Dieci arresti nel Trapanese, per i magistrati l’ex esponente del centrosinistra siciliano dava soldi ai mafiosi in cambio di voti. In un’intercettazione, dopo la mancata elezione alla Ars del candidato che sponsorizzava, si lamenta però che quel «mondo collaterale» non offre più le garanzie di un tempo
«Ci ha fatto buttare duemila euro per far mangiare una pizza a quattro spacciatori, e ci hanno portato sì e no trenta voti». È il 13 ottobre 2022, quando l'ex senatore Nino Papania si sfoga parlando con il proprio autista. Nonostante siano passate quasi tre settimane dal voto per le ultime Regionali in Sicilia, all'ex esponente di Pd e Margherita non va giù la mancata elezione all'Ars del suo uomo di fiducia. Dietro questa frase, per i magistrati della Dda di Palermo c'è l'ammissione del coinvolgimento diretto di Papania in una vicenda di voto di scambio con esponenti di Cosa nostra. Un'accusa che oggi ha portato all'arresto del noto politico originario di Alcamo.
Papania è tra le dieci persone finite in carcere nel blitz eseguito alle prime luci dell'alba dalla polizia. I magistrati gli contestano di avere cercato l'appoggio del 54enne Giosuè Di Gregorio, ritenuto tra i soggetti più in vista di Cosa nostra ad Alcamo, con contatti anche con la 'ndrangheta in Calabria. A fare da tramite tra Papania e Di Gregorio, sarebbe stato Pasquale Perricone, anche lui arrestato e che di Alcamo in passato è stato vicesindaco.
Gli amici dell’ex senatore
Gli investigatori hanno monitorato diversi contatti tra Perricone e l'esponente di Cosa nostra, incontri che sarebbero serviti a condurre una trattativa per ottenere il sostegno elettorale in favore di Angelo Rocca, candidato alle Regionali con la lista Popolari e Autonomisti, il movimento dell'ex governatore Raffaele Lombardo.
«Dobbiamo votare a questo... e il senatore mi ha preparato duemila euro che mi darà mercoledì», è la frase pronunciata, il 4 settembre, da Giosuè Di Gregorio. L'uomo è intercettato mentre parla con il fratello. I due si confrontano dopo che il presunto esponente di Cosa nostra era tornato da un giro in auto con Perricone. Gli investigatori sospettano che a bordo della vettura ci fosse anche una terza persona, ma non è stato possibile verificare di chi si trattasse.
Nessun dubbio nutrono, invece, i magistrati sul fatto che Papania abbia avuto un ruolo centrale nella ricerca di voti dagli ambienti mafiosi. Una settimana dopo, a casa Di Gregorio arrivano 1.500 euro, per gli inquirenti si tratta di un acconto. «Tuo padre e tua madre me lo fanno il favore di dare il voto a chi dico io?», chiede il 54enne alla compagna, che si mostra disponibile a chiedere ai propri genitori se abbiano già fatto promesse ad altri. «Non ne devono avere impegni, perché col senatore siamo amici. Questi soldi, lui me li manda», taglia corto Di Gregorio.
Alla fine, tuttavia, il candidato sostenuto da Papania non verrà eletto: nonostante 3.361 preferenze ottenute nell'intera provincia, Rocca pagherà il poco riscontro ottenuto dalla propria lista. Un insuccesso di cui Di Gregorio non si sente responsabile – «lo portavamo, a Trapani gli ho fatto avere un mare di voti» – ma che invece fa andare su tutte le furie l'ex senatore.
«Persone serie non ce n’è più»
Papania, che all'Ars c'è stato a fine anni Novanta prima di fare il grande salto a Roma – farà il parlamentare fino al 2013 –, a metà ottobre del 2022 si lascia andare a una serie di considerazioni che per il gip Alfredo Montalto sono inequivocabili: «Pasquale, lo scienziato della politica... è una testa di minchia», dice Papania facendo riferimento alle garanzie ricevute da Perricone. L'ex senatore poi nomina anche un “Giosuè” a cui sarebbero arrivati «un mare di soldi» e che in realtà sarebbe «nuddu ammiscatu cu nenti (nessuno mischiato con niente)». Per gli inquirenti si tratta di Di Gregorio, poiché Papania cita anche la via in cui l'uomo abita.
Qualche mese dopo, gli investigatori intercettano un altro dialogo. L'ex senatore rimpiange un passato in cui quello che definisce «mondo collaterale» offriva più garanzie. «Persone serie non ce n'è più. Anche questo mondo collaterale di una volta, per quanto deprecabile, un suo senso ce l'aveva. Ma ora è proprio... corri il rischio solo di farti male e basta», dice Papania.
«Una gran passata di legnate»
A essere citata nell'ordinanza è, infine, un'altra vicenda che avrebbe visto Papania protagonista a inizio 2023. «È indicativa della personalità dell'indagato», sottolinea il gip. In seguito alle elezioni comunali tenutesi a Castellammare del Golfo, Papania avrebbe pensato di vendicarsi dopo che un politico del posto aveva rifiutato di fare campagna elettorale per il candidato da lui sostenuto. «Cosa di andarci a casa a dargli una gran passata di legnate», commentava Papania, aggiungendo di essere intenzionato a chiedere l'intervento di un uomo di Alcamo già condannato per mafia.
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