- Con Robert McElroy, il vescovo di San Diego elevato alla porpora cardinalizia domenica scorsa, papa Francesco conferma la sua preferenza per una chiesa Usa di stampo progressita, contro i cattolici più conservatori, come l’arcivescovo di San Francisco.
- Nel corso del suo ministero, McElroy ha criticato il moralismo di chi negava l’Eucaristia ai politici pro-choice, richiamandosi alla vocazione prettamente sociale della chiesa cattolica.
- La prossima beatificazione di Dorothy Day conferma la linea di Francesco di attingere dai progressisti bianchi e demoratici per stemperare la riottosità dei cattolici conservatori riunitisi sotto l’etichetta del nazionalismo americano, caldeggiato dai repubblicani
Con Robert McElroy, il vescovo di San Diego elevato alla porpora cardinalizia domenica scorsa, papa Francesco conferma la sua preferenza per una chiesa statunitense di stampo progressista. . Nativo di San Francisco, un dottorato in teologia morale, McElroy negli anni Ottanta è stato segretario particolare dell’arcivescovo John Quinn, figura di spicco dei progressisti cattolici, fra i principali sostenitori della chiesa di frontiera incarnata dall’arcivescovo salvadoregno, poi martirizzato, Óscar Romero.
In quegli anni l’America si leccava ancora le ferite della guerra in Vietnam, e nell’ultimo porto occidentale degli Stati Uniti Quinn era stato fra i primi prelati a fornire aiuto ai malati di Aids. È in questa chiesa sociale che McElroy cresce, divenendo castigatore dei prelati che castigano, cioè quei vescovi che, nell’annoso dibattito politico sulle questioni morali come l’aborto, hanno opposto alla misericordia la cosiddetta «teologia dell’indegnità».
California, stato conservatore
Anche per questo, la scelta del papa di creare cardinale il vescovo di San Diego al posto dell’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, è abbastanza eloquente. Cordileone è ritenuto fra i prelati più conservatori della Conferenza dei vescovi cattolici statunitensi (Usccb), insieme a una schiera che include il presidente e arcivescovo di Los Angeles, José Gomez, e all’arcivescovo di Kansas City, Joseph Naumann, i quali lo scorso giugno avevano chiesto al presidente degli Stati uniti, Joe Biden e ai democratici che si dichiaravano cattolici di prendere posizioni nette su questioni moralmente divisive, come l’aborto.
Non è bastato l’invito della congregazione per la dottrina della Fede a non creare divisioni: il 20 maggio scorso, infatti, Cordileone ha dichiarato che avrebbe negato la Comunione alla speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, se lei non avesse rivisto le sue posizioni pro-choice. Ne è seguito un botta e risposta che ha infuocato il dibattito pubblico.
McElroy, vescovo progressita
Il tema della coerenza eucaristica mostra la tendenza, tipicamente statunitense, a moralizzare i temi politici. Quando nel 2001 il democratico Francesco Rutelli, tra i sostenitori dell’aborto all’epoca della sua militanza radicale, poteva ricevere l’Eucaristia dalle mani di papa Giovanni Paolo II, i vescovi statunitensi discutevano se negarla o meno ai democratici pro-choice come John Kerry, allora candidato alla Casa bianca.
Nel 2005 McElroy era ministro nella parrocchia di san Gregorio della contea californiana di san Mateo, quando criticò sulla rivista America la strumentalizzazione politica dell’Eucaristia, perché contraria alla dottrina sociale della chiesa. Un anno prima, nell’assemblea dell’Usccb a Denver (14-19 giugno 2004), si era consumato il braccio di ferro tra i vescovi aperturisti e l’ex Sant’Uffizio guidato dal cardinale Ratzinger, con la vittoria dei primi che avevano rimandato la decisione al discernimento dei pastori (Catholics in political life).
Un anno dopo, McElroy aveva ricalcato le parole dell’allora arcivescovo di Washington, D.C., Theodore McCarrick, criticando le «battaglie partigiane» sull’indegnità eucaristica: «Le sanzioni eucaristiche inevitabilmente incentiveranno una prospettiva riduzionistica dell’agenda sociale della chiesa» aveva detto.
Contro il nazionalismo americano
Eletto vescovo, McElroy ha portato avanti una visione rinnovata di chiesa partendo dall’enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, criticando i sistemi di mercato imperialisti, optando piuttosto per la giustizia economica incentrata sulla collaborazione tra mondo del lavoro e sindacati. Tra i sostenitori del cattolicesimo sociale di papa Bergoglio, McElroy non ha risparmiato critiche alla Usbbc guidata dall’arcivescovo Gomez.
Nel 2019, parlando alla St. Mary’s University in Texas, fra gli stati più conservatori degli Usa, ha ammesso: «La chiesa negli Stati uniti è oggi alla deriva da molti punti di vista ed è necessario un momento fondamentale di rinnovamento. Un percorso sinodale sarebbe un’opportunità», aggiungendo che «il grande pericolo è che la nostra vita ecclesiale stia diventando come la nostra vita politica: polarizzata, distorta e tribale».
Ha avuto un’ampia eco la recente vittoria alle primarie in Pennsylvania del repubblicano Doug Mastriano, senatore e trumpiano di ferro ritenuto fra i più ferventi esponenti del nazionalismo cristiano.
La corrente, analizzata di recente dai ricercatori Andrew Whitehead e Samuel Perry in Taking America Back for God: Christian Nationalism in the United States, vincitore del Distinguished Book Award 2021, nasce formalmento nel 2015. Si tratta di un’ideologia, monopolio della classe bianca e privilegiata, incentrata sulla nazione americana quale erede profetica della tribù d’Israele.
Con la presidenza Trump, il nazionalismo americano si è sovrapposto all’agenda conservatrice e al sostegno pro-life. Pertanto, non stupisce che la narrazione che viene fatta dei movimenti pro-choice assuma i toni di una lotta contro le forze del male.
Dorothy Day, santa di sinistra
Papa Francesco vuole disinnescare questa polarizzazione, e lo fa sostenendo un elettorato cattolico bianco più progressista. In quest’ottica va visto il monumentale processo di beatificazione di Dorothy Day, avviato nel Duemila, attualmente in fase di chiusura.
Pacifista di sinistra convertitasi al cattolicesimo dopo la nascita della figlia Tamar, Day s’impegnò nell’assistenza dei poveri newyorkesi, arrivando a trascinare la chiesa cattolica nel dibattito sociale. Il giornale da lei fondato nel 1933, The Catholic Worker, e il movimento nato dalla sua costola, The Catholic Worker Movement, incasellarono l’attivismo e il pacifismo ateo di quegli anni nella dottrina sociale della chiesa che si opponeva sia al capitalismo che al comunismo, malgrado le opposizioni di progressisti del calibro di Ed Sanders, che in un pamphlet del ‘62 la definì «giansenista».
Nel 2015 fu proprio papa Francesco a menzionarla davanti al Congresso degli Stati uniti, ricordando che «il suo impegno sociale, la sua passione per la giustizia e per la causa degli oppressi erano ispirati dal Vangelo, dalla sua fede e dall’esempio dei santi».
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