- Lo scorso primo luglio papa Francesco ha nominato Víctor Manuel Fernández, arcivescovo di La Plata, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede.
- Una scelta di rottura nell’ex Sant’Uffizio. Per questo, la nomina dell’arcivescovo di La Plata è vista con scetticismo dai più conservatori, sia dentro che fuori il Vaticano.
- «Ci sono gruppi che credono che il loro sia l'unico modo possibile di pensare nella chiesa e l'unico modo di esprimere la dottrina. Credono di poter giudicare la dottrina del papa, ma Gesù ha dato le chiavi di Pietro al papa, non a loro».
Se c’è un filo rosso che riassume dieci anni di pontificato di Francesco, questi ha il nome di Víctor Manuel Fernández. Poco dopo l’elezione pontificia, Francesco elevò il teologo argentino alla dignità episcopale; lo scorso 1° luglio lo ha nominato prefetto del Dicastero per la dottrina della fede: una scelta di rottura nell’ex Sant’Uffizio. Per questo, la nomina dell’arcivescovo di La Plata è vista con scetticismo dai più conservatori, sia dentro che fuori il Vaticano.
Eccellenza, ad agosto lascerà La Plata per Roma. Secondo lei in futuro sarà possibile avere una chiesa meno centrata su Roma?
La sua domanda mi dà l'opportunità di chiarire una cosa, perché mi hanno fatto dire che il papa potrebbe vivere in un'altra diocesi, ma io non l'ho mai detto. Il papa deve essere il vescovo di Roma. Quello che ho affermato è che ciò che è importante non è la città di Roma ma la diocesi di Roma. Quindi, fintanto che risiedi nella diocesi di Roma, potresti vivere fuori dal Vaticano e anche fuori dalla città di Roma. Ad esempio, potresti vivere a Guidonia, che è un'altra città ma fa parte della diocesi di Roma. Perché non potrebbe farlo un papa che ama le periferie? Poi Sandro Magister ha pubblicato un bell'articolo dal titolo: Il papa cerca casa a Guidonia. A quel tempo sostenevo anche che, con le possibilità di comunicazione che esistono oggi, alcuni dipartimenti o accademie potevano essere in altri paesi. Non credo che ci sia eresia in questo, eppure le mie affermazioni sono state travisate.
In un recente post su Facebook ha parlato di gruppi contrari a Francesco che strumentalizzano la sua nomina. Serpeggia una certa insofferenza nei confronti del papa?
Ci sono gruppi che credono che il loro sia l'unico modo possibile di pensare nella chiesa e l'unico modo di esprimere la dottrina. Credono di poter giudicare la dottrina del papa, ma Gesù ha dato le chiavi di Pietro al papa, non a loro. Solo a Pietro ha promesso quell'assistenza molto speciale che affermano di avere. Ma la cosa più problematica è che non solo chiedono la libertà di pensare in modo diverso, il che è rispettabile, ma vogliono pretendere e imporre che tutti la pensino come loro. Perciò capisco che dia loro fastidio che io sia alla Dottrina della fede. Immagino che inconsciamente mi considerino un ignorante usurpatore latinoamericano di un posto che spetta a loro. Ma neppure io avrò l'assistenza dello Spirito che fu promessa a Pietro, perché ce l'ha solo il papa. Sarò un povero lavoratore che presenterà il suo lavoro a Francesco, che utilizzerà e approverà solo cose che, nell'esercizio del suo carisma unico, riterrà vere e appropriate».
Lavorando spesso al fianco di papa Francesco ha sottolineato il suo stile di libertà e creatività. Tuttavia, non sono mancate critiche, anche nell'opinione pubblica. Dopo dieci anni è cambiato qualcosa?
In altri tempi c'erano persone lunatiche e aggressive da cui scappavano tutti, che finivano per inveire da sole contro tutto. Ora quelle persone possono creare un blog o un sito web e farli leggere alle persone. Se hanno molti soldi, possono far sì che le loro opinioni abbiano un impatto maggiore sui social network. Se si leggono i commenti che compaiono sui forum di internet, si vede che la maggior parte di essi è aggressiva e offensiva, di sinistra o di destra. Le persone normali scrivono poco. Il problema è che negli ultimi anni si è notato che hanno un'influenza crescente. Alcuni politici sanno usare molto bene queste risorse. Penso che nella Santa sede abbiamo ancora molto da crescere in questo, perché i media ufficiali della chiesa sono seguiti da meno persone rispetto ad altri più abili a influenzare l'opinione altrui, a volte con bugie, prese in giro, citazioni fuori contesto.
Alcuni mettono in dubbio il suo spessore teologico, citando il suo libro Guariscimi con la tua bocca. Cosa risponde a chi la accusa di non avere una preparazione teologica?
