Il pontefice ha recitato, come fece anche Giovanni Paolo II, la preghiera mariana dall’appartamento al decimo piano del policlinico di Roma, dove è ricoverato da una settimana dopo un intervento per una stenosi diverticolare al colon
Ha parlato da malato ai malati papa Francesco oggi, domenica 11 luglio, nel suo primo Angelus pronunciato dal decimo piano del policlinico Gemelli, dove il 4 luglio scorso è stato operato per una stenosi diverticolare sintomatica del colon. Bergoglio si è affacciato da un balcone del corridoio, circondato da un gruppo di bambini ricoverati: «Ho sentito molto la vostra vicinanza e il sostegno delle vostre preghiere», ha esordito prima di una breve catechesi sul passo evangelico dell’unzione ai malati.
Secondo quanto comunicato dalla sala stampa vaticana, il decorso clinico del pontefice è soddisfacente: «Sta riprendendo gradualmente il lavoro e continua a passeggiare nel corridoio dell’appartamento» ha riferito il direttore della sala stampa, Matteo Bruni.
Dalla stanza al corridoio
Proprio dal corridoio del decimo piano, Francesco ha deciso rivolgersi ai cattolici. Una scelta di rottura rispetto a papa Giovanni Paolo II, che scelse di benedire i fedeli dalla stanza in cui era allettato. Wojtyła è anche il papa che diede all’ospedale il nome di «Vaticano III» ed è noto per aver recitato dal policlinico Gemelli un totale di 15 Angelus e 7 Regina Coeli. Il sodalizio tra i pontefici e l’ospedale nacque in un contesto drammatico: era il 13 maggio 1981 e papa Wojtyla fu ferito da un colpo di pistola in piazza san Pietro. Quattro giorni dopo, il papa polacco non si affacciò alla finestra, ma benedisse comunque i fedeli, e la sua voce fu mandata in onda radio nella piazza che aveva salutato la sua elezione tre anni prima.
Il sacrificio necessario di Wojtyła
Nel suo primo Regina Coeli “ospedaliero”, papa Giovanni Paolo II pose l’accento sul valore escatologico della sua sofferenza: «Unito a Cristo, sacerdote e vittima, offro le mie sofferenze per la Chiesa e per il mondo. A te Maria ripeto: Totus tuus ego sum» dichiarò, inaugurando di fatto il suo magistero della sofferenza, coincidente con il sacrificio: «Ho capito che è un dono necessario. Il Papa doveva trovarsi al Policlinico Gemelli, doveva essere assente da questa finestra per quattro settimane, quattro Domeniche, doveva soffrire […]. Ho capito che devo introdurre la Chiesa di Cristo in questo Terzo Millennio con la preghiera, con diverse iniziative, ma ho visto che non basta: bisognava introdurla con la sofferenza», dirà poi il 29 maggio 1994.
Il sistema sanitario
Lontano dall’escatologia del suo predecessore, un papa sociale come Bergoglio fa del suo ricovero l’occasione per rimarcare l’importanza di un servizio sanitario aperto a tutti: «In questi giorni di ricovero in ospedale, ho sperimentato quanto sia importante un buon servizio sanitario, accessibile a tutti, come c’è in Italia e in altri Paesi. Un sistema sanitario che assicuri un buon servizio accessibile a tutti. Non bisogna perdere questo bene prezioso. Bisogna mantenerlo!».
Per papa Francesco i successi in ambito sanitario, confermati dal fronte comune nella lotta alla pandemia di Covid-19, non possono essere disgiunti dall’inclusività sanitaria. Il pontefice lo aveva già ricordato il 6 maggio scorso quando, in occasione dell’evento Stem for Life organizzato dal Pontificio consiglio per la cultura, aveva ricordato di «pensare e tenere al centro la persona umana» e avviare «una riflessione sui modelli di sistemi sanitari aperti a tutti i malati, senza alcuna disparità».
Salvare l’istituzione gratuita
Il papa ha poi ricordato che «anche nella chiesa succede a volte che qualche istituzione sanitaria, per una non buona gestione, il primo pensiero che viene è venderla - ha detto -. La tua vocazione è la chiesa, non è avere quattrini, è fare servizio e il servizio è sempre gratuito». Il pensiero va al dibattimento del prossimo 27 luglio, in cui sono stati rinviati a giudizio il cardinale Angelo Becciu, mons. Mauro Carlino, svariati broker e faccendieri per quella che si prospetta come la più imponente e tentacolare inchiesta del piccolo Stato vaticano. Dalle 500 pagine redatte dai promotori di giustizia, sarebbe infatti emerso un sistema coordinato dal broker Gianluigi Torzi che, lucrando sui fondi della Segreteria di stato vaticana, si occupava anche della vendita e della gestione dei crediti sanitari. «Salvare l’istituzione gratuita» ha, invece, ricordato il papa.
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