L'aula respinge la mozione nei confronti della titolare del Turismo con 206 voti contrari, 134 favorevoli e un astenuto: al centro i procedimenti giudiziari che coinvolgono le società del gruppo Visibilia e Ki Group. In mattinata la discussione generale sulla sfiducia a Nordio per il caso Almasri: «Risponderò al ritorno dalla mia missione in Argentina»
Per il governo è il giorno delle mozioni di sfiducia alla Camera dei deputati. Da un lato, nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio, per la gestione del caso del generale libico Almasri su cui pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi); dall’altro, verso la ministra del Turismo Daniela Santanchè – presentata da Movimento cinque stelle, Partito democratico ed Alleanza verdi e sinistra – per i molteplici guai giudiziari nella gestione delle sue società. Quest’ultima è stata respinta con 206 no, 134 sì e un astenuto.
Le parole di Santanchè in aula
La discussione sulla mozione di sfiducia a Santanchè è iniziata nel pomeriggio. Di certo, la ministra ha dalla sua parte la condanna per rivelazione di segreto di Andrea Delmastro Delle Vedove, che nonostante la decisione del tribunale di Roma è rimasto al suo posto di sottosegretario alla Giustizia, difeso a spada tratta da Giorgia Meloni.
Sul tema è intervenuto anche il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, Antonio Tajani: «Io voto contro la sfiducia a Santanchè, sono leale con il governo e sarò sempre leale. Io sono sempre tranquillo, perché dovrei essere imbarazzato?».
In aula è intervenuta la ministra per la replica, affermando di trovarsi «a rispondere per la seconda volta a una mozione di sfiducia anche se questa ha per oggetto fatti, tutti da verificare, che sono antecedenti al mio giuramento da ministro». Con riferimento all’accusa di truffa per la cassa integrazione Covid, la ministra ha detto: «il mio coinvolgimento nella vicenda si è limitato a decidere, come praticamente quasi la totalità delle aziende italiane, di accedere a tale beneficio a tutela della salvaguardia e dei posti di lavoro». Santanchè ha poi ribadito «l’impegno verso le istituzioni» e «il rispetto per la magistratura ma anche per i principi fondamentali del nostro ordinamento». La titolare del Turismo dice di avere «fiducia nella magistratura», che sarà chiamata a decidere, perché «non tocca a questo parlamento e neanche a me» farlo.
Santanchè ha anche richiamato il principio costituzionale della presunzione di innocenza: «Per far fuori un avversario politico siete disposti a calpestarla?», ha detto. Ha continuato facendo diversi esempi di amministratori pubblici e politici che si sono dimessi per poi essere assolti anni dopo nei processi. «Credo che il parlamento non debba diventare una corte di giustizia in mano a giudici, pochi per fortuna, che appartengono a correnti politicizzate», ha aggiunto la ministra.
Santanchè ha aggiunto: «L’ergastolo mediatico è una condanna che rimarrà tutta la vita da 'fine pena mai'». Successivamente ha parlato delle riforme e delle iniziative portate avanti dal ministero del Turismo: «un rilancio senza precedenti in cui abbiamo fatto la nostra parte, portando il Turismo al centro dell’agenda del governo».
«Sì, ho una collezione di borse. Mio padre mi ha insegnato che si nasconde solo quello che si ruba e io non ho nulla da nascondere. Io sono la prima e la più lucida a capire che per voi io sono l'emblema di ciò che detestate, lo rappresento plasticamente. Voi non volete combattere la povertà, volete combattere la ricchezza» ha affermato Santanchè, rivolgendosi alle opposizioni. «Io sono quella del Twiga e del Billionaire. Io sono la stessa persona che qualcuno di voi ha chiamato male assoluto, ma mi fermo qua. Io sono una signora. Potete convincere qualche pm e qualche giornalista della stampa amica, ma non riuscirete mai a farmi diventare come voi e a pensare come voi. Avrò il mio tacco a spillo, sarò sempre battagliera e con il sorriso», ha aggiunto.
Sulle sue dimissioni ha detto: «Deciderò da sola con me stessa e sarò guidata solo dal rispetto per il governo e dall’amore per il mio partito Fratelli d’Italia, per cui non vorrei mai essere un problema ma vorrei continuare a essere una risorsa».
Dopo la replica di Santanchè sono iniziate le dichiarazioni di voto dei deputati.
Le accuse a Santanchè
Era probabile che la ministra del Turismo resistesse anche a questa mozione di sfiducia, dopo essere già scampata ad aprile 2024. Per le opposizioni, quelle di Santanchè costituiscono «un insieme di condotte che – a prescindere da ogni rilievo penale – appaiono sempre più incompatibili con il mantenimento del compito di ministro della Repubblica, tanto più nel momento in cui si vanta un ruolo attivo nell’imprenditoria del paese e si riveste una funzione pubblica così rilevante per il tessuto produttivo», si legge nella mozione.
Il documento, a prima firma Silvestri, si riferisce ai diversi procedimenti giudiziari che coinvolgono la ministra, di fronte ai quali ha vacillato anche l’appoggio del suo principale sponsor all’interno di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa.
