- Gli investigatori dei Vigili del fuoco hanno concluso la loro relazione sulle cause che hanno portato al rogo. Il testo è agli atti dell’inchiesta della procura di Milano guidata dai pubblici ministeri Tiziana Siciliano e Marina Petruzzella.
- L’incendio ha avuto probabilmente origine da cause accidentali, con il lancio di un mozzicone di sigaretta ancora acceso.
- Secondo quanto è possibile ricostruire al momento, potrebbero essere sette o otto gli indagati, forse una decina ma molto dipenderà dall’incastro di indizi e prove raccolti dalla procura e dai Vigili del fuoco.
L’incendio della Torre dei Moro a Milano, il palazzone di via Antonini bruciato come un fiammifero il 29 agosto scorso, ha avuto probabilmente origine da cause accidentali, con il lancio di un mozzicone di sigaretta ancora acceso, e l’installazione dei pannelli che contribuito alla propagazione del rogo erano stati montati prima che venisse rilasciata l'omologazione da parte del ministero dell'Interno. Sono alcuni degli elementi che emergono dalla relazione dei Vigili del Fuoco del nucleo investigativo antincendi depositata agli atti dell'inchiesta della procura di Milano per disastro colposo.
L’ipotesi di reato sul tavolo dei pubblici ministeri Tiziana Siciliano e Marina Petruzzella è quella descritta agli articoli 113, 434 e 449 del codice penale: concorso in disastro colposo – in questo caso sotto la forma di un incendio – che ha portato al crollo di pezzi della costruzione, come si è visto nei tanti video del rogo girati su internet dai quali si vedevano esplodere i lastroni della copertura a forma di vele del palazzo.
Le indagini
Secondo quanto è possibile ricostruire al momento, potrebbero essere sette o otto gli indagati, forse una decina ma molto dipenderà dall’incastro di indizi e prove raccolti dalla procura e dai Vigili del fuoco. Nella lista ci saranno, salvo colpi di scena, i vertici della Cantori di Osimo, la società a cui è stata subappaltata la posa dei pannelli dell’azienda spagnola Alucoil che ricoprivano l’edificio.
Lo scorso ottobre l’azienda è stata perquisita, subito dopo gli avvocati difensori, tra cui Marco Pacchiarotti, hanno presentato ricorso al tribunale del riesame con lo scopo, in particolare, di poter visionare le carte in mano alla procura.
Per supportare le ipotesi, gli inquirenti hanno lavorato sulla catena di responsabilità, dalla fase progettuale del palazzo alla sua realizzazione, cercando di capire se vi fossero state delle mancanze che hanno portato all’installazione dei pannelli infiammabili sulla facciata dell’edificio, in apparente violazione delle norme generali che regolano le costruzioni.
In questo senso, negli atti in mano alla procura ci sarebbero le conferme che le aziende, tra queste anche l’Aghito Zambonini che si occupava della facciata per conto della società titolare del progetto, Moro Costruzioni, avessero presente la pericolosità dei materiali montati. Gli stessi sarebbero presenti anche negli edifici dell'aeroporto di Venezia e in un ospedale di Varese, due costruzioni molto sensibili e sulle quali le autorità potrebbero avviare dei controlli. La procura inoltre sta cercando di chiarire se anche Moro costruzioni fosse al corrente della loro pericolosità.
L’incendio innescato da una sigaretta
Nel frattempo, dalle relazioni del Nucleo investigativo antincendio della Lombardia e dal comando provinciale dei Vigili del fuoco emergono dettagli interessanti. Il primo è relativo all'innesco del fuoco. Le indagini non hanno portato a una risposta univoca, ma la pista più probabile sembra essere quella della causa accidentale, ovvero il lancio dall’alto di un mozzicone di sigaretta ancora acceso che avrebbe innescato l’incendio. Un’altra ipotesi sul tavolo, molto meno probabile rispetto alla prima, è l’«effetto lente», il caso in cui una bottiglia di vetro riflette i raggi solari e dà il via a un rogo.
Per quanto riguarda i pannelli dei rivestimenti del grattacielo, i Vigili del fuoco hanno scoperto che vennero forniti tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010 dalla Alucoil alla Zambonini prima che venisse rilasciata l'omologazione da parte del ministero dell'Interno.
A sua volta, l’installazione da parte della Zambonini avvenne in maniera «difforme» rispetto a quanto previsto previsto dal Certificato di prova e dall’omologazione stessa.
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