Ha confessato ai carabinieri che lo hanno arrestato l’omicida di Sharon Verzeni, 33 anni, a Terno d’Isola, nel Bergamasco. Il delitto è avvenuto intorno alle 00:50 del 30 luglio. L’uomo arrestato è stato identificato come la persona ripresa dalle telecamere di sorveglianza che si allontanava rapidamente dal luogo del delitto in bicicletta, il famoso “uomo in bici” inizialmente considerato un testimone chiave. 

Si chiama Moussa Sangare, 31 anni. Nato a Milano da una famiglia di origine africana, il 31enne, di nazionalità italiana, vive a Suisio, un paese della Bergamasca, distante appena cinque chilometri da Terno d’Isola. Disoccupato e incensurato, Sangare secondo gli inquirenti non conosceva Sharon Verzeni. Un omicidio che per gli inquirenti risulta al momento «senza apparente motivo».

«A un mese dalla morte di nostra figlia, la notizia di oggi ci dà sollievo, perché mette fine a tutte le speculazioni sulla vita di Sharon e di Sergio», ha detto Bruno Verzeni, il padre della vittima, leggendo un breve comunicato fuori dalla loro casa a Bottanuco, in provincia di Bergamo, insieme alla moglie e ai due figli. «Vogliamo che l'assurda e violenta morte di Sharon non sia stata vana», ha aggiunto, «e che porti tutti a una maggiore consapevolezza sulla sicurezza nelle nostre vite. Ci affidiamo a Dio per aiutarci, insieme a Sergio, a convivere con il nostro dolore e con il pensiero di ciò che nostra figlia ha dovuto subire».

Un mese dal delitto

La donna stava rientrando a casa dopo una passeggiata notturna per Terno d'Isola, lungo via Castegnate, la strada principale del paese, quando è stata colpita a morte da quattro coltellate. Le telecamere di videosorveglianza non hanno ripreso il momento dell'omicidio, ma hanno catturato l'immagine di un uomo in bicicletta che si allontanava contromano lungo via Castegnate all'orario del delitto. È da quei frame che i carabinieri sono giunti a Moussa Sangare.

Il 31enne è stato fermato nella notte, a un mese esatto dall'omicidio, «al termine di complesse e laboriose indagini». A suo carico gli investigatori hanno raccolto «gravi indizi di colpevolezza, elementi probatori del pericolo di reiterazione del reato, di occultamento delle prove, nonché del pericolo di fuga».

«Stanotte al termine di serratissime indagini siamo pervenuti a identificare il signore in bicicletta che ha reso prima spontanee dichiarazioni poi, in sede di interrogatorio, ha reso una piena confessione»: ha detto Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto a Bergamo.

Quella notte è «uscito di casa con 4 coltelli» e il suo «obiettivo era colpire qualcuno», ha detto Rota, spiegando perché il pm Emanuele Marchisio contesta l'aggravante della premeditazione all'omicidio volontario. 

Sangare avrebbe inoltre minacciato e puntato un coltello contro due ragazzini tra i 15 e i 16 anni, prima di aggredire e uccidere Sharon Verzeni, che secondo Rota si sarebbe così trovata «nel posto sbagliato al momento sbagliato». Rota ha poi invitato i due minorenni a presentarsi dai carabinieri per fornire la loro testimonianza. 

«Sarebbe anche un dovere», ha aggiunto la procuratrice Rota. «Se vengo minacciato per strada, posso anche ritenere di non andare a denunciare, ma dopo un omicidio di questo genere riteniamo sia un dovere se erano in quell'arco temporale e nello spazio dello stesso paese, visto che potevano dare informazioni utili per ricostruire l'identikit», ha aggiunto.

«Né durante le dichiarazioni spontanee né durante l'interrogatorio Moussa Sangare ha mai dimostrato di essere sotto l'effetto di sostanze alcoliche o di droghe», ha detto Rota, secondo cui l’uomo ha detto di essere «dispiaciuto per quello che ha fatto». 

«Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l'ho vista e l'ho uccisa», ha detto Sangare.

Le indagini

Durante una conferenza stampa in procura a Bergamo, gli inquirenti hanno chiarito i dettagli delle indagini. L’identificazione dell’uomo sarebbe stata possibile grazie alla testimonianza spontanea di due cittadini stranieri, regolari sul territorio italiano, che avevano notato l’uomo aggirarsi intorno alla zona del delitto.

I dettagli forniti dai testimoni, incrociati con le riprese delle numerose telecamere di sorveglianza della zona, hanno permesso di ricostruire il percorso in bicicletta dell’uomo.

Nella sua abitazione sono stati ritrovati gli abiti che l’uomo indossava nelle riprese, e quindi la sera dell’omicidio.

Sangare ha anche indicato agli inquirenti dove ha nascosto l’arma del delitto, che è stata ritrovata sepolta in un’area lungo l’argine del fiume Adda, in zona Medolago. La lama, secondo le prime analisi, sarebbe compatibile con i segni rintracciati dai medici legali sul corpo della donna.

Il sospettato

Le telecamere di sorveglianza hanno registrato numerose persone transitare nella zona di via Castegnate nella notte tra il 29 e il 30 luglio. Durante le indagini, i carabinieri hanno identificato tutte le persone riprese; tra queste, un uomo in bicicletta è stato ripreso da diverse telecamere, mentre si aggirava nei dintorni e poi mentre si allontanava rapidamente dal luogo.

All'inizio, i carabinieri avevano ipotizzato che l’uomo potesse essere un testimone chiave del delitto; tuttavia, con il progredire delle indagini, sono emersi a suo carico gravi indizi di colpevolezza. Questi elementi hanno portato al suo fermo su ordine della Procura, che dovrà essere convalidato dal gip di Bergamo a cui è stato chiesto di disporre per Sangare la misura della custodia cautelare in carcere.

Salvini sui social: «Pena esemplare». Zanella: «Post orribile»

«Fermato Moussa Sangare, origini nordafricane e cittadinanza italiana, sospettato di aver assassinato la povera Sharon. Spero venga fatta chiarezza il prima possibile e, in caso di colpevolezza, pena esemplare, senza sconti. Complimenti ai Carabinieri!», scrive sui suoi profili social il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini. 

«Oh, abbiamo i giornali che per una volta ci dicono la nazionalità di un criminale. È italiano. Si chiama Moussa Sangare» scrive, invece, in un post su X il senatore della Lega, Claudio Borghi.

A replicare al post di Salvini, Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera, che ha definito «inaccettabile» il tentativo di attribuire una connotazione etnica all’omicidio di Verzeni.

«Ovviamente Matteo Salvini ha già sentenziato la colpevolezza di Moussa Sangare, chiedendo pena esemplare, cioè potenziata? Ciò che è orribile nel suo post è il tentativo di accreditare una origine etnica del femminicidio: questo è inaccettabile perché nega totalmente e colpevolmente la trasversalità di un fenomeno che non riguarda classi sociali, colore della pelle, confini statali e che la maggior parte delle volte nasce dentro i nuclei familiari. Troppo spesso il maschio killer è marito, compagno, partner», ha dichiarato Zanella.

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