Il governo alla fine ha forzato la mano e ha deciso di non attendere la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea e di organizzare un secondo trasferimento di migranti in Albania, con il rischio molto alto di un nuovo scontro con la magistratura.

Questa volta il gruppo è ancora più ridotto: la nave Libra della Marina militare sta navigando verso il porto di Shëngjin con otto migranti a bordo e potrebbe arrivare la sera di giovedì o venerdì in mattinata. Saranno poi trasferiti nella struttura di trattenimento di Gjadër, in attesa della convalida o meno del trattenimento.

L’esito non potrà essere con ogni probabilità molto diverso da quello del primo gruppo di sedici persone che sono state riportate in Italia: i primi quattro perché minorenni e in condizioni di vulnerabilità; gli altri dodici liberati su decisione del tribunale di Roma che, richiamando la sentenza della Corte di Lussemburgo, non ha convalidato il trattenimento perché Egitto e Bangladesh, i paesi di provenienza, non possono essere considerati sicuri, non essendolo in tutto il territorio né per la totalità dei cittadini.

Dopo quelle decisioni della sezione immigrazione, in applicazione della normativa europea ma politicizzate dalla maggioranza, il governo Meloni ha approvato un decreto legge – «per superare l’ostacolo», aveva detto la premier – con cui ha elevato a norma primaria la lista dei paesi considerati sicuri, scesi da 22 a 19. Un decreto che non ha tardato a essere portato davanti alla Corte di giustizia dell’Ue da parte di diversi tribunali, con il rinvio pregiudiziale prima promosso dai giudici di Bologna, poi di Roma e infine dai magistrati di Palermo il 5 novembre.

Il tribunale siciliano ha sospeso la decisione sul trattenimento di due migranti, ordinandone la liberazione, e chiesto alla Corte Ue chiarimenti sull’interpretazione della normativa europea in merito alla designazione di paese sicuro. E cioè gli stati possono essere considerati sicuri se non lo sono per una o più categorie di persone? I giudici del tribunale di Roma, chiamati a valutare le richieste di convalida del trattenimento nei centri albanesi entro 48 ore, sabato o al più tardi domenica, sono giunti alla stessa conclusione su questioni analoghe lo scorso 4 novembre e hanno rinviato alla Corte di giustizia.

È quindi probabile lo stesso esito per gli otto migranti portati in Albania: la sospensione del giudizio sul trattenimento e il rinvio pregiudiziale ai giudici europei. In attesa della decisione sovranazionale, che potrebbe prendere da qualche mese – se verrà accolta la richiesta di procedura d’urgenza – fino a due anni, però, le persone non potranno rimanere recluse ma dovranno essere liberate. Non in territorio albanese, come da protocollo, ma in Italia, dove dovranno essere condotti.

«Un numero esiguo»

Delle 155 persone intercettate, dopo le procedure di pre-screening sono rimasti sulla nave da guerra “hub” solo otto uomini maggiorenni, valutati non vulnerabili e provenienti da paesi cosiddetti sicuri. Un cittadino bengalese, inizialmente inserito nel gruppo, è poi stato considerato troppo anziano e in condizioni di salute precarie, e per questo valutato vulnerabile.

Mentre otto persone stanno attraversando l’Adriatico per essere portate ai centri albanesi tanto difesi dal governo, nell’hotspot di Lampedusa sono arrivate 813 persone. Durante la notte tra martedì e mercoledì sono approdati 71 migranti, ma è la giornata del 5 novembre ad aver registrato un alto numero di arrivi: circa 700 persone su 16 imbarcazioni.

La prefettura di Agrigento ha disposto il trasferimento a Porto Empedocle di 302 persone per la tarda mattinata via mare. A queste si aggiungono i 172 naufraghi soccorsi in tre diverse operazioni a largo di Lampedusa negli ultimi due giorni dalla SeaEye 5, in attesa dell’assegnazione di un porto di sbarco.

Gli otto migranti sono stati soccorsi dalle autorità italiane lunedì scorso in acque internazionali a sud di Lampedusa. L’obiettivo della missione era raccogliere tra una quarantina e una sessantina di persone per il secondo trasferimento in Albania, ma oltre un centinaio non corrispondevano ai criteri fissati dal Viminale e previsti dall’accordo.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha giustificato «il numero esiguo di persone» perché «la verifica delle vulnerabilità e delle condizioni che devono ricorrere» per il trasferimento «sono molto severe e ciò comporta che il numero di migranti prelevati sia tarato per difetto piuttosto che per eccesso».Ma l’uso di una nave da guerra della Marina militare per trasportare otto persone comporta un viaggio dal costo di «ben 36mila euro a migrante», ha evidenziato in una nota Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra.

La traversata della Libra aveva già fatto discutere durante il primo trasferimento: oltre 200mila euro di viaggio, una nave militare di 80 metri e un equipaggio di settanta persone. E la questione era stata portata in aula dalle opposizioni, nonché alla Corte dei conti a cui è stato presentato un esposto dal Movimento cinque stelle per accertare l’ipotesi di responsabilità erariale per il trasporto di 16 migranti. «Questa è la prova provata», continua la nota, «che ci troviamo di fronte ad un’operazione di propaganda politica che sperpera denaro pubblico».

Ma il governo andrà avanti con l’operazione Albania e, secondo quanto riporta Agi, starebbe puntando alla pronuncia della Cassazione, dopo i ricorsi contro le ordinanze di non convalida del trattenimento del tribunale di Roma. La prima presidente della Corte suprema ha rigettato la richiesta del Viminale di assegnare la decisione alle Sezioni Unite, disponendo l’udienza del 4 dicembre davanti alla prima sezione.

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