- Guidate da Kateryna Prokopenko, moglie del comandante del reggimento Denis Prokopenko, le quattro donne sono arrivate a Roma per denunciare l’assedio per mano dell’esercito russo dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, dove al momento stanno combattendo i loro mariti.
- Hanno presentato una proposta di accordo chiara: vogliono un’evacuazione sicura per i membri del reggimento verso un paese terzo in cambio di garanzie scritte di non combattere più fino alla fine della guerra.
- Indubbiamente la visita è delicata politicamente, tanto che non sono state accolte nell’ambasciata ucraina a Roma ma in quella della Santa sede. «Sono in visita come cittadine ucraine, non come delegazione ufficiale. Le abbiamo incontrate per fornire supporto e contatti con la stampa italiana, ma le proposte che avanzano non sono in nome del governo», dicono dall’ambasciata ucraina presso la Santa Sede.
Da giorni in Italia le storie delle mogli dei soldati del battaglione di estrema destra Azov trovano spazio nei quotidiani e nei salotti televisivi come quello di Porta a Porta.
Guidate da Kateryna Prokopenko, moglie del comandante del reggimento Denis Prokopenko, le quattro donne sono arrivate a Roma per denunciare l’assedio per mano dell’esercito russo dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, dove al momento stanno combattendo i loro mariti, e diffondere attraverso la stampa una proposta di accordo chiara: vogliono un’evacuazione sicura per i membri del reggimento verso un paese terzo in cambio di garanzie scritte di non combattere più fino alla fine della guerra.
«Siamo venute in Italia anche per smontare le accuse contro Azov messe in piedi dalla propaganda russa», dice Yulya Fedosiuk, moglie di Arseniy Fedosiuk, che dal 2016 si è arruolato all’interno del battaglione accusato di diverse violazioni dei diritti umani. Tra le altre cose, Yulya Fedosiuk è anche assistente di Sviatoslav Yurash, parlamentare di Servant of the people, il partito che fa capo al presidente Volodymyr Zelensky.
Yurash, classe 1996, è il parlamentare più giovane mai eletto in Ucraina. Nel 2019 è stato insignito di un’onorificenza da parte dell’allora presidente Petro Poroshenko per aver partecipato alle rivolte popolari di Euromaidan contro il presidente filorusso Viktor Yanukovich. Suo padre è stato ambasciatore ucraino presso la Santa sede.
Il mistero della visita
La ministra consigliera dell’ambasciata ucraina Oksana Amdzhadin dice a Domani che la visita delle donne è stata organizzata in forma privata e l’ambasciata ne è venuta a conoscenza la scorsa settimana. «Loro sono arrivate privatamente, non abbiamo né concordato né gestito il loro arrivo, ma le stiamo aiutando a organizzare le interviste con i media italiani», dice Amdzhadin.
Indubbiamente la visita è delicata politicamente, tanto che non sono state accolte nell’ambasciata ucraina a Roma ma in quella della Santa sede. «Sono in visita come cittadine ucraine, non come delegazione ufficiale. Le abbiamo incontrate per fornire supporto e contatti con la stampa italiana, ma le proposte che avanzano non sono in nome del governo», dicono dall’ambasciata ucraina presso la Santa Sede.
Dall’ufficio della vicepremier ucraina Iryna Vereshchuck preferiscono non commentare la notizia, è materia del ministero della Difesa, dicono. Mentre l’ufficio stampa del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, non ha informazioni a riguardo. Ma su quali basi le mogli dei soldati propongono ai media italiani di aiutarle ad arrivare a una resa sicura per i soldati di Azov, agendo peraltro in maniera indipendente, se lo stesso battaglione è inglobato all’interno dell’esercito ucraino e non sono state investite di alcuna competenza?
La Farnesina afferma che non c’è stato alcun incontro con loro. Neanche i partiti e i politici hanno voluto averci a che fare. «Sfortunatamente non ci siamo riuscite, ma speriamo che i politici leggano gli articoli e si mobilitino accogliendo i nostri appelli», dice Fedosiuk in un bar dietro piazza San Pietro. «Sappiamo che negli anni diversi esponenti politici della destra italiana si sono legati a Vladimir Putin».
Il riferimento è in primo luogo a Matteo Salvini che con la Lega ha anche stretto un accordo di partenariato con la Russia Unita, il partito del presidente russo. «A loro dico che se lo hanno fatto per ragioni economiche lo capisco, ma sappiano che a livello ideologico Putin non è come loro», dice Fedosiuk.
Secondo il quotidiano La Verità, la visita in Italia è stata gestita da Petya Verzilov, attivista russo-canadese ex marito di Nadezhda Tolokonnikova, una delle attiviste delle Pussy Riot, il movimento femminista di protesta russo. «Conosco Verzilov, è un mio caro amico», dice Fedosiuk, che però nega che sia stato lui a organizzare il viaggio in Italia. «Lui è venuto a Roma per girare un film su di noi, ma ci siamo organizzate autonomamente».
La propaganda
«Siamo qui anche per smontare le accuse contro il battaglione Azov, i nostri mariti sono brava gente non sono neonazisti. Non credete alla propaganda russa della denazificazione», dice Hannah Naumenko una giovane ragazza di 25 anni e moglie di Danilov Dmytro, che ha quattro anni in più di lei. Anche lui si trova all’interno dell’Azovstal. Si è arruolato nel reggimento Azov fin dall’inizio della guerra civile scoppiata nel Donbass nel 2014.
Il battaglione è nato nel 2014 da un gruppo di volontari del gruppo ultranazionalista Patriot of Ukraine e dal gruppo neonazista Social national assembly. Di chiara ispirazione xenofoba il 12 novembre del 2014 il gruppo, composto oramai da centinaia di volontari venuti da tutta Europa, è entrato a far parte dell’esercito ucraino dopo che sono riusciti a riprendere il controllo di Mariupol all’epoca finita sotto il controllo delle milizie separatiste filorusse per pochi mesi.
Il battaglione Azov è accusato di aver commesso numerosi crimini e violazioni di diritti umani nel Donbass e a Mariupol anche da ong e istituzioni occidentali. «Gli americani hanno consegnato armi ma hanno chiesto al presidente Volodymyr Zelensky che non vadano a finire tra le mani dei membri di Azov. È un grave errore visto che sono integrati all’interno dell’esercito ucraino e sono tra i reparti più specializzati», dice Fedosiuk. Ma su questo non ci sono conferme da fonti aperte. In ogni caso, essendo Mariupol completamente assediata, i marine ucraini e i membri di Azov che combattono nell’Azovstal non possono essere raggiunti da nessun convoglio militare.
Le evacuazioni
Si stima che nell’acciaieria ci siano circa mille persone, di cui la metà civili. La situazione è «oltre la catastrofe umanitaria», hanno detto la scorsa settimana i soldati. Manca acqua potabile, ci sono oltre seicento feriti e i viveri sono sempre meno.
Vladimir Putin ha dato ordine di non prendere d’assalto l’Azovstal per evitare altre vittime, ma piuttosto di continuare l’assedio con bombardamenti e attacchi da parte dell’artiglieria pesante.
Il Segretario generale, Antonio Guterres, ha chiesto al presidente russo di garantire l’evacuazione dei civili. Negli ultimi giorni qualcosa si sta muovendo, anche se a rilento: gli autobus dei corridoi umanitari hanno trasportato lontano da Mariupol circa cento civili nella giornata di domenica, mentre ieri altri sono stati evacuati dalla città che oramai è ridotta in macerie.
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