Il gip del tribunale di Torino ha accettato la richiesta di rinvio a giudizio per la direttrice delegata della società che gestiva il Cpr e per il medico della struttura al momento della morte di Moussa Balde. L’ispettore capo della polizia indagato ha patteggiato un anno di reclusione
La direttrice delegata di Gepsa, la società che gestiva il Cpr di Torino e il medico della struttura andranno a processo per la morte di Moussa Balde nel maggio del 2021. Il gip del tribunale di Torino ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio della procura per i due, mentre un ispettore capo della polizia indagato per dei falsi relativi alla compilazione di una serie di relazioni di servizio ha patteggiato un anno di reclusione.
Moussa Balde era un ragazzo migrante di 23 anni che, dopo essere stato vittima di un pestaggio a Ventimiglia da parte di persone italiane, era finito al Cpr di Torino perché trovato senza documenti. Qui – secondo le carte – una visita aveva solo segnalato lesioni sul corpo senza fare cenni al pestaggio e senza chiedere accertamenti ulteriori, anche sulla sua situazione di evidente fragilità psicologica. Dopo un secondo pestaggio all’interno della struttura, Balde era stato chiuso per 10 giorni in isolamento in una stanza della struttura che veniva chiamata “ospedaletto”, ufficialmente per una psoriasi. A causa dell’isolamento, prolungato e non monitorato, il 22 maggio Balde si era tolto la vita.
Ora il processo stabilirà le responsabilità del personale del Cpr nella morte del ragazzo, la cui famiglia si è costituita parte civile ed è seguita dall’avvocato Gianluca Vitale. Dopo la morte di Balde e prima della chiusura temporanea del Cpr, tra l’altro, altre tre persone avrebbero tentato il suicidio al suo interno. Intanto il centro di Torino è in procinto di riaprire dopo una ristrutturazione per volere del governo Meloni.
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