Lo chiamano il “faraone”. E a volte, per il cappello color cachi che indossa, anche Indiana Jones. È l’archeologo Zahi Hawass, ex ministro delle Antichità dell’Egitto e attuale segretario generale del Consiglio superiore delle antichità egizie, oggi in pole per la presidenza del museo egizio di Torino. La nomina dello studioso che ha riscritto la storia di Tutankhamun, stando alle prime indiscrezioni e nonostante trapeli pure che al vaglio ci sarebbero più nomi, potrebbe arrivare a novembre dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.

Proprio a novembre scade infatti il mandato dell’attuale presidente, Evelina Christillin, che, il suo incarico al museo egizio di Torino, lo svolge da dodici anni, destinando tra l’altro l’emolumento che le spetta – parliamo di 80mila euro all’anno – nelle casse dello stesso museo. E, sempre in base ai rumors, quest’incarico Christillin avrebbe voluto e potuto svolgerlo fino al mese di settembre del 2025, data di scadenza del consiglio d’amministrazione in carica.

C’è d’altronde un parere legale che lo conferma: Christillin scadrebbe a settembre 2025 insieme al Cda, dal momento che in periodo Covid la presidente si è trovata a operare come organo monocratico pro tempore fino al perfezionamento del Consiglio avvenuto nel settembre del 2021. Nulla, poi, ne vieterebbe il conferimento di un ulteriore mandato. Ma tant’è.

La scelta politica

Dietro al possibile arrivo di Hawass al museo torinese i più maliziosi leggono una manovra ben precisa del governo. Tuttavia per capirla bisogna tornare al 2018, quando il direttore della struttura museale Christian Greco – tuttora in carica e in scadenza a giugno 2025 – dà vita a un’iniziativa promozionale nei confronti dei visitatori di lingua araba, da intendere come apertura al dialogo tra culture.

Un fatto che al tempo non è piaciuto affatto a Fratelli d’Italia, in primis a Giorgia Meloni che parla di «discriminazione verso gli italiani». E in particolar modo non è piaciuto neanche all’attuale vice del Carroccio, Andrea Crippa, che sulla vicenda, la quale ha anche avuto degli strascichi giudiziari, è tornato a settembre di nemmeno un anno fa: «Faremo di tutto per cacciare Greco e chiediamo a Sangiuliano di cacciarlo se non si dimette lui».

In realtà l’unico organo deputato a decidere sul direttore del museo è il cda, dove le scelte del presidente avrebbero però un certo peso. Nonostante Sangiuliano, a settembre scorso, abbia smorzato le polemiche lodando il lavoro di Greco, la sorte di quest’ultimo sarebbe legata a filo doppio alla volontà, qualora venisse nominato, di Zahi Hawass, voluto dal governo di centrodestra, che comunque in un’intervista a La Stampa ha detto che avrebbe «piacere a lavorare con Greco».

La posizione dell’attuale direttore non sarebbe quindi messa in discussione. Ma cosa succederà realmente? Se davvero Hawass diventasse presidente, due egittologi nello stesso museo (Christillin è una manager) potrebbero convivere?

Nel frattempo, in vista del bicentenario della Fondazione del museo egizio – museo che con Greco e Christillin è passato da 400mila a un milione e 700mila visitatori ed è diventato uno dei musei più visitati in tutta Italia, ha tessuto ottime relazioni con l’Egitto e al contempo ha intitolato una delle sue sale a Giulio Regeni – è partito il progetto di rifunzionalizzazione della struttura che, da lunedì 17 giugno, rimarrà chiusa per circa un mese.

In vista del Bicentenario e considerati i lavori di ristrutturazione e restauro, secondo quanto riporta La Stampa, i soci fondatori della Fondazione Museo Egizio hanno scritto una lettera al governo chiedendo di garantire continuità e correggere un disallineamento tra la carica del presidente e quella del cda, che ad oggi hanno due scadenze differenti. Si chiede quindi al ministro di prorogare il mandato di Christillin di un anno. 

Le petizioni di Hawass

Tornando all’archeologo egiziano, non si può in ultimo dire che non sia una figura chiacchierata. Hawass, che negli ultimi giorni ha chiarito di «non aver ricevuto alcuna proposta» ma che nel caso accetterebbe volentieri l’incarico a Torino, godrebbe, in base a quanto trapela, di grandissima ammirazione da parte del ministro Gennaro Sangiuliano.

È poi famoso per le sue battaglie “nazionaliste”, basate sul ritorno dei reperti presenti nei vari musei del mondo nei loro paesi d’origine. In altre parole trattasi dello studioso, classe 1947, che intende – ha appena rilanciato una petizione che ha già raccolto trecentomila firme – riportare la Stele di Rosetta, il frammento di pietra trovato dalle forze conquistatrici di Napoleone nonché fondamentale per decifrare i geroglifici egiziani, in Egitto “strappandola” al British Museum di Londra.

Quando nel 2007 e poi nel 2019 l’archeologo chiese in prestito a Germania, Gran Bretagna e Francia tre tesori per il progetto del Grande Museo Egizio vicino alle Piramidi di Giza, sia il museo di Stato di Berlino, sia il Louvre di Parigi sia il già citato British Museum rifiutarono la richiesta. E forse non lo fecero per cattiveria.

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