Sono 6mila le bombe lanciate su Gaza da sabato: l’ha scritto su X, vecchio Twitter, Daniel Hagari, il portavoce delle forze di difesa israeliane. In totale, si tratta di 4mila tonnellate di esplosivo. Per il portavoce dell’Onu Stephane Dujarric la situazione umanitaria, senza più rifornimenti di carburante, cibo ed elettricità sta diventando più ardua «di giorno in giorno, se non di ora in ora», come riporta Associated press.

Gli abitanti di Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza, hanno raccontato di aver visto piovere dei volantini lanciati dagli aerei israeliani: devono evacuare le loro case e dirigersi verso un rifugio. «Chiunque sia vicino ai terroristi di Hamas metterà la propria vita in pericolo. Rispettare le istruzioni dell’Idf potrà prevenire la vostra esposizione al pericolo», recita un volantino citato dall’Ap, che sottolinea come i rifugi di Gaza non siano sicuri: l’agenzia Onu per i rifugiati che opera lì ha visto dieci dei suoi rifugi distrutti dall’inizio dell’assedio, e sono almeno 9 gli operatori uccisi.

La situazione umanitaria

Per il World food programme (Wfp) dell’Onu, sono centinaia di migliaia le persone che non hanno accesso a cibo e acqua.

Tra i timori principali, la sorte delle strutture sanitarie: la Croce rossa internazionale ha segnalato che gli ospedali di Gaza potrebbero trasformarsi in obitori, mentre l’ultima fonte di energia rimasta, i generatori, esauriscono il carburante: «La miseria umana causata da questa escalation è aberrante, imploro le parti di ridurre la sofferenza dei civili», ha detto il direttore regionale della Croce rossa per il Medio oriente Fabrizio Carboni. «Gli ospedali senza energia elettrica mettono a rischio i neonati nelle incubatrici e i pazienti anziani attaccati all’ossigeno». 

Il ministro dell’Energia israeliana Israel Katz ha scritto su X, vecchio Twitter, che «nessun interruttore sarà acceso, nessun idrante sarà aperto e nessun rifornimento di carburante passerà finché i rapiti israeliani non torneranno a casa. E nessuno ci faccia la predica per la morale».

Blinken-Netanyahu

Continua intanto la missione del segretario di Stato americano Antony Blinken, arrivato in Israele.

Blinken ha incontrato oggi il premier Benjamin Netanyahu: «Hamas è l’Isis», ha detto Netanyahu, «Hamas deve essere trattata esattamente come l’Isis e schiacciata». Nella sua visita a Tel Aviv, Blinken ha promesso il sostegno degli Stati Uniti a Israele.

Secondo fonti palestinesi, venerdì dovrebbe incontrare anche il presidente dell’Anp Abu Mazen. Domani invece, secondo Sky News, Blinken si recherà a Doha per lavorare ai negoziati sugli ostaggi. La Bbc ha riferito che il Qatar aveva già provato a trattare il rilascio di donne e bambini, in cambio di 36 donne dalle prigioni israeliane, ma Israele aveva negato a Reuters l’esistenza qualsiasi negoziazione in atto.

Gli ostaggi

Il coordinatore speciale nominato dal governo, il generale Hirsch, ha parlato dello sforzo «di intelligence e operativo» che Israele sta portando avanti per individuare gli ostaggi e i dispersi: «Molti feriti sono ancora negli ospedali e noi diamo la caccia a ogni dettaglio che ci aiuti a localizzare tutti i dispersi».

Il portavoce Hagari ha detto intanto di essere in contatto con 97 famiglie di ostaggi: secondo alcuni rapporti ripresi da Times of Israel, mentre Hamas e la jihad islamica sostengono di avere 130 prigionieri le persone detenute sarebbero almeno 200.

L’incursione via terra

Sembra che all’operazione di terra di Israele – agevolata dalla creazione di un governo di unione nazionale nel corso della giornata di mercoledì – non manchi più tanto. Il presidente Isaac Herzog ha detto in un briefing ai giornalisti stranieri che «Israele in lutto si sta preparando a una vasta campagna militare contro Hamas», come riferito da Sky tg24: tuttavia, non ha risposto a una domanda sulla possibilità dell’incursione via terra.

Un dirigente di Hamas, Ali Baraka, avrebbe intanto dichiarato alla tv Russia Today che l’attacco di sabato era stato pianificato con due anni di anticipo, e che i dirigenti informati «si potevano contare sulle dita di una mano». Sia la modalità che la data erano top secret, avrebbe detto Baraka, e anche i paesi considerati alleati sarebbero stati informati solo ad azione iniziata.

Negli ultimi giorni l’intelligence statunitense ha indagato su un possibile coinvolgimento dell’Iran, ma per il momento non sono emersi dei legami diretti. Il New York Times ha raccontato anzi che diversi funzionari iraniani, «di quelli che normalmente sarebbero stati consapevoli delle operazioni delle brigate al-Quds», erano rimasti sorpresi dagli attacchi di Hamas.

Gli sforzi diplomatici internazionali

Il resto del mondo si adopera per una de-escalation e continuano i contatti tra leader internazionali. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha detto al ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant: «Israele non è solo». Dalla Nato arriva il sostegno al diritto alla difesa di Israele che deve essere svolto «con proporzionalità». Inoltre, «gli Alleati hanno anche chiarito che nessuna nazione o organizzazione deve cercare di trarre vantaggio dalla situazione o di inasprirla».

Il principe ereditario dell'Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, ha avuto un colloquio telefonico con il presidente della Repubblica islamica dell'Iran, Ebrahim Raisi, con il quale ha discusso del conflitto militare in corso nella Striscia di Gaza e nei territori circostanti. Si tratta di due paesi che tra loro negli ultimi anni hanno avuto rapporti diplomatici in salita.

Nel corso del colloquio, Mohammed bin Salman ha dichiarato che Riad sta portando avanti i suoi sforzi diplomatici prendendo contatti con «tutte le parti internazionali e regionali per porre fine al conflitto in corso». Il principe ereditario, inoltre, ha ribadito la ferma posizione dell'Arabia Saudita contro il fatto che siano presi di mira dei civili, «in qualunque modo», e contro «la perdita di vite innocenti», sottolineando la necessità di rispettare i principi del diritto umanitario internazionale. Mohammed bin Salman ha quindi espresso la propria preoccupazione per «le gravi condizioni umanitarie nella Striscia di Gaza e per l'impatto del conflitto sui civili».

Damasco e Aleppo

Nel corso della giornata di giovedì, l’agenzia di stampa siriana Sana ha riferito che le piste di atterraggio degli aeroporti di Damasco e Aleppo sono fuori uso, in seguito a degli attacchi aerei condotti da Israele.

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