 anni e mezzo, mentre sono sette gli anni inflitti alla moglie del boss, Raffaella Gaglione, e al fratello Angelo Senese.
Una sentenza che per molti è stata definita storica che indebolisce una delle più importanti consorterie criminali attive nella capitale. Il centro di potere degli uomini di Senese era nell’area sud di Roma, e nello specifico nei quartieri di Cinecittà, Tuscolana e Centocelle. Qui, oltre allo spaccio di sostanze stupefacenti, per anni gli uomini del clan hanno terrorizzato commercianti e imprenditori attraverso le estorsioni e l’usura.
L’inchiesta “Affari di Famiglia” condotta dai pm romani con la guardia di finanza ha ricostruito gli investimenti e le operazioni economiche dei Senese che hanno riciclato i proventi illeciti in bar, ristoranti, locali e negozi di abbigliamento. Asset diversi e sparsi in altre città italiane come Milano, Verona e Frosinone, che fino ad oggi sono stati ben occultati agli occhi degli inquirenti. «La sentenza emessa dal Tribunale di Roma, di condanna per oltre 120 anni di carcere nei confronti di Michele Senese, dei suoi familiari e di altri affiliati decapita un clan protagonista assoluto dello scenario criminale romano» ha commentato con soddisfazione Gianpiero Cioffredi presidente dell'Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio.
Dalla Campania alla conquista di Roma
Michele Senese, nato ad Afragola nel 1957, non ha mai interrotto i legami con la sua terra di origine, ma quando è venuto a fine anni Novanta a Roma è riuscito a infiltrarsi nello scenario criminale della capitale con molta facilità, forte del nome della Nuova famiglia camorristica di Alferi Carmine. In poco tempo è riuscito a entrare in affari con i più potenti: dai Casamonica ai Fasciani passando per il gruppo di Roma nord capeggiato da Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, assassinato il 7 agosto del 2019 nel parco degli acquedotti di Roma.
Il nome dei Senese, ancora oggi, gode di grande rispetto in città. Nelle intercettazioni dell’ordinanza del gip uno degli arrestati diceva: «Cioè, qui stiamo parlando de… che è il capo di Roma! No il capo di Roma, il capo…il boss della camorra romana!!! Comanda tutto lui!!».
Comanda tutto lui. E Michele Senese è stato capace di comandare anche dal carcere di Catanzaro, dove sta scontando un’altra condanna come mandante dell’omicidio del boss della Maranella Giuseppe Carlino, avvenuto sul litorale di Torvajanica nel 2001. Un assassinio nato per vendicare la morte del fratello, Gennaro Senese, ucciso nel 1997 a Roma. Questa volta, però, Senese non può evadere dal carcere come accaduto il 5 febbraio 1978 quando dopo essersi fatto diagnosticare la schizofrenia, da qui il soprannome “O pazz”, è riuscito a scappare dall'Opg di Aversa facendo saltare in aria il muro di cinta.
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