Alcuni usano una risorsa che funziona per loro: il ridicolo. Tutto parte dalla convinzione che l'unica cosa solida è il loro pensiero, l'unica cosa profonda è il loro pensiero, l'unica cosa accademica è il loro pensiero, anche se non hanno studiato teologia. È naturale che facciano a pezzi chiunque la pensi diversamente. Loro usano da anni quel libretto, che è solo un catechismo che usavo con i giovani quando ero parroco per proporre loro di evitare i rapporti prematrimoniali. Ciò che proponevo loro era di sviluppare altre espressioni d'amore, come il bacio. Niente di eretico in questo approccio. Ma lo citano come se volessi che fosse teologia sistematica, e non lo è affatto. Credo che non sia etico o evangelico per loro agire così, e loro lo sanno. Se vuoi commentare la mia teologia, leggi il mio manuale sulla Grazia, per esempio, o i miei articoli accademici! Se qualcuno di loro leggerà quest’intervista, suggerisco di leggere i miei articoli sulla rivista Angelicum e di discuterne con me. Ascolterò volentieri le loro critiche teologiche. Ma mi sembra molto basso che usino un catechismo per giovani per giudicare il mio pensiero accademico.
Quando lasciò l'università Cattolica, gli furono riconosciuti molti meriti, tra cui una crescente presenza pubblica dell'università e il contributo al dialogo con la società. Pensa che la teologia sia ancora chiusa oggi?
Il papa mi chiede di incoraggiare una teologia in dialogo con la società, ma se uno si pone solo come giudice e crede che lo Spirito santo non possa ispirare nulla di buono al di fuori della chiesa, allora nessun dialogo è possibile. Papa Francesco è un modello di quel dialogo con il mondo.
In Germania, il cammino sinodale ha mostrato come il dialogo con i laici sia essenziale per affrontare i problemi della società odierna. Pensa che studiare teologia solo nelle università pontificie possa impedire l'elaborazione di una dottrina più vicina al popolo?
Nel documentario Amen. Francesco risponde noti il suo coraggio e la sua generosità nell'esporsi senza paura. Spesso abbiamo paura del mondo e preferiamo starne alla larga per non farci del male. A volte le nostre università private sono quei rifugi che ci mantengono preservati ma non ci permettono di essere sfidati da chi è diverso. Ciò corre il rischio che poi il nostro messaggio arrivi solo a pochi eletti e che non siamo sacramenti della presenza di Dio in mezzo al mondo. Ricordo che in Argentina c'era un Congresso sulla dottrina sociale della chiesa a cui partecipavano diversi professori dell'università Cattolica, pensando di tenere lezioni ad altri. Ma lì hanno incontrato tante persone molto diverse che hanno litigato con loro: assistenti sociali, sindacalisti, persone che lavorano con i più poveri e abbandonati, e questi insegnanti si sono sentiti sopraffatti, non sapevano cosa dire. Per questo, quando ero rettore dell'università, ho proposto agli studenti di svolgere compiti di aiuto nei quartieri più poveri di Buenos Aires. Questo ha permesso loro di prepararsi molto meglio come professionisti e come credenti per prestare un servizio nella società senza arroganza e con maggiore empatia.
In Amoris laetitia papa Francesco scrive: «È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale». In campo dottrinale, la teologia è stata spesso considerata un'appendice burocratica?
La teologia è al servizio della fede e dell'evangelizzazione. Ma se non entri in dialogo con la vita concreta delle persone, con i loro drammi, limiti e sogni, corri il rischio di diventare irrilevante e di perdere il significato concreto.
Quando il papa parla di «metodi immorali» da parte della Congregazione per la dottrina della fede, a cosa si riferisce?
Si riferisce a certe metodologie crudeli dell’Inquisizione in altri secoli, che non erano così terribili come le presentano certe leggende nere, ma è anche vero che oggi non possiamo considerarle accettabili. Oggi la Chiesa non agisce in questo modo, ma può fare qualcosa di simile se cerca di imporre la dottrina senza rispettare la libertà e i tempi delle persone. In alcune istituzioni possono esserci ancora abusi di autorità, maltrattamenti, metodologie inadeguate.
Bergoglio le ha affidato la preparazione del documento finale della Conferenza di Aparecida. Perché la V Conferenza del CELAM è fondamentale per comprendere il rapporto tra la chiesa e il mondo secolarizzato?
Ho aiutato a raccogliere i contributi dei diversi circoli minori, è stato un lavoro difficile perché c'era poco tempo per scrivere. Il documento è alquanto eterogeneo, ma ha l'immenso valore di raccogliere consensi e contributi reali da parte di tutti. Ciò significa che il documento finale ha un "odore latinoamericano" e non è solo il risultato di un'imposizione di alcuni europei della curia romana che temevano che ci fossero deviazioni relativistiche. Ma non si trattava di relativismo, bensì di un pensiero incarnato nella realtà concreta dell'America latina. Va detto che lo stesso papa Benedetto in quel momento incoraggiava la libera discussione e il cardinale Bergoglio assicurava quella libertà.
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