Appuntamento al tempio di Adriano per la presentazione ufficiale del candidato sindaco del centrodestra e del “pro-sindaco” Simonetta Matone. Michetti gronda romanità e dice di voler restituire ai romani «l’orgojo di Caput mundi». Poi ringrazia Meloni, Salvini, tutti i presidenti ma fa una gaffe sull’ex premier
Una conferenza stampa per lanciare un candidato che ha come riferimento il tribuno del popolo più famoso in assoluto, Augusto. Chi si propone di seguire le sue orme, Enrico Michetti, cita per l’occasione l’episodio della Res Publica restituta, quando Augusto, a cui il Senato aveva proposto la dittatura, invece di tenere per sé il potere totalitario lo restituì al Senato e al popolo di Roma, perché «io non posso fare quello che mi chiedete, non posso fare Dpcm, perché quello che si fa a Roma lo decide il popolo romano», dice Michetti.
L’episodio è raccontato nella biografia di Augusto, le Res gestae, in cui scrive: «Da allora fui il primo per considerazione e influenza, ma non avevo maggior potere di coloro che erano miei colleghi nelle varie magistrature». Una restituzione che in realtà aveva una natura piuttosto simbolica, visto che la transizione verso la forma di governo imperiale era ormai praticamente compiuta e Augusto si assicurò in altri modi il controllo ben saldo del potere. Insomma, non esattamente una prova di democrazia.
L’appuntamento è al tempio d’Adriano, crocevia storico della politica romana e italiana di tutti gli schieramenti (a inizio 2020 anche i Cinque stelle avevano celebrato qui il loro rilancio, ma è stato sede, per dire, di innumerevoli presentazioni dei libri di Bruno Vespa). A fianco dei candidati sindaco e pro-sindaco (vicesindaco evidentemente non bastava) Michetti e Simonetta Matone, ci sono i leader della coalizione di centrodestra. L’amministrativista e “tribuno” di Radio Radio e il sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma, siedono tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Più defilato, sulla sinistra guardando il tavolo dei “relatori”, Antonio Tajani. Ovviamente assente Silvio Berlusconi.
Dall’evento emerge tutta la romanità del caso. Meloni si lancia nella pars detruens, snocciolando i problemi secondo lei attribuibili alla sindaca Virginia Raggi. Spiega che Michetti, quasi fosse un prodotto da pubblicizzare, è un’ottima occasione per i romani e che finalmente vengono proposte persone che «sanno dove mettere le mani».
Salvini propone una rivoluzione ambientalista con «cittadelle ecologiche» che combinino il trattamento dei rifiuti, lo sport e la cultura. Praticamente una discarica su cui sciare mentre i fianchi della pista sono decorati con i vasi estratti dagli scavi della metro C. Il leader della Lega rassicura anche sul fatto che i candidati coprono tutta la tifoseria della Capitale, senza specificare chi tiene per quale squadra ma raccontando con passione che «è stato il momento di confronto più importante».
Tajani, oltre a lanciare la candidatura di una terna di città per la nuova sede dell’agenzia anticorruzione europea «tra cui perché non inserire anche Roma?», raccomanda al prossimo sindaco di occuparsi della sicurezza di figlie, fidanzate, mogli e sorelle. Quella dei maschi boh.
A chiudere la conferenza stampa è proprio lui, il candidato Michetti, che praticamente mette in scena uno dei suoi famosi interventi a Radio Radio: un lungo discorso sui Cesari e san Paolo. «Civis romanus sum», cita teatralmente l’avvocato, «perché Roma era la sua patria, il punto più alto, la città che amava». E probabilmente pure dove aveva le sue radici, le sue speranze e i suoi orizzonti.
Michetti, con la testa inclinata e uno sguardo che ricorda vagamente certe espressioni di un Robert De Niro all’amatriciana, mentre il colletto della camicia combatte stropicciato con la giacca che si arriccia sulle spalle, racconta di come il cittadino di Roma era al centro dei piani dei romani, e come lui stesso vorrebbe restituire ai romani d’oggi «l’orgojo di Caput mundi». E giù, nel tono ipnotico da arringatore di folle, arriva il racconto della «folgorazione» sulla via dell’incontro con Meloni, che lo ha ispirato nella sua vocazione di «figlio di Roma».
Alla fine, niente domande e qualche veloce ringraziamento, anche se ne sfugge uno decisamente non secondario. Un preoccupato Tajani, in extremis, ricorda al candidato sindaco che «anche Silvio Berlusconi, che non c’è, però...» va ringraziato. Michetti, in mezzo a pubblico e stampa che già sono in piedi, urla al microfono: «Ah! Silvio Berlusconi, per carità de Dio, scusate!»
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