Dopo la pronuncia dei giudici, che ha certificato il terzo fallimento in pochi mesi del protocollo firmato da Meloni e Rama, i richiedenti asilo sono saliti a bordo di una motovedetta della Guardia costiera che li ha portati nel Cara del capoluogo pugliese. La maggioranza insiste: «Uso politico della giustizia, andiamo avanti con convinzione»
All’ora di pranzo di sabato 1° febbraio una motovedetta della Guardia costiera italiana ha lasciato il porto albanese di Shëngjin con a bordo i 43 migranti oggetto, venerdì 31 gennaio, della sentenza della Corte d’appello di Roma, che non ha convalidato il loro trattenimento nei centri italiani allestiti in Albania, sospendendone l’efficacia e rimandando tutto alla decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Quest’ultima si pronuncerà il prossimo 25 febbraio sulla complessa e spinosa questione dei paesi sicuri di provenienza. La Corte di giustizia Ue dovrà rispondere a una domanda essenziale: uno stato può essere considerato sicuro se «le condizioni per la sua designazione non sono soddisfatte per alcune categorie di persone»? Da questo concetto dipende l’applicazione o meno delle procedure accelerate di frontiera.
I 43 migranti, arrivati martedì a bordo della nave Cassiopea, a Bari verranno alloggiati nel Cara (centro di accoglienza per richiedenti asilo), lo stesso che aveva ospitato le persone che, nei viaggi precedenti, erano state riportate nel nostro paese dopo le pronunce dei giudici (su di loro si era pronunciate la sezione specializzata per l’attuazione del protocollo Italia-Albania, finita poi sotto attacco da parte della maggioranza, che con il decreto Flussi ha spostato la competenza su questi temi alle Corti d’appello). Il governo ha provato ad aggirare le leggi con decreti e nuove norme, ma l’esito non è cambiato.
Che il risultato potesse essere lo stesso non è così strano. I magistrati che hanno esaminato il caso sono gli stessi che erano stati aggiunti alla sezione specializzata, proprio per l’attuazione del protocollo Italia-Albania, poi trasferiti. E anche le aule dove si sono svolte le udienze di venerdì non sono cambiate, perché in quegli spazi era stata installata la strumentazione per assicurare i videocollegamenti con l’Albania.
I migranti riportati indietro in questo terzo viaggio, mentre erano ancora sul suolo albanese (a Gjader), si erano visti negare la richiesta di asilo da parte della commissione territoriale. I richiedenti asilo faranno appello: hanno una settimana di tempo per farlo, pena l’espulsione dall’Italia.
Nel giro di pochi giorni abbiamo assistito dunque all’ennesimo fallimento di questo progetto del governo Meloni. Era il terzo tentativo di far decollare il protocollo firmato dai governi di Giorgia Meloni ed Edi Rama. Ma fonti dell’esecutivo, nonostante il terzo passaggio a vuoto del protocollo, anche in questo caso hanno fatto trapelare il solito messaggio: le Corti d’appello rinviano per prendere tempo, c’è un uso politico della giustizia, sul progetto il governo va avanti con convinzione, il modello albanese è largamente condiviso in Ue.
La maggioranza: «Si va avanti con convinzione»
In mattinata il Viminale ha lasciato trapelare ad alcune agenzie di stampa il malcontento per la decisione dei giudici di secondo grado: sul tema dei trattenimenti si sta sviluppando in Italia «una giurisprudenza che appare di corto respiro, destinata a essere superata dagli eventi. Le Corti di appello rinviano alla Corte di giustizia europea per prendere tempo, ma si tratta di un sistema già previsto dal nuovo Patto europeo immigrazione e asilo che entrerà al piu' tardi in vigore nel 2026».
Dal ministero guidato da Matteo Piantedosi filtra sintonia con «i partner europei» che «con la Commissione stanno pensando di rafforzare le norme dell'Ue che sostengono le procedure in frontiera applicate anche in Albania». «Il governo andrà avanti nella convinzione che il contrasto all'immigrazione irregolare che si avvantaggia dell'utilizzo strumentale delle richieste di asilo sia la strada da perseguire per combattere gli affari dei trafficanti senza scrupoli».
Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (Fratelli d’Italia) ha parlato di «scontro all'interno della magistratura pur di impedire al governo di mettere in pratica legittime politiche migratorie», oonuno scontro della Corte d'appello nei confronti della Cassazione, che aveva stabilito che spetta al governo italiano fare la lista dei paesi sicuri». Sulla stessa linea Maurizio Gasparri (Forza Italia), secondo cui si fa un «uso politico della giustizia», che «non può impedire al governo di fare una politica di contrasto dell'immigrazione clandestina», sottolineando che la sentenza della Corte d’appello «smentisce le decisioni della Cassazione».
Le opposizioni: «Modello Albania? Fallimento totale»
La segretaria del Pd, Elly Schlein, sottolinea che in Albania si trovano «centinaia di forze dell’ordine a guardare prigioni vuote». «Il modello Albania della destra – ha aggiunto – si è rivelato un fallimento totale. Per fortuna quelle persone stanno tornando e i giudici non hanno fatto altro che applicare una sentenza della Corte di giustizia europea. I nostri deputati e senatori sono in Albania a vedere che sia assicurato il diritto alla difesa e hanno detto una cosa che voglio riportarvi: “Qui stanno i torturati di Almasri, mentre lui è stato riportato a casa con un volo di Stato del governo Meloni con tutti gli onori. Questa è la sintesi di quello che stanno facendo».
«Credo che un grande oaese come l'Italia o, come direbbe Meloni, una grande nazione, non meriti una figura di questo tipo, cioè che da mesi stiamo buttando centinaia di milioni per portare 40-50 persone lì mentre comunque ne arrivano a decine di migliaia a Lampedusa. Anche in aula avevamo detto a Meloni che questa operazione costerà un sacco di soldi, sarà fonte infinita di contenziosi giudiziari, riguarderà comunque un numero minimo di migranti e non avrà alcun effetto deterrente», ha dichiarato il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova, secondo cui «Meloni sta cercando lo scontro con la magistratura».
Il leader di Azione, Carlo Calenda, ha parlato di «soldi pubblici buttati al vento»: «Sono per un controllo rigidissimo delle frontiere, che si fa facendo accordi con paesi come la Tunisia, il Niger o la Libia. Quello che non si può fare è montare una struttura come quella albanese ben sapendo che ci andrà un numero bassissimo di migranti», ha concluso.
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