Chi prenderà in mano l’albo d’oro del trofeo si domanderà come mai lo sport più diffuso sul pianeta Terra sia stato preso in ostaggio così a lungo da due soli uomini per un periodo di fatto interminabile. O Messi o Ronaldo, o Ronaldo o Messi. Da oggi può cominciare il futuro. Non ci sono più tasse da pagare ai re. Il calcio può cominciare a programmare la costruzione di un nuovo pantheon
Il miglior calciatore del mondo da qualche settimana è certamente Jude Bellingham. È inglese, vent’anni, arrivato al Real Madrid per 100 milioni. Sta segnando a un ritmo che nemmeno il primo Cristiano Ronaldo seppe mantenere, e non è neppure un attaccante.
Il calciatore di maggior valore sul mercato è invece considerato Kylian Mbappé, 25 anni, due finali mondiali già giocate in carriera con la Francia, una vinta, la cosa più simile a Pelé mai vista su un campo di pallone. Se un presidente, uno qualunque, potesse disporre di un colpo da 200 milioni, li spenderebbe per andare a Parigi e portarsi a casa lui.
Il calciatore che segna gol fino a nauseare si chiama Erling Haaland, 23 anni, norvegese. Ne ha fatti finora 11 in 10 partite di campionato per il Manchester City, dopo i 36 in 35 partite di un anno fa. C’è chi lo definisce un alieno, chi un robot, qualcun altro un cyborg, insomma ci siamo capiti.
Eppure, quando lunedì mattina i giornali sportivi di tutta Europa hanno provato ad anticipare chi potesse essere il vincitore del Pallone d’oro assegnato poi in serata rispettando i pronostici, in prima pagina hanno messo una sola faccia, la solita, quella di Leo Messi, nei secoli dei secoli, amen. Una specie di riflesso condizionato.
Chi non è ancora nato, forse tra cinquant’anni prenderà in mano l’albo d’oro del trofeo che la rivista France Football assegna al miglior calciatore della stagione e si domanderà come mai lo sport più diffuso sul pianeta Terra sia stato preso in ostaggio così a lungo da due soli uomini per un periodo di fatto interminabile. O Messi o Ronaldo, o Ronaldo o Messi.
Voltiamo pagina
Da oggi finalmente può cominciare il futuro. Indietro non si torna. Le tasse da pagare ai re sono finite qui, il calcio può cominciare a programmare la costruzione di un nuovo pantheon. Le ultime edizioni del Pallone d’oro sono state un vero pasticcio. Nel 2020 la rivista francese – trasformata da settimanale in mensile – si concesse un anno bianco. La pandemia aveva mandato il mondo in lockdown. La Francia fu il solo grande paese che lasciò i tornei a metà. Decise che il calcio nel resto del mondo non contava.
Ne uscì penalizzato Robert Lewandowski, all’epoca irresistibile, un dominio rimasto senza un riconoscimento. Altro caos è arrivato con i Mondiali del 2022 in Qatar. Il calendario sfasato ha spinto i francesi a chiudere in anticipo le votazioni, senza vedere cosa sarebbe successo nel deserto a novembre e dicembre. Premio a Karim Benzema, una specie di risarcimento alla carriera, l’unico con il croato Luka Modric a spezzare la dittatura di Quei Due fra 2008 e 2022.
Fu deciso che il Mondiale sarebbe andato sul conto del Pallone d’oro 2023, senza considerare che un mese di calcio nel deserto poteva fagocitare gli altri undici. Messi se n’è andato nel frattempo a vedere il colore del tramonto in America. È sparito dai nostri week-end, non dai favoriti e dalla classifica di questo premio. Solo grazie ai Mondiali. Due-tre highlights da Miami hanno tenuto vivo il ricordo delle prodezze di Doha, in modo da resistere ostinatamente all’ascesa di Haaland e Mbappé.
Il calcio digitale
Soprattutto di highlights si è nutrito il suo mito, così adeguato all’età digitale in cui si è fatto strada il calcio dei frammenti e degli assolo, il calcio di chi strappa. Il calcio dei lampi ha sbranato in un quindicennio i giocatori classici, potremmo dire analogici, alla Xavi, Iniesta, Pirlo, i sarti che il gioco lo cuciono, e che bisogna guardare 90 minuti di fila, per gustarseli. A un osservatore del 2073 farà una certa impressione scoprire che i trofei dell’argentino sovrastano quelli di Eusébio, Zidane, Best, Ronaldinho, Baggio e Rivera messi assieme (oppure Cruyff più Platini).
Dentro ogni Coppa alzata dalle loro squadre, abbiamo sempre cercato i volti di Messi e Ronaldo, anche quando non era inevitabile premiarli, anche quando non hanno avuto una Coppa da sollevare. Il calcio si è ridotto in tutti questi anni alla promozione di due brand. È vero che lo spettacolo ha le sue leggi. Eppure non ci sono attori o attrici che hanno vinto cinque o sei Oscar.
Hollywood non lo avrebbe permesso. Sarebbe stato un atto di auto-cannibalismo. Da stamattina anche il calcio può guardare avanti, pensando che tutto è compiuto, finalmente si può voltare pagina.
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