- Il cardinale Parolin rompe il rapporto fra i vescovi ed Enzo Bianchi, chiedendo loro di sostenere la comunità di Bose. Per la Santa sede, i fatti sono gravi e vanno presi provvedimenti.
- Anche i cardinali un tempo vicini all’ex priore hanno optato per il silenzio. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, tra i favoriti alla prossima presidenza della Cei, ricuce i contatti con i membri della comunità.
- Se la linea del segretario di Stato è netta, più ambigua è quella di papa Francesco. Nel frattempo, l’ex priore ha acquistato un cascinale a pochi chilometri da Bose e lanciato una campagna di crowdfunding.
«Valutate se sia opportuno affidare a Enzo Bianchi la predicazione e la formazione per clero, religiosi e laici». Dopo oltre un anno dall’allontanamento vaticano dell’ex priore dalla comunità da lui fondata a Bose negli anni Sessanta, la Santa sede lancia un duro ultimatum ai vescovi italiani più renitenti alle disposizioni vaticane, invitandoli a considerare seriamente se sia opportuna la presenza di Bianchi nelle iniziative diocesane di formazione e predicazione.
Recita pressappoco così la perentoria esortazione alla Conferenza episcopale italiana (Cei) datata gennaio 2022 e firmata dal cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, ottenuta da Domani.
Un nota lunga due pagine che rompe i rapporti fra l’episcopato cattolico e l’ex priore amico personale di ben tre pontefici, consultato come esperto in diversi sinodi dei vescovi: «Ciò va detto per avere un quadro realistico della situazione, nel rispetto della verità, delle persone coinvolte e in particolare della comunità, che si sta riprendendo nel perseguimento dei suoi ideali di vita monastica, dopo il difficile tempo vissuto. E che ha bisogno, naturalmente, del sostegno il più possibile concorde di tutta la chiesa», puntualizza Parolin nel documento.
Per la Santa sede è tempo che la comunità di Bose, che deve al suo fondatore il merito di aver tracciato i passi dell’ecumenismo post conciliare intessendo legami con l’ortodossia slava, la chiesa greca o le chiese riformate, adesso cammini con le proprie gambe.
Per farlo, però, la segreteria di Stato invita anche i vescovi italiani noncuranti del decreto pontificio ad adeguarsi alla decisione di Roma e valutare se sia ancora opportuno affidarsi a un ex priore allontanato su ordine del papa per essersi «posto al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da esse richieste, esercitando la propria autorità morale in mondo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità, provocando lo scandalo», come recita il provvedimento di due anni fa.
Gravi colpe e riservatezza
Il cardinale Pietro Parolin è il firmatario del decreto singolare approvato in forma specifica da papa Francesco il 13 maggio 2020, con cui sono stati disposti l’allontanamento di Bianchi in modo permanente da Bose e di altri tre membri della comunità – Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi – per almeno cinque anni.
Il provvedimento ha fatto seguito alla visita del delegato scelto dal papa, il religioso e psicologo Amedeo Cencini, che ha raccolto testimonianze di membri e fuorisciti da Bose dopo l’allontanamento di Bianchi.
Il documento pontificio è stato pubblicato un anno fa da un blog gestito da studiosi del fenomeno religioso e del diritto, Silere Non Possum, «senza alcuna autorizzazione del delegato pontificio», spiega il porporato.
Eppure, grazie alla sua diffusione è stato possibile capire che le misure ad personam a carico di Bianchi e degli altri tre membri siano un provvedimento per azioni valutate come gravi dalla Santa sede.
Il cardinale Parolin lo ricorda anche nell’attuale nota ai vescovi: «A distanza di oltre 18 mesi dall’emanazione del decreto singolare contente i provvedimenti per la comunità monastica di Bose, si ritiene opportuno evidenziare alcuni aspetti relativi al suo contenuto», spiega il porporato, puntualizzando che «la decisione è stata presa in base a motivi ritenuti gravi, comunicati ai diretti interessati, ma non resi pubblici».
La gravità dei fatti, messa in discussione dai sostenitori dell’ex priore, sarebbe tale da assumere contorni sempre più vasti, al limite dell’accettabile: «Nel tempo intercorso dal Decreto singolare a oggi, sono giunte alla segreteria di Stato ulteriori testimonianze e documentazioni che hanno consentito di avere un quadro complessivo della gestione dell’autorità e dei comportamenti in vari ambiti di Fr. Enzo Bianchi, ancor più grave di quanto già verificato in sede di visita apostolica».
