Secondo il nuovo codice della strada, approvato mercoledì 20 novembre in Senato, basterà essere positivi a un test per le sostanze stupefacenti per incorrere nella revoca della patente, che si potrà riacquisire dopo tre anni. 

L’articolo 187 del codice della strada, prima della modifica, prevedeva che la revoca avrebbe riguardato una «guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanza stupefacenti», la dicitura attuale elimina il riferimento allo «stato di alterazione psicofisica» lasciando soltanto quello all’uso delle sostanze. Le implicazioni, dunque, riguardano le modalità di accertamento.

Come spiega l’avvocato Lorenzo Simonetti, «con il vecchio codice bisognava certificare la condizione alterata del conducente. Di norma gli agenti scortavano la persona fermata al pronto soccorso per fare un controllo e in quell’occasione il personale medico sanitario poteva verificarne l’alterazione», a quel punto l’agente disponeva la revoca della patente. «Anche con il vecchio codice c’erano dei problemi perché è difficile accertare uno stato alterato», continua Simonetti. Infatti in Italia non esistono dei livelli soglia di thc oltre i quali si possa stabilire l’alterazione psico-fisica di un individuo, come accade invece con l’alcol.

Con il nuovo codice della strada ora invece basterà effettuare il test salivare a disposizione degli agenti – prima meno diffuso –  e se risulterà positivo gli agenti di polizia stradale potranno predisporre il ritiro della patente. «I risultati del test saranno sviluppati da laboratori convenzionati», spiega l’avvocato. Qualora il risultato non dovesse essere disponibile immediatamente, gli organi di polizia stradale potranno in ogni caso predisporre il ritiro della patente fino all’esito degli accertamenti.  

Questi test però non necessitano di una visita in un pronto soccorso: il personale sanitario specializzato non potrà dunque verificare lo stato di alterazione del conducente e l’unica discriminante per la sanzione sarà il test. 

C’è un problema però: i test salivari non sono accurati e possono rilevare un consumo antecedente anche di molti giorni al momento della guida. 

«Inoltre – spiega l’avvocato – la norma penalizza chi assume cannabis a scopo terapeutico, infatti al momento non è prevista alcuna distinzione tra chi ha una prescrizione e chi non la ha». C’è poi un’altra questione legata alla cannabis terapeutica: «Chi la consuma per motivi curativi tende a sviluppare più assuefazione. Nelle analisi del sangue dunque potrebbe registrarsi un alto livello di thc che non corrisponde per forza a uno stato psico fisico alterato». Tutto ciò con la nuova legge non potrà essere argomentato. 

Simonetti pensa che la Corte costituzionale potrebbe esprimersi su questa misura: «Anni fa la Corte si era interessata a questo caso, ma aveva salvato la norma proprio perché nell’articolo 187 c’era un riferimento all’accertamento dello stato di alterazione». Ora che questa specifica è stata soppressa l’avvocato pensa che la norma potrebbe essere giudicata incostituzionale. 

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