Ci sono casi in cui la ricerca di un’Olimpiade può diventare «tossica», anche se le Olimpiadi sono state la tua ricerca della felicità. È la storia di Federica Cesarini, oro a Tokyo 2021 nel doppio pesi leggeri di canottaggio, in coppia con Valentina Rodini.

«Quando mi hanno detto che non sarei andata a Parigi è stata quasi una liberazione, ho ricominciato a respirare». Ne parla serenamente Federica, tra un giro di cucchiaino alla tazzina del caffè e un’occhiata alla torretta della Canottieri di Gavirate, sul lago di Varese, dove si allena in accordo con la federazione.

Qui Federica è di casa, a volte apre lei la palestra. Voga con i ragazzi, parla con gli istruttori, gira tra le gigantografie che la ritraggono insieme agli altri olimpionici della struttura. «Dopo tutto quello che è successo negli ultimi tre anni, avevo bisogno di staccare e tornare sul mio lago» spiega l’atleta della Polizia.

La gente di lago è così, quando un’onda la colpisce, si ritrova tra le acque calme. Il doppio pesi leggeri non si è qualificato agli ultimi Giochi francesi, dopo una rincorsa lunga e piena di momenti complicati, come gli infortuni della sua compagna Valentina.

Prima due costole, poi la caviglia, il femore e ancora le costole. «Non so che forza interiore la animasse – racconta Cesarini – io mi sarei fermata molto prima». Il triennio olimpico dopo Tokyo è cominciato male e finito peggio. «Ai mondiali di Řečice, in Repubblica Ceca, nel 2022, non avevamo le sensazioni dell’anno prima, la barca proprio non andava» confessa Federica. Undicesimo posto finale.

Da allora il direttore tecnico Francesco Cattaneo, nel tentativo di ritrovare un’imbarcazione vincente, ha rimescolato più volte le carte. «Siamo state gestite un po’ male – confida Cesarini – era giusto provarci, ma non a costo di rimetterci fisicamente e psicologicamente».

I freni

I problemi di Valentina hanno involontariamente interrotto un ritmo che faticosamente si ricostruiva. «Ci fermavano e ricominciavamo più forte – svela Cesarini – così per due anni. Siamo arrivate a maggio scorso sfatte, a livello atletico e mentale». Alla regata finale di qualificazione di Lucerna si assegnavano gli ultimi due pass olimpici. Cesarini e Rodini hanno concluso al quarto posto, rimanendo fuori dai Giochi.

Ci sarebbe stata la possibilità di rientrare nel doppio senior, senza limite di peso, ma Cattaneo ha fatto altre scelte. «La delusione è stata forte, ma in qualche modo ero quasi sollevata» ammette la campionessa. In un attimo era sparito tutto: pressione, stress e amarezza per una rincorsa voluta ma forse anche forzata. A Tokyo la mente aveva fatto la differenza: «La barca volava perché pesavamo poco noi e soprattutto pesava poco la nostra testa».

Parigi è stata un’Olimpiade vissuta diversamente, fatta di eventi a Casa Italia e di tifo per il fidanzato Luca Chiumento, argento nel quattro di coppia. La pausa dalle gare le ha permesso di dedicarsi al beach sprint, la disciplina che a Los Angeles 2028 sostituirà proprio il doppio pesi leggeri. Un modo di remare del tutto nuovo per lei, abituata alla quiete e alle sponde del lago.

Il beach sprint si compone infatti di una corsa di 60 metri sulla spiaggia, di un tratto di mare da 250 metri fino a una boa, poi una virata e altri 250 metri, prima dell’ultimo scatto. Ai mondiali di Genova a settembre, con pochi mesi di preparazione alle spalle, ha chiuso al 26esimo posto, ma con un tempo da finale nella prima frazione. Piccoli indizi di un futuro da top che però non deve rappresentare un’ossessione.

«Mi sono avvicinata al beach sprint perché mi sentivo un po’ stufa del canottaggio classico – confessa – ma nel momento in cui non mi divertirò più potrò anche smettere, a 28 anni non ho mai avuto un’esperienza lavorativa». Con una laurea magistrale in Governo, amministrazione e politica si può anche pensare a un futuro lontano dalle barche, ma senza fretta e senza rincorse.

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