La patata bollente e la Cei
La nota alla Conferenza episcopale italiana è datata 22 gennaio scorso, pochi giorni dopo che Domani aveva reso nota la fitta agenda dell’ex priore malgrado le perentorie disposizioni della Santa sede.
Nel corso del 2021, infatti, Bianchi ha mantenuto un’agenda fitta di appuntamenti, forte del fatto che non ne è stata intaccata la sua attività di predicatore e di pubblicista: il Festival delle religioni a San Miniato, la tavola rotonda alla Fondazione per le scienze religiose di Bologna, l’apertura dell’Assemblea diocesana di Pescara, il Convegno ecclesiale diocesano di Ariano Irpino sono solo alcuni dei numerosi eventi ai quali ha partecipato nel 2021, con il sostegno di alcuni vescovi, che hanno così continuato ad ospitare Bianchi come conferenziere presso le loro diocesi.
Aveva fatto discutere la presenza di monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, a un incontro dove era stato invitato anche l’ex priore, così come la presenza di Enzo Bianchi e Goffredo Boselli tra i relatori al convegno di Ariano Irpino, ospiti di monsignor Sergio Melillo.
Ma non è mistero che Bianchi sia conosciuto anche fra i cardinali, alcuni dei quali suoi amici. I porporati Gianfranco Ravasi e Giuseppe Versaldi, per esempio, nei mesi scorsi si sono prodigati per trovare una soluzione accomodante per l’ex priore, proponendo il suo trasferimento a Cellole, la pieve volterrana della comunità, che in un primo momento sarebbe stata concessa in comodato d’uso gratuito per consentirne l’allontanamento.
Secondo Repubblica, fra i sostenitori della proposta v’era anche il cardinale Matteo Maria Zuppi, legato da un solido rapporto con Bianchi.
Oggi, se alcuni cardinali preferiscono mantenere assoluto riserbo, l’arcivescovo di Bologna se n’è smarcato rafforzando il suo sodalizio con la comunità e invitando il nuovo priore fresco di elezione, Sabino Chialà, a predicare gli esercizi spirituali ai vescovi dell’Emilia-Romagna.
Alla luce della nota di gennaio della segreteria di Stato, infatti, oggi il sostegno a Bianchi rischia di essere una patata bollente in vista delle prossime nomine alla presidenza della Cei.
Una zona grigia
Se la linea di Parolin è netta, un diverso atteggiamento ha finora avuto papa Francesco. Formalmente, il pontefice ha nominato il delegato Cencini e autorizzato l’allontanamento definitivo di Bianchi, ma si ha la sensazione di un atteggiamento poco chiaro.
Ciò emerge con evidenza nelle due lettere scritte da Bergoglio il 9 febbraio e il 18 marzo 2021, indirizzate rispettivamente all’ex priore e alla comunità di Bose. Se al nuovo priore e a tutta la comunità Bergoglio ha ribadito «la vicinanza e il sostegno in questo periodo di dura prova che state attraversando per vivere con fedeltà la vostra vocazione» questi, rivolgendosi a Bianchi, parla di prova: «Caro Enzo, questo è l’essenziale della tua vita di oggi: sei in croce, come Gesù. Questo è il tuo tempo della lotta, del buio, della solitudine, del faccia a faccia con la volontà del Padre».
In una fase in cui una comunità rischia di essere seriamente provata dalla condotta del suo fondatore al punto da richiedere un duro intervento della Santa sede verso la Cei, cosa intende il papa quando traccia la personale via crucis di Bianchi? Se di croce si tratta, chi ne sarebbero i carnefici, visto che l’allontanamento è stato autorizzato da lui stesso?
Nell’ennesima zona grigia del pontificato di Francesco, Bianchi ha acquistato una cascina a Albiano d’Ivrea, a 15 chilometri da Bose, da lui ribattezzata Casa della Madia: «Non potendo tornare a Bose per finire i miei giorni da monaco nella vita fraterna, ho acquistato con l’aiuto di amici e attraverso un mutuo decennale un cascinale nel comune di Albiano, dove poter vivere nella pace gli ultimi anni della mia vita», ha scritto l’ex priore sulla landing page della raccolta fondi.
Per sostenere questo nuovo progetto, che alcuni hanno già ribattezzato l’anti-Bose, è stato costituito un comitato con nomi di spicco: dall’ex sindaco di Torino, Valentino Castellani, al pioniere dei trapianti di fegato, Mauro Salizzoni, al manager Corrado Colli. Un nuovo inizio per Bianchi, che dopo la nota della Santa sede faticherà a trovare l’appoggio dei vescovi.
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