Primo tra tutti, il caso Visibilia, in cui la ministra è stata rinviata a giudizio con altri 16 (tra cui il compagno Dimitri Kunz e la sorella Fiorella Garnero) per falso in bilancio. Durante gli anni della gestione Santanchè, secondo i pm milanesi, i conti delle tre società che fanno parte del gruppo editoriale (Visibilia editore, Visibilia editrice e Visibilia srl), sarebbero stati «inquinati» per permettere alle aziende di rimanere in piedi. Il processo inizierà il 20 marzo a Milano.
La titolare del Turismo è poi coinvolta in altri due procedimenti penali: quello sulla «truffa» ai danni dell’Inps e quello per «bancarotta» dopo il fallimento di Ki Group Srl (a cui si potrebbe aggiungere un filone analogo per un’altra sua società, Bioera, finita a dicembre in amministrazione giudiziale).
Nel procedimento per truffa – che, nonostante la richiesta di spostarlo a Roma, rimarrà a Milano, come deciso dalla Cassazione – Visibilia editore, insieme alla consociata Athena pubblicità, ha già accettato di rimborsare a rate il denaro ricevuto dall’istituto di previdenza, in totale 126mila euro. Un filone che si è aperto dalle dichiarazioni di Federica Bottiglione, la manager che per prima, da sola ed esponendosi di persona, ha aperto la strada alle indagini sul sistema Visibilia.
Infine, il procedimento in cui la ministra è indagata per concorso in bancarotta è relativo al crollo della galassia societaria a vario titolo legata a Santanchè, dunque al fallimento di Ki Group, azienda specializzata nel commercio di alimenti bio travolta da un passivo di 8 milioni di euro. La ministra è stata presidente della società tra il 2019 e il 2020 e amministratrice fino a maggio 2021.
La mozione di sfiducia a Nordio
Alle 11 di stamattina invece si è tenuta la discussione sulla sfiducia a Nordio, presentata da tutte le forze di opposizione – Partito democratico, Movimento cinque stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva e +Europa – a eccezione del partito di Carlo Calenda, Azione, secondo cui mozioni come questa sono «completamente inutili». Prima firmataria, «in merito alla gravissima vicenda della liberazione e del rimpatrio con volo di Stato del torturatore libico Almasri», la deputata del Pd Chiara Braga.
L’aula era semivuota: nei banchi del governo, accanto al Guardasigilli, sedeva solo il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, mentre nella fila dei sottosegretari hanno preso posto il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto e il sottosegretario Andrea Ostellari. Undici i deputati tra i banchi del centrodestra, dieci di Fratelli d’Italia, uno di Forza Italia. Nessuno della Lega (se si esclude il sottosegretario Ostellari) e di Noi Moderati. Pochi i presenti anche tra i banchi delle opposizioni, non una novità per una seduta in cui non erano previste votazioni.
Alla fine del dibattito, Nordio ha detto che sul caso Almasri risponderà al ritorno dalla sua missione in Argentina. In mattinata, dunque, non si è andati oltre la discussione generale.
La sopravvivenza politica del Guardasigilli non dovrebbe essere messa in discussione, ma le opposizioni chiedono che sia la premier a rispondere in parlamento. Lo hanno formalizzato lo scorso 21 febbraio con una lettera firmata dai capigruppo di Pd, M5s, Avs, Iv e delle Minoranze Linguistiche, in cui hanno chiesto al presidente del Senato Ignazio La Russa l’immediata convocazione di una conferenza dei capigruppo per calendarizzare «quanto prima» il «Premier time». Tra gli altri, hanno citato il caso Almasri e la vicenda del software di Paragon, con cui sono stati spiati attivisti e giornalisti.
Il caso Almasri
La gestione del caso Almasri si sta giocando su più livelli, politico e giudiziario. Sul generale libico, capo della polizia giudiziaria di Tripoli – uno dei vertici di primo piano della nota milizia della capitale libica chiamata Rada – pende un mandato di cattura della Cpi per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il 19 gennaio la Digos lo ha arrestato a Torino.
Due giorni dopo, però, Almasri si trovava su un volo di stato italiano di ritorno in Libia, dove lo attendeva una folla in festa. Quel giorno, mentre il ministro Nordio comunicava che stava valutando la trasmissione formale della richiesta della Cpi al procuratore generale di Roma per «il complesso carteggio», il Falcon 900 usato dai servizi era già partito da Ciampino in direzione Torino, per recuperare il capo della polizia giudiziaria di Tripoli e garantirgli il ritorno a casa.
Dall’inizio il governo ha giustificato il suo rilascio con un errore procedurale che, tuttavia, il ministro della Giustizia avrebbe potuto sanare. Non lo ha fatto, salvo poi affermare, durante l’informativa in parlamento, che non ha dato seguito alla richiesta di arresto della Cpi perché il mandato era «pieno di inesattezze e contraddizioni» e «viziato fin dall’origine».
Oltre alla mozione di sfiducia, sul piano nazionale e internazionale pendono due processi sul caso: uno al tribunale dei ministri, su impulso di un esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti, che ha accusato la premier, i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega ai servizi, Alfredo Mantovano, a vario titolo, di omissione d’atti d’ufficio, favoreggiamento e peculato.
L’altro alla Cpi, verso cui il nostro paese ha un obbligo di cooperazione, che ha aperto ufficialmente un fascicolo contro l’Italia per chiarire le responsabilità. Solo di fronte a questa notizia, il governo ha cambiato linea, cercando di allentare le tensioni con l’istituzione internazionale.
© Riproduzione